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Politica
Rai, quando Marcello Foa accusava Matteo Renzi di manipolare l'informazione

Che Marcello Foa quale possibile presidente della Rai non fosse gradito a Matteo Renzi e al Pd non è un mistero né un segreto per nessuno. Che l'astio dem verso il giornalista "sovranista", indicato dalla Lega e da Matteo Salvini come papabile vertice del servizio pubblico radiotelevisivo, venga però da lontano non è invece di dominio pubblico.

E il motivo dell'avversione lo si può evincere facilmente dalla visione di alcuni video tratti da convegni e simposi sull'informazione politica rispuntati su YouTube, nei quali Marcello Foa critica duramente l'ex premier Pd  sviscerandone le tattiche per quella che viene definita "manipolazione dell'informazione"

In  particolare, in un video dell'estate 2016 che lo vede presenziare una conferenza accanto a Federico Zamboni, Foa cita l'ex spin doctor di Matteo Renzi - Filippo Sensi - rievocando un reportage del Fatto Quotidiano (ripreso anche da Dagospia) e ricordando che egli era uso inviare a un certo numero di giornalisti delle note esplicative della linea del capo del governo. I giornalisti destinatari di tali note, a detta di Foa, erano dunque tenuti ad attenervisi pedissequamente nei loro articoli, pena l'esclusione immediata dalla lista, dalle conferenze stampa e dai briefing informali. Esclusione che, spiega sempre Foa, significava per la testata di riferimento non poter pubblicare nulla riguardo alle decisioni dell'Esecutivo favorendo la concorrenza (e prendendo i cosiddetti "buchi" per dirla nel gergo dell'informazione). Esclusione che, inoltre, poteva significare la fine della carriera o la preclusione di future cariche importanti, per esempio alla Rai. "L'incubo di ogni giornalista", insomma, lo definisce Foa. 

A proposito degli sms di Sensi ai giornalisti, Foa fa l'esempio di Ferruccio De Bortoli (che in seguito avrà la possibilità di togliersi vari sassolini dalle scarpe contro l'ex premier dem), destinatario di messaggi piuttosto "duri" da parte dell'esercito renziano a Palazzo Chigi. 

Insomma, già nell'estate 2016, molto prima della sconfitta referendaria del 4 dicembre di quell'anno, Marcello Foa si premurava di svelare "gli altarini" della comunicazione e della "fabbrica del consenso" relative a Matteo Renzi. E tutto ciò, in un periodo storico in cui quest'ultimo era ancora ben saldo ai vertici della politica italiana, quando cioè la caduta e il crollo di popolarità sembravano ben lontani. Il giornalista, in quella lontana estate del 2016, dichiarava anche che all'epoca gli unici ad attaccare Renzi erano Beppe Grillo e Matteo Salvini, profetizzando in maniera inquietante lo scenario che sarebbe venuto a crearsi e che, due anni piùà tardi, lo avrebbe visto protagonista di primo piano del dibattito politico-istituzionale.

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