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Premierato, Sabino Cassese ad Affari: "Riforma incompleta, ecco perché"
Sabino Cassese

Premierato, Sabino Cassese ad Affari: "Non è una riforma completa. Ecco cosa servirebbe"

È tempo di riforme. Anzi, della Riforma con la “R” maiuscola. È di pochi giorni fa la notizia che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha autorizzato la presentazione alle Camere del disegno di legge costituzionale recante "Disposizioni per l'elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l'abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica".

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Per capirci, il passaggio al cosiddetto “premierato. Un approdo  che in realtà è solo il punto di partenza di un lungo iter procedurale all’interno del Parlamento – che potrebbe non andare a buon fine – che ha diviso la politica e l’opinione pubblica. Si tratta di un attentato alla Costituzione? Rappresenta davvero una maggiore legittimazione dei poteri forti? Insomma, è la “madre di tutte le riforme”, così come l’ha descritta la premier Meloni? E se sì, quali sono i risvolti sulle altre riforme tanto sbandierate dal governo, a iniziare da quella sulla giustizia?

Affaritaliani.it ne ha parlato con l’ex ministro per la funzione pubblica nel governo Ciampi e giudice della Corte Costituzionale Sabino Cassese.

Professore, ci sono le basi perchè la riforma passi senza referendum? E' davvero "la madre di tutte le riforme" oppure per come concepita è solo uno specchietto per le allodole?

I governi italiani hanno due malanni. Il primo riguarda la loro durata. Il secondo riguarda la coesione interna dei membri del governo. Non è, invece, importante il tema dei poteri, perché ne ha a sufficienza, specialmente ora che procede utilizzando decreti - legge. Dunque, la riforma che va sotto il nome di premierato dovrebbe assicurare una durata quinquennale ai governi e la possibilità del presidente del consiglio di assicurare l'unità di indirizzo politico del governo, eventualmente dismettendo i ministri, se si allontanano da tale indirizzo politico. In questo senso, la riforma è importante, ma non è l'unica condizione per l'efficacia del potere esecutivo.

Cosa manca secondo Lei? 

L'efficacia del potere esecutivo dipende anche dalla capacità della pubblica amministrazione. Quindi, per essere completa la riforma che va sotto il nome di premierato deve assicurare anche un miglioramento della capacità amministrativa, che nel nostro Paese è carente per diversi motivi: insufficiente guida politica dell'amministrazione, gravi difetti nella scelta dei vertici amministrativi e del personale alla base della piramide burocratica, eccesso di crocevia nei processi di decisione, crocevia che impedisce una sollecita azione amministrativa, insufficienti incentivi, eccesso di controlli impeditivi, che frenano l'azione amministrativa.

Il fatto che la riforma sul premierato sia "la madre di tutte" fa slittare ancora una volta la riforma sulla giustizia, in particolare la separazione tra le carriere. Cosa ne pensa?

Riforma del vertice dell'esecutivo e riforma della giustizia possono procedere di pari passo. La riforma della giustizia deve partire innanzitutto dallo smaltimento dell'arretrato e da una sollecita decisione dei processi, in tutti e tre i gradi, perché una giustizia lenta non è giusta. Poi, una volta avviato a soluzione questo problema, che riguarda la giustizia per il servizio che essa rende ai cittadini, bisogna affrontare i problemi interni all'amministrazione della giustizia, rompendo quel nodo ingarbugliato che è il cosiddetto autogoverno della magistratura: l'ordine giudiziario è autonomo e indipendente, non titolare di un potere di autogoverno. In terzo luogo, occorre procedere alla separazione delle carriere, che è resa necessaria dal nuovo assetto della giustizia penale.

Lei è stato criticato per aver detto che "non ci si può lamentare per i risultati raggiunti con il PNRR". Eppure si sente parlare solo di tagli...

In primo luogo, lamentarsi serve a poco. Occorre fare accurate diagnosi e cercare rimedi efficaci. Quanto al PNRR, sapevamo che questo si scontra con la ridotta capacità amministrativa del nostro Stato. Tuttavia il piano nazionale di ripresa e di resilienza è fondato su obiettivi ed ha importante incentivi, consistenti in un ricco finanziamento. Dunque, spingere l’amministrazione a provvedere più rapidamente dovrebbe anche spingere il corpo politico a identificare i “colli di bottiglia” prodotti dalle leggi e a correggerli.

Il "cambio di guardia" alla presidenza in qualche modo può influire sulla linea che le riforme di Meloni vogliono prendere?

Il presidente della Corte costituzionale assegna le questioni ai relatori, regola i tempi e dirige le udienze e le camere di consiglio. Da solo non può modificare gli orientamenti della Corte. Questi si formano sulla base dei parametri costituzionali, dei precedenti, dell'interpretazione data dai membri della Corte, collegialmente, alle norme costituzionali e ai precedenti. L'efficace collegialità della Corte garantisce la ponderazione delle sue decisioni e impedisce che vi siano sia influenze provenienti dall'esterno, sia radicali mutamenti di giurisprudenza.

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