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Politica
Riforma costituzionale, ecco cosa cambia se vince il sì. L'intervista


Sergio Fabbrini, professore di Scienza Politiche e Relazioni Internazionali e Direttore della Scuola di governo

alla Luiss Guido Carli di Roma, intervistato da Affaritaliani.it, parla a tutto campo del merito della riforma costituzionale sulla quale saremo chiamati a votare nelle prossime settimane. Sergio Fabbrini introdurrà il convegno 'Referendum Costituzionale: Sì o No?', organizzato dal Forum della Meritocrazia il 27 settembre a Milano (ore 18) e di cui Affaritaliani.it è media partner. Il direttore Angelo Maria Perrino sarà il moderatore dell'incontro.

"Quella della nostra Costituzione è una storia lunghissima che parte dal 1946 e arriva ai giorni nostri. L'Italia è l'unico grande paese europeo governato finora da un parlamentarismo basato su un bicameralismo simmetrico. Con questa riforma, che è comunque meno ambiziosa di quelle del passato, assistiamo alla fine parziale di un'epoca. La riforma sulla quale saremo chiamati a votare - spiega Fabbrini - non entra nella forma di governo e nemmeno mette in discussione i rapporti tra i poteri dello stato, ad esempio quello giudiziario".

"Questa riforma nasce da una serie di compromessi ed è quindi inutile aspettarsi un progetto chiaro e definito. Prima è stata scritta insieme a Forza Italia che però poi si è tolta dal tavolo per regioni esterne al progetto, cioè l'elezione di Mattarella al Quirinale. Anche la Lega all'inizio ha partecipato al dibattito ma poi si è distaccata. Come tutte le costituzioni anche questa è il risultato di compromessi".

Con la riforma su cui voteremo "solo la Camera dei Deputati darà la fiducia all'esecutivo e non viene messa in discussione la forma di governo che resta parlamentare. Il 95% delle leggi verranno discusse e approvate solo da Montecitorio. Al Senato resterà competenza sulle leggi sistemiche, costituzionali, su quelle relative all'ordinamento degli enti locali, sulle leggi elettorali e sui trattati europei. Di fatto solo il 5% dell'attività parlamentare avverrà a Palazzo Madama. Si può quindi affermare che questa riforma semplifica e migliora i processi e mette fino al ping pong Camera-Senato che abbiamo avuto finora".

"La riforma mette anche ordine rispetto ai potere statali e regionali togliendo alcune materie concorrenti alle Regioni. Dal 2001 in poi ci sono stati moltissimi conflitti risolti dalla Consulta e di fatto questa riforma formalizza le decisioni già prese dalla Corte Costituzionale". Fabbrini aggiunge: "Qualcuno afferma che questa riforma rende il governo troppo forte, ma non è così. I poteri del presidente del Consiglio restano gli stessi, la riforma però rende più chiaro il rapporto tra esecutivo e Parlamento".

"Un'altra critica è quella che la combinazione riforma-Italicum, la legge elettorale, crea una situazione quasi autoritaria. Non è così. L'Italicum assegna al partito o lista che vince 340 parlamentari alla Camera su 630. E quindi ne bastano 25 contrari alla linea del primo ministro perché venga meno la maggioranza. Si dice poi che sarà un Parlamento di nominati, semmai quello attuale lo è. Con l'Italicum l'Italia viene divisa in 100 collegi elettorali e il primo di ogni partito che supera una certa percentuale va in Parlamento essendo stato nominato ma tutti gli altri vengono eletti sulla base delle preferenze. Se il Pd vincesse le elezioni con l'Italicum avrebbe 340 parlamentari ma di questi solo 100 sarebbero nominati dal leader del partito e tutti gli altri sarebbero stati scelti attraverso le preferenze".

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