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Politica
Renzi, l'uomo che volle farsi re


Nel pugilato può esserci un pugno inaspettato e potente che manda k.o. l’avversario. Magari il favorito dell’incontro. Il successo di quel pugno appare talmente poco normale che lo si è “battezzato”, chiamandolo “colpo della domenica”. Una prodezza difficilmente ripetibile e quasi un caso fortunato, piuttosto che la dimostrazione di una superiorità.

Ma gli esseri umani amano le favole. Se un pugilatore mediocre ha la fortuna di realizzare due “colpi della domenica” di seguito, all’incontro successivo tutti, anche vedendolo in seria difficoltà, continueranno a sperare nel “miracolo”. Che un dio metta nel pugno di quel giovane  un bagliore del fulmine di Giove. Purtroppo, nella realtà i fulmini di Giove sono soltanto scariche elettriche. E i grandi del ring non contano sui colpi della domenica. Cassius Clay era antipatico e arrogante, ma era un genio del ring e non aveva bisogno della fortuna: era semplicemente il più veloce e il più forte.

Finché dura, tuttavia, la suggestione costituisce un grande vantaggio. Perfino l’avversario è intimidito, quando pensa che l’altro è fortunato, mentre lui può contare soltanto sulle proprie forze. Non è un caso che  come tanti altri in passato i tedeschi, durante la Seconda Guerra Mondiale, abbiano avuto come motto: “Gott mit uns”, Dio è con noi. E come vuoi battere qualcuno che ha Dio dalla sua?

Qualcosa del genere è avvenuto col cosiddetto Stato Islamico. Approfittando della deliquescenza del potere di Bashar el Assad a Damasco, e del potere irakeno nel nord del Paese, un gruppo di facinorosi ha conquistato vasti territori e con una serie inenarrabile di orrori si è creato anche una fama di irresistibile ferocia. Così ha attirato migliaia di combattenti, cui pure veniva soltanto promesso di morire da eroi. Ma la suggestione è durata finché è sembrato che Allah benedicesse quelle orde di selvaggi. Prima erano apparse invincibili, poi si è visto che invincibili non erano. Così a poco a poco hanno cominciato a perdere terreno e col terreno la loro aureola di guerrieri di Allah. Ormai tutti pensano che lo Stato Islamico diverrà sempre più piccolo e alla fine evaporerà come una macchia di umidità. Fra l’altro, sarà sempre meno alimentato in uomini e mezzi perché i volontari e i soldi non vanno facilmente ai perdenti.

Forse qualcosa del genere sta accadendo a Matteo Renzi. È salito sul ring come un pugile dilettante e in breve tempo ha scalato la classifica dei pesi massimi, fino ad essere il campione. Da quel momento ha avuto moltissimi amici e sostenitori. A me personalmente è capitato di vedere degli attempati benpensanti, che mai avevano votato per la sinistra, aprire un credito a questo giovane. “Vuoi vedere che lui riuscirà dove nessuno mai è riuscito?” “Nothing succeeds like success”, nessuna cosa ha successo come il successo. Ma purtroppo la suggestione come va su, va giù. È ìl tema del film “L’uomo che volle farsi re”, tratto dal romanzo di Rudyard Kipling.

Oggi leggiamo che anche l’attuale Guardasigilli Andrea Orlando si candida per la segreteria del Pd. E con Michele Emiliano, gli sfidanti diventano due. Renzi rimane il favorito, ma il fenomeno è lo stesso allarmante: se i candidati si presentano, è perché non reputano l’impresa impossibile. Inoltre, essendo in tre, rendono più improbabile che Renzi ottenga subito la nomina, oltrepassando la soglia del 50% dei voti. Così lo obbligherebbero al ballottaggio, in cui sarebbe anche possibile che il terzo riversi i suoi voti sul secondo, facendolo alla fine risultare primo. l’ex Premier aveva considerato questa rielezione una passeggiata, ma forse non aveva preso in considerazione lo sbriciolamento dell’aureola. Non si dice questo per puro pregiudizio. Basta chiedersi: se Renzi avesse vinto il referendum del 4 dicembre, qualcuno oggi metterebbe in dubbio la sua posizione di Primo Ministro e di Segretario del partito? Nothing succeeds like success, ma nothing discourages like defeat”. Fra l’altro, la secessione è stata causata in parte da una reazione “emotiva” allo stile imperioso ed occasionalmente irridente dell’ex Segretario, e sta ad indicare che alcuni, pur di andargli contro, sono disposti a correre l’alea della propria insignificanza politica.

L’invincibilità non è l’affare che sembra. Achille che uccide Ettore non ne ricava tutti gli applausi che si aspettava, e i greci, col loro amore per la moderazione, lo fanno uccidere dalla freccia di un Paride che certo non valeva né Ettore, né Aiace.

È un peccato che gli uomini politici siano umani come gli altri. Chissà, magari un giorno, se per Matteo Renzi le cose dovessero volgere al peggio, potremmo scoprire che l’Italia ha perso il miglior politico che potesse avere, in questo inizio di Terzo Millennio. E questo, soltanto perché sua madre non era riuscita ad insegnargli le buone maniere.

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