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Politica
Renzi diabolico: vuol far fallire il Pd alle Europee per tornare segretario

"Vinciamo noi o il Pd è morto", dichiarava Matteo Renzi durante la cena blindata ed esclusiva del 26 luglio con i suoi fedelissimi senatori e deputati. E con quel "noi" si riferiva all'ala renziana del Partito Democratico, minacciata dalle velleità di Nicola Zingaretti, in pole position per accaparrarsi la segreteria.

Ma Renzi confessa anche ai suoi di non essere "spendibile" fino almeno al 2024, a meno che non accada qualcosa che lo riporti in auge fra i dem e faccia risalire le sue quotazioni di leader, ora decisamente in ribasso.

Il piano dell'ex sindaco di Firenze è diabolico seppur semplice: far slittare il congresso dopo le Europee del 2019, che si prevedono l'ennesimo flop del Pd, per sfruttare "l'effetto nostalgia" e ricandidarsi segretario sulla scia della sconfitta elettorale altrui. 

Insomma, già il fatto che Renzi preveda per il suo partito un prossimo tonfo ancor più abissale del già poco lusinghiero 18% delle politiche fa capire la disperazione che regna da quelle parti, e soprattutto lascia intravedere la guerra fratricida che non si è mai sopita tra renziani e antirenziani in seno allo stesso Pd.

L'idea di mandare Maurizio Martina o chi per lui al "macello" delle Europee per riprendersi il partito al congresso è senz'altro perfida, ma ha una sua logica. E tuttavia, un Pd ulteriormente sconfitto e una riconferma delle forze politiche governative alle urne sarebbero una molla sufficiente a far accettare ai "piddini" il rospo della ricandatura di Renzi alla segreteria? "Meglio me di una morte agonizzante per il partito", sembrano pensare l'ex premier e i suoi sodali. In primis Maria Elena Boschi, che si dice prontissima a rivotarlo, e così il deputato turborenziano Luciano Nobili, tanto per fare due nomi di spicco.

Ovviamente, però, se il congresso dovesse tenersi prima delle elezioni, Renzi non si candiderebbe mai alla segreteria sapendo di poter essere, dopo la già annunciata batosta alle Europee, ancora una volta additato come colui che ha portato nuovamente il partito alla sconfitta. Sconfitta per la quale, a quel punto, non potrebbe trovare alcuna scusante, perfino con i suoi più accaniti sostenitori, decretando una volte per tutte la propria fine.

L'ultima sua carta, dunque, è quella di far posticipare il congresso e veder schiantarsi chiunque traghetterà il Pd alle consultazioni europee, forte del suo ancora imbattuto 40 % a quelle del 2014. Un "satanico" piano dalla cui riuscita o meno dipende inesorabilmente il suo - al momento traballante - futuro politico e di leader. 

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