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Politica
Roma, ascesa e caduta di Romeo. Stipendio triplicato con la Raggi

Per Virginia Raggi i guai non finiscono mai. La notizia dell’avviso di garanzia per concorso in abuso d’ufficio comminato a Salvatore Romeo, paladino e fedelissimo della sindaca romana, costituisce l’ennesimo chiodo sulla bara della giunta pentastellata. Il “braccio sinistro” della Raggi, laddove Raffaele Marra era quello destro, finisce per condividere lo stesso destino di colei che l’aveva fortemente voluto accanto a sé contro tutto e tutti, sfidando i vertici del m5s, le gelosie e le invidie dei compagni di partito e il malcontento della base.

Con l’avviso di garanzia prosegue la parabola discendente del funzionario comunale con delega alle partecipate, fino a qualche mese fa sconosciuto e ora autentico caso mediatico sbattuto in prima pagina su tutti i giornali.

Salvatore Romeo aveva iniziato a collaborare diversi anni fa con il Movimento nell’Ottavo Municipio romano, quello di Daniele Frongia tanto per intenderci, e precisamente con il Tavolo Bilancio, dove – grazie alle sue competenze e conoscenze della macchina amministrativa comunale – spiccava come voce autorevole e di primo piano. Nella primavera del 2013, con l’ingresso dei primi portavoce pentastellati in Campidoglio (Frongia, Virginia Raggi, Marcello De Vito ed Enrico Stefàno), Romeo diventa punto di riferimento imprescindibile e insostituibile per i quattro inesperti e sprovveduti, tanto da assurgere lui – ufficiosamente – a vero consigliere comunale. I quattro gli si affidano ciecamente per consigli, delucidazioni, assistenza nella lettura e nella stesura di documenti e, del tutto gratuitamente, egli si dedica indefessamente alla loro causa contribuendo a farli crescere professionalmente e a farli accreditare presso l’opinione pubblica.

All’epoca Salvatore Romeo ha un capodipartimento, Raffaele Marra, con molti titoli, molte capacità, molte competenze ma anche molti scheletri nell’armadio, almeno per il m5s, visti i suoi trascorsi con Alemanno, Panzironi e Polverini. In una data imprecisata successiva al maggio 2013, Romeo decide di presentare Marra ai quattro consiglieri comunali e da lì si spargono i semi di un futuro sodalizio, anche perché è difficile credere che, lavorando tutti quanti in Comune e in aree cruciali, non finiscano per incrociarsi più volte nelle sale capitoline.

Intanto Salvatore Romeo continua a darsi da fare gratuitamente per i quattro consiglieri e, alla caduta di Ignazio Marino, si prefigura finalmente la concreta possibilità di un sindaco del m5s a guida della Capitale. A quel punto, succede qualcosa. Quello che prima era un funzionario comunale stakanovista, ligio al dovere e maniacalmente onesto – come lo descrivono amici e conoscenti – pare trasformarsi in un’altra persona. Durante la campagna elettorale, almeno da quel che traspare dagli stralci della sua chat con Raffaele Marra, Romeo diviene una sorta di macchina da guerra che architetta assieme al suo “capo” strategie di affossamento degli avversari e ordisce trame per screditarli. Chi lo conosce bene, leggendo oggi quegli scambi, stenta a riconoscerlo. Dopo la designazione di Virginia Raggi quale candidata sindaco del m5s, i rapporti tra lui e Marcello De Vito – danneggiato da una congiura interna ordita per favorire la Raggi – si raffreddano, e Romeo si schiera totalmente a favore di quest’ultima, consacrandole tutto il suo tempo e il suo impegno per renderla primo cittadino di Roma.

Le elezioni la vedono vincitrice incontrastata e Salvatore Romeo, che aspirava a diventare Assessore al Bilancio, si vede assegnare invece dalla fida Virginia il ruolo di caposegreteria al triplo dello stipendio precedente. Un evidente risarcimento dei tre anni in cui ha lavorato per lei a titolo gratuito, ma il boccone è difficile da far digerire alla base grillina, che inizia a guardarlo con diffidenza, a Beppe Grillo e ai parlamentari romani, in primis Roberta Lombardi, che non ha mandato giù l’abbattimento del suo protetto De Vito.

Salvatore Romeo intanto impazza nella chat “Quattro amici al bar”, che condivide con Marra, Raggi e Frongia, all’epoca vicesindaco, e – dai toni – sembra pensare di avere il mondo in mano. Ma ben presto vede questo mondo sfuggirgli tra le dita: la triplicazione dello stipendio viene sottoposta a un’indagine dell’Anac, ed è Roberta Lombardi a denunciare pubblicamente il fatto in un post su facebook, iniziando a far sbocciare il fiore oscuro del sospetto nei confronti del fedelissimo della nemica Raggi. Da quel momento in poi, è un declino inesorabile: i vertici pentastellati vogliono farlo fuori assieme a Marra, e anche la base ne chiede la testa.

Costretta a incontrarsi con lui sui tetti del Campidoglio per allontanarsi dalle orecchie indiscrete dei nemici (altro che nidi dei gabbiani), Virginia Raggi resiste, s’impunta, sembra farcela, riesce a sfangarla perfino con le dimissioni della Muraro dopo l’avviso di garanzia. Ma l’arresto di Marra precipita tutto e la sindaca è costretta a consegnare la testa di Romeo a Grillo e alla Lombardi. La “mammina” Raggi, a conti fatti, appare in realtà come una sorta di “mantide”, forse suo malgrado, che precipita ogni uomo che le si avvicina. Andrea Severini (il marito abbandonato), Marcello De Vito (il rivale affossato), Daniele Frongia (l’amico inguaiato), Raffaele Marra (il braccio destro arrestato), Salvatore Romeo (il mentore caduto in disgrazia).

Quest’ultimo, l’uomo che aveva il mondo in mano, è obbligato a tornare al suo stipendio e alle sue mansioni precedenti, mantenendosi comunque fedele alla sua Virginia e al m5s, dal quale è stato usato e gettato come un ferro vecchio. Ma i riflettori non si spengono su di lui: la Procura sta marcando stretta Virginia Raggi per la sua nomina e quella di Renato Marra, e in un’intervista, Romeo parla di cimici in Campidoglio. La sindaca è costretta a confutarne la dichiarazione e lui stesso è obbligato ad autosmentirsi, perdendo del tutto la credibilità rimastagli. E poco tempo dopo l’arrivo dell’avviso di garanzia a Virginia Raggi, si scopre l’esistenza di alcune polizze intestate da Salvatore Romeo alla sindaca e ad altri attivisti grillini, polizze che – pur non costituendo reato secondo la Procura – scatenano un putiferio in Rete.

Perché Salvatore Romeo ha intestato una polizza vita alla sindaca? La causale è un presunto legame sentimentale fra loro, sminuito ad “amore non corrisposto” dalla difesa di Virginia Raggi, chiamata "figlia" in un'altra polizza. Ma l’idea che i due abbiano avuto una storia è difficile da confutare. Cornuto e mazziato professionalmente, Salvatore Romeo accetta di fare la parte del povero idiota che ha perso la brocca per una giovane donna, e continua, malgrado lei annunci di volerlo denunciare per la questione della polizza che l’ha lasciata “sconvolta”, a professarle la sua fedeltà assoluta. E poi ecco arrivare anche per lui l’avviso di garanzia.

Ma chi è veramente Salvatore Romeo? Un avido e spietato calcolatore che ha visto sfumare la sua occasione d’oro di cambiare radicalmente la propria vita, o un uomo fondamentalmente buono finito stritolato per avidità in un meccanismo più forte di lui? Pur propendendo per questa seconda ipotesi, in attesa che la giustizia faccia il suo doveroso corso, non possiamo non notare che la presa del potere a Roma da parte del m5s è stata soltanto portatrice di sventure. Per il movimento stesso, per la sindaca, per Raffaele Marra e per Salvatore Romeo, i cui sogni di gloria, complice anche il m5s, sono diventati incubi. Ma soprattutto incubi per gli elettori che avevano votato Virginia Raggi pensando a un cambiamento positivo e che ogni giorno, svegliandosi la mattina, si rendono invece conto che, a lavorare effettivamente nella giunta romana sono solo le procure.

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