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Pd vicino a show down, poi ok a Martina e rinvio voto congresso
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Pd vicino a show down, poi ok a Martina e rinvio voto congresso

La conta non c'e', la resa dei conti finale e' evitata, ma il Partito Democratico e' ben lungi da essere pacificato al termine dell'assemblea di oggi. La giornata comincia nell'incertezza piu' totale, con l'area Martina che raccoglie le firme per votare il segretario in assemblea e i renziani che preparano una mozione che, al contrario, chiede l'immediata convocazione del congresso con lo scioglimento di tutti gli organi e la decadenza del reggente. Al momento della registrazione, la sottosegretaria allo Sviluppo e senatrice renziana, Teresa Bellanova, se la prende con chi "lavora per distruggere la casa e non per rafforzarla", riferendosi a Maurizio Martina e ai suoi. Neanche da parte delle minoranze i segnali sono incoraggianti: gli esponenti di riferimento di area Orlando e Franceschini si dicono pronti alla prova di forza "e se non ci sono i numeri, tanto meglio: certificheremo che Renzi non e' piu' padrone assoluto del partito". L'unico a intravedere degli spiragli e' Lorenzo Guerini che, entrando in assemblea, si dice sicuro che ci siano margini "per una conclusione condivisa". 

L'assemblea si apre sulle note di Mameli, si osserva un minuto di silenzio per le vittime sul lavoro che hanno caratterizzato questa settimana, poi prende la parola il presidente del partito, Matteo Orfini. Ed e' subito caos: Orfini non riesce a finire la frase quando cerca di riportare all'assemblea la richiesta di cambiamento dell'ordine del giorno. Piovono fischi e grida di disappunto, il presidente richiama alla calma e, dopo qualche minuto riesce a dire che, viste le "dimissioni irrevocabili" di Matteo Renzi, l'assemblea puo' essere dedicata a una discussione sull'attualita' politica piu' stringente, ovvero il governo Lega-M5s che si va costituendo. Mette ai voti la proposta. Nemmeno leggere il risultato e' facile: ogni volta che prende parola Orfini la platea esplode. Vincono i si' anche se di misura: 397 a 221. Il compromesso e' raggiunto. Hanno votato per modificare l'ordine del giorno i renziani, ma anche l'area guidata da Dario Franceschini e la vasta schiera di ministri che guardano al titolare della cultura, come Marco Minniti. Soprattutto, vota per il nuovo ordine del giorno il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Votano Andrea Orlando, che avrebbe voluto l'elezione di Martina, l'area guidata dal governatore pugliese Michele Emiliano e anche parte dei renziani, come confidano fonti parlamentari vicine all'ex segretario. E' la certificazione della tregua, ma anche del fatto che l'assemblea non e' piu' controllata da Matteo Renzi. 

La tensione sale quando dall'area Martina arriva sul tavolo della presidenza la richiesta di mettere ai voti la relazione del reggente. Renzi ha gia' lasciato la sala, ma le sue truppe sono sul piede di guerra. Nei capannelli che si formano in sala si discute sulla strategia e c'e' chi propone di lasciare in massa l'assemblea: "Che votino da soli". Sul palco sale Roberto Giachetti, renziano di ferro celebre per le sue intemerate contro la minoranza interna. Non si risparmia nemmeno oggi e la sala ribolle quando accusa l'attuale vertice del Pd di scarsa chiarezza: "Chi ha responsabilita' politiche non ha solo il diritto, ma anche il dovere di parlare oltre che sui giornali anche nelle sedi democratiche della nostra comunita'". E' il caos, qualcuno dalla platea fa un gestaccio e Giachetti risponde "a tua sorella". I renziani, nel frattempo, ricevono la linea: si resta e si vota. Molti, pero', hanno gia' preso la strada di casa. Non i dirigenti di primo piano come Guerini, Ettore Rosato e il capogruppo del Senato Andrea Marcucci. Il voto e' 'si'' alla relazione di Martina. Marcucci dal palco spiega che, certo, il reggente poteva risparmiarsi la conclusione della sua relazione, laddove ammette "errori da non ripetere sulla formazione delle liste". Un attacco allo stesso Matteo Renzi. E ancora: "Voglio essere chiaro, anche se saro' segretario ancora per poco, se tocca a me, tocca a me!", la linea la decido io e non qualcun altro al Senato. Anche qui e' chiaro il riferimento a Matteo Renzi e alla tanto contestata linea del 'tocca a loro', ma ancor di piu' all'intervista da Fabio Fazio, quando ha affossato qualsiasi ipotesi di dialogo con Luigi Di Maio. Nonostante questo, i renziani votano la relazione (sulla carta sottoscrivendo anche le critiche): 294 i si' e 8 astenuti. L'area Martina puo' cantare vittoria: "Il dato politico e' chiaro: per la prima volta in questi anni, Renzi e i suoi si sono comportati da minoranza nel Pd, hanno accusato il colpo del clima cambiato tra i delegati e hanno reagito come se non avessero in mano la situazione. L'idea stessa di immaginare di fare mancare il numero legale sulla relazione di Martina rappresenta bene questa nuova fase". Ma i renziani avvertono: "Senza di noi la relazione non sarebbe passata". E fotografano cosi' la situazione di un partito che si appresta alla 'traversata del deserto' dell'opposizione al governo gialloverde piu' diviso che mai.  

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