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Politica
Governo: Renzi-Verdini, tutta la verità


Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)


Tutto si tiene e nulla accade per caso, specie in politica. All'indomani del decisivo voto dei senatori di Ala al ddl Boschi arriva la ricompensa di Matteo Renzi per Denis Verdini: tre vicepresidenze nelle commissioni Finanze, Bilancio e Difesa di Palazzo Madama, che vanno rispettivamente ai senatori Eva Longo, Pietro Langella e Giuseppe Compagnone. Non solo, il capogruppo dem al Senato, Luigi Zanda, in un incontro con lo stesso Verdini avrebbe promesso all'ex coordinatore del Pdl la guida della Commissione d'inchiesta sul sistema bancario che dovrebbe essere istituita nelle prossime settimane dopo lo scandalo dei quattro istituti salvati per decreto e la bufera che sta investendo Banca Etruria.

La minoranza del Pd, ovviamente, urla e si agita con Roberto Speranza che chiede una verifica e Pierluigi Bersani che addirittura paventa conseguenze nel caso in cui fosse confermato l'ingresso in maggioranza dei verdiniani. Ma le armi della sinistra dem sono spuntate. Al di là di dichiarazioni roboanti e buone per i tg e le agenzie, nessuno (almeno tra i big) vuole sentir parlare di scissione. Né Bersani, né Cuperlo, né Bindi, né Speranza hanno intenzione di passare con Sinistra Italiana e abbandonare il Pd come hanno già fatto Stefano Fassina, Alfredo D'Attorre e Pippo Civati.

Il premier sa perfettamente che la sua minoranza, riottosa e dalla polemica facile con Palazzo Chigi, non metterà a repentaglio la tenuta dell'esecutivo, come tutti hanno costatato sulle riforme istituzionali (nonostante l'estate scorsa per settimane abbiamo prome fuoco e fiamme sul Senato elettivo). Ma Verdini non entrerà nel governo, questo è chiaro. A Renzi va benissimo avere una sorta di "ruota di scorta" a Palazzo Madama pronta a sostenere la maggioranza soprattutto nei passaggi più delicati. L'ingresso diretto di Ala nell'esecutivo farebbe soltanto aumentare la temperatura delle polemiche interne al Pd mettendo anche in fibrillazione i centristi di Area Popolare, che inevitabilmente dovrebbero lasciare spazio ai verdiniani.

Meglio quindi tenersi stretti i senatori di Ala, accontentarli con le cariche in Parlamento, e continuare con l'appoggio estero e, di fatto, incondizionato. Verdini, dal canto suo, sa perfettamente che è meglio non entrare nel governo anche perché in questo modo può indirizzare le scelte del premier sui temi chiave senza però accollarsi la responsabilità diretta delle scelte politiche. In Parlamento il patto Renzi-Verdini viene definito come il "Nazareno-bonsai", ovvero la prosecuzione dell'accordo con il leader di Forza Italia attraverso la corrente Ala.

Ufficialemnte l'ex Cavaliere, dopo la partecipazione alla manifestazione di Bologna con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, è saldamente all'opposizione (con tanto di accuse al premier "anti-democratico") ma - dietro le quinte - non si straccia le vesti per l'appoggio esterno di Verdini a Renzi, anche perché così può tentare di risalire nei sondaggi (leggermente) stando all'opposizione e, attraverso i fuoriusciti di Ala, accontenta il Partito di Mediaset (i figli Marina e Piersilvio e Fedele Confalonieri) che chiedono stabilità politica e di evitare una cirsi al buio.
 

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