Referendum, la minoranza Pd vota no. Colpa dello stop ang go sull'Italicum
Renzi ora è senza Speranza
Il dado è tratto. La frattura nel Partito Democratico è ormai evidente. Anche Roberto Speranza, ex capogruppo alla Camera che finora aveva tenuto un atteggiamento più soft rispetto non solo a Massimo D'Alema ma anche a Pierluigi Bersani, esce allo scoperto e annuncia il no al referendum istituzionale del 4 dicembre. Speranza, intervistato da Il Manifesto, afferma: "Sono stanco di leggere interviste, segnali di fumo, criptoaperture, mozioni farlocche. Io sulla legge elettorale" sulla quale il governo ha sposto "in modo sconsiderato" la fiducia "ho fatto cose chiare". E ancora: "Il tempo delle parole è finito" e "tra referendum e legge elettorale c'è un rapporto stretto, anzi sono un'unica grande riforma" dunque "con l'Italicum io voto no al referendum". "Il dibattito sul referendum ha sequestrato la politica e ci disconnette dal Paese - aggiunge Speranza -. Pensare di riconquistare la fiducia con la chiave istituzionale è un errore". Il premier Matteo Renzi vuole "vedere le carte" di chi vuol cambiare l'Italicum, vuole una proposta? "L'abbiamo fatta da mesi. E' pubblica", "depositata al Senato", "è il Mattarellum 2.0" e risponde "alle questioni che abbiamo posto in questi mesi": prima di tutto "che i cittadini possano scegliere i propri deputati" e poi "che non si consenta a una minoranza di diventare maggioranza assoluta in parlamento attraverso un artificio elettorale". Il premier aveva fatto trapelare domenica che il Pd avrebbe avanzato una sua proposta per modificare l'Italicum nel corso della Direzione Nazionale salvo poi fare marcia indietro e limitarsi a dire che è il Parlamento a decidere ma che i Democratici non faranno il primo passo. Questo stop and go del presidente del Consiglio ha irritato non poco la sinistra Pd e l'uscita di Speranza è il segno che ormail la misura è colma. Ora per Renzi si mette davvero male. Contro il governo tutto il Centrodestra, i 5 Stelle, e la sinistra sia dentro il Pd sia fuori, come Sel e Rifondazione. Se il premier vince mette tutti a tacere e potrà governare forse per altri 20 anni, ma se perde rischia davvero di essere travolto dai no.