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Politica
Perché Salvini vince e vincerà ancora. Non è destra è un’onda antisistema

“Niente si muove, niente cambia nella vita quotidiana del coglione medio che si alza, va al lavoro, mangia, dorme e di nuovo va al lavoro”, dice un bel film di qualche anno fa.

Il vento antisistema soffia nel Paese ed è forte. E si è manifestato il 27 ottobre con la valanga che ha travolto la vecchia Umbria rossa. E’ una corrente potente che si respira oltre l’Umbria, nelle periferie dimenticate, tra le famiglie alla deriva, fuori dai centri delle grandi metropoli, dove la gente vive nella mancanza di prospettive economiche e sotto il peso dell’abbandono. Nessun posto fisso, nessuna garanzia, nessuna “bazza”, niente raccomandazioni a salvarti la vita o a trovarti una finta o una vera occupazione. L’una vale l’altra. Sono le regole per la maggioranza delle persone che hanno capito e non si fidano più né dei salotti televisivi né delle inchieste giudiziarie, tanto meno dei giornalisti. C’è poco da fare.

 

E’ un vento che soffia duro e per lungo tempo è stato alimentato anche del Movimento 5 Stelle. Ma se da forza antisistema ti trasformi di botto in forza di governo, abbarbicata al potere, oltretutto non mettendo in campo grandi mezzi per cambiare la vita delle persone, ti condanni all’inutilità, all’irrilevanza, travolto dallo stesso vento che hai fomentato. Infatti se analizziamo il voto umbro si potrà notare che dell’Italia divisa in tre poli vista a marzo del 2018, centro sinistra, M5S e centro destra, è rimasto ben poco: si è squagliato il polo centrale, il M5S. E’ una tendenza già accennata alle Europee e che ha messo in moto la lenta agonia dei grillini, processo difficilmente interrompibile dalle boutade di Beppe Grillo.

 

L’Umbria di fatto era già persa da tempo. Perugia nelle mani del centrodestra da diversi anni, Terni dall’anno scorso, le Europee con la Lega alle stelle. Ma non è il tessuto sociale ad essere mutato, non sono spariti classe operaia, poveri e chi è in difficoltà economica, si è volatilizzata l’appartenenza ideologica. Oltretutto in un territorio sfregiato dall’inconcludenza dei suoi gruppi dirigenti, inermi di fronte alla macerie del terremoto del 2016 (sono ancora tutte lì) e sepolti dagli scandali nel settore sanitario.

 

Se “niente si muove e niente cambia nella vita quotidiana del coglione medio”, il coglione medio ha deciso di votare per chi con un po' di risolutezza cerca di fare qualcosa, piccole cose, ma tangibili: bloccare gli sbarchi incontrollati di immigrati, battagliare contro la Ue per gli interessi nazionali, approvare la legittima difesa contro chi viene rapinato in casa, approvare una flat tax (almeno per le partite Iva sotto una certa soglia). 

 

Salvini batte il territorio quartiere per quartiere, parla con la gente e lo fa sempre, fuori anche dalla campagna elettorale. Dà una sensazione di vicinanza. Sta lì la sua forza. Fa politica sul territorio come gli altri non fanno più. E non gira in giacca e cravatta con il codazzo di portaborse a tenergli il goldone.

La spocchia e il senso di superiorità della sinistra italiana fanno il resto. Una sinistra che va intesa come sinistra culturale diffusa, dai conduttori televisivi schierati alle testate giornalistiche che fingono imparzialità, dai conciliaboli della Chiesa romana ad alcuni pezzi della magistratura sempre attenta al potere. E sono servite le inchieste giudiziarie contro Salvini, quelle giornalistiche sul Russiagate e le tirate moralistiche che ogni giorno solcano i principali talk show, ma a far prendere più voti alla Lega, accerchiata dal fuoco concentrico di ogni giorno: Salvini di mattina è un cialtrone, di sera un tangentaro, di notte un supremo pericolo autoritario. Un delirio.

 

Così è successo quanto era prevedibile. Chi ha votato 5 stelle un anno fa ha votato in massa Lega (che era già al 38%). E nella cernita tra voti antisistema che entrano e voti che escono, quelli che fuoriescono dalla Lega vanno a rafforzare l’alleato Fratelli d’Italia, altra forza antisistema.

 

Ma la sinistra culturale che vediamo in tv tutti giorni ha un problema: non conoscere più la società in cui vive e pensa che ripetendo le proprie convinzioni ideologiche convinca gli ascoltatori... che quella sia la realtà. Uno degli esempi più banali c’è stato qualche giorno fa, quando la conduttrice Myrta Merlino, La 7, ha fatto vedere a Matteo Salvini in studio a L'aria che tira le ultime rilevazioni di Youtrend. Merlino: "Guardi un po' questi sondaggi". Il dato mostrava come sarebbe stato sufficiente per Pd e M5S sommarsi e stare fermi per tenere in pugno la Regione. Salvini: "Ma non si possono sommare i voti di dem e 5 Stelle. Scommettiamo una camomilla che in Umbria vinciamo noi? Perché molti elettori dei 5 Stelle non vogliono avere nulla a che fare col Pd e viceversa". Bastava poco, quel poco che in tv non vedrete dire a un giornalista.

 

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