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Politica
Pd, processo a Renzi: il forum dem diventa Tribunale e la Boschi se ne va

Matteo Renzi non viene mai nominato, ma è lui il convitato di pietra e l'imputato nel "Tribunale" allestito al forum per l'Italia del Pd a Milano.

La prima a giustiziarlo a distanza è Federica Mogherini, Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (carica ottenuta grazie agli auspici dell'allora premier Renzi che la preferì, aprendo un contenzioso lacerante, a Massimo D'Alema). La Mogherini non nomina minimamente il suo "benefattore", ringrazia dal palco Maurizio Martina, attuale segretario del Pd, si dice "contenta di tornare a sentirsi a casa nel partito” (ogni riferimento al "grande assente" è puramente voluto) e dà la sua ricetta (antirenziana) per risollevare le sorti del Partito Democratico: "Non distruggere il vecchio (leggi: rottamare), bensì costruire il nuovo". 

Poi ci si mette anche Walter Veltroni, che si domanda sgomento come mai i gruppi dirigenti non abbiano operato una riflessione sulla batosta del 4 marzo, e li rimprovera per non aver ascoltato i militanti smarriti. "Meno riunioni di correnti e più con la base" è il suo monito che infastidisce una Maria Elena Boschi già stranita per l'intervento della Mogherini. L'affronto di Veltroni è troppo per Meb, che con malcelata rabbia, si alza dalla platea e se ne va.

Teresa Bellanova, seppur adirata, resiste ancora e si limita ai gesti di stizza dalla platea, ma l’intervento di Tommaso Nannicini che imputa alla dirigenza Pd di aver fatto le "riforme del lavoro contro il sindacato e non con il sindacato" e quello altrettanto critico del professor Enrico Giovannini, inducono ad alzarsi anche il fedelissimo renziano Lorenzo Guerini, che lascia la sala inviperito.

Renzi non è presente, ma come il fantasma di Banquo tormenta i vari "Macbeth" che aspirano al regicidio definitivo, ed è evidente che il Pd ha due grandi questioni irrisolte da affrontare prima di poter aspirare a rinascere (se mai la rinascita possa essere anche solo ipotizzabile). La prima è senz'altro la direzione da intraprendere, che per esempio a detta dell'ex ministro Andrea Orlando è la "radicalità", ovvero smettere di "voler parlare con tutti finendo per non rappresentare nessuno". Una linea politica che ovviamente, a seconda della corrente alla quale si appartiene, assume connotati diversi o talvolta contrapposti. L'altra questione è cosa farne di Renzi e del suo retaggio. La sua avventura politica è davvero finita (almeno nel Pd)? E se sì, occorre rottamare in toto la sua opera o in alternativa continuare sulla sua scia, oppure cambiare percorso senza però gettare via le parti nobili dell'operato dell'ex segretario ed ex primo ministro (nel caso essere esistano, cosa che per molti dem non è)? Auspicare che egli se ne vada per fondare una sua forza politica personale lasciando finalmente libero il Pd, o scongiurare a tutti i costi questa ipotesi per non indebolire ulteriormente il partito già bastonato? 

A giudicare dai rancori striscianti, e neanche troppo occulti, percepiti al forum, nel Pd la strada verso la "luce" è ancora lunghissima e irta di ostacoli.

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