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Politica
Salvini perderà qualche penna ma cadrà in piedi

Di Massimo Falcioni

Si sfoglia la margherita per capire qual è lo sbocco della crisi aperta in pieno agosto.

Al di là delle alchimie dei partiti, una cosa è certa: gli italiani non vogliono tornare alla vecchia politica. Questo il messaggio che sale dal Paese e di cui nessun partito, nessun leader, nessun parlamentare, possono non tenerne conto. Il Paese è sul crinale, perplesso e diviso, rischiando un tonfo senza precedenti. E’ urgente ritrovare la bussola, abbassando i toni, tornando alla sostanza politica del contendere. Cercare il bandolo della matassa, rifuggendo da propaganda e logiche di parte. Capire se davvero, dopo lo strappo, Salvini farà dietrofront ricucendo il rapporto con Di Maio e rilanciando, con le dovute modifiche non solo di metodo, l’alleanza di governo con i 5Stelle; se l’ipotesi Di Maio premier – già bollata dal diretto interessato come “fake news” - è solo un altro scivolone tattico del leader leghista o un “regalo” non richiesto alla guisa di un trappolone; se il ribaltone di un inedito esecutivo M5S-Pd già bocciato da Zingaretti è solo frutto della smania di protagonismo di Renzi o la carta della disperazione di un partito tutt’ora in mezzo al guado; se un governo costituente (Conte-bis?) pro tempore può avere l’autorevolezza – pur se solo per portare il Paese alla urne - in una Italia dove un Tar decide al volo il 14 agosto sulla sua sicurezza interna e quindi sulla politica estera; se i vari tentativi di evitare il voto sono solo tatticismi per lasciare agli avversari il cerino in mano in vista delle inevitabili urne. Qui siamo. Gli elementi di cui dispone Mattarella sono tasselli multicolori sparsi di un malfermo mosaico che per comporlo non bastano senso dello Stato, fermezza, equilibrio, intuito e fantasia ma serve realismo politico dettato dalla realtà anche numerica di questo parlamento uscito dal voto del 4 marzo 2018 senza dimenticare, però, quel che è accaduto dopo, con le elezioni Europee e amministrative del 26 maggio 2019 che hanno modificato nel profondo i rapporti di forza fra i partiti, con la Lega a vele spiegate con il perdurante vento in poppa, con il M5S  in forte e continuo calo elettorale, con gli altri partiti ridimensionati, per lo più nel ruolo di comparse. Salvini, sbagliando modi e tempi, ha lanciato il dardo e adesso è costretto a ritirare la mano. Un boomerang. Così i suoi avversari – nessuno escluso – tentano di tutto per approfittare dell’”incidente”, per isolare ericacciare la Lega all’opposizione, nella logica di una nuova “conventio ad excludendum”. Al di là delle caratteristiche personali di Salvini, la questione è politica. Tutti i partiti vedono questa crisi aperta dal leader leghista come manna piovuta dal cielo. Perché, pur con i bisticci spesso insensati fra i due vice premier, il governo guidato dall’avveduto Conte c’era e produceva, tant’è che gli italiani lo sostenevano e lo sostengono, dimostrato anche dai ripetuti sondaggi.

Come già scritto dal direttore di Affaritaliani Angelo Maria Perrino: “L’alleanza inedita e spuria tra i due movimenti-partito antisistema aveva dato positiva rappresentanza alla voglia di discontinuità manifestata dagli italiani, portando lo scompiglio nei vecchi gruppi e assetti del potere. E molte cose buone sono state fatte, in materia di immigrazione e sicurezza, ma anche di equità sociale e lotta alla corruzione”.

Ecco il motivo di tanto accanimento da parte degli altri partiti, compreso il M5S, col fiato sempre più corto, in crisi di identità e di leadership, partito che pagherebbe amaramente sul piano politico ed elettoraleuna alleanza spuria con il Pd, cui niente lo accomuna.Ungovernicchio Pd-M5S è quel che vuole l’establishment europeo e mondiale per una Italia piegata all’austerity e terra di conquista per l’immigrazione usata come nuova forza lavoro di “serie b”.Al Paese, di fronte alla difficile situazione nazionale e internazionale e di fronte a scadenze decisive quale la prossima finanziaria, serve un governo forte politicamente e numericamente, non soluzioni deboli, pasticciate, di breve durata.

Ecco perché, senza alternativa, per Salvini non resta che la via di Canossa con un Di Maio che però deve essere aperto e disponibile a riceverlo, al di là di quel che Conte dirà e vorrà fare martedì 20 al Senato. Altrimenti la strada obbligata è quella che porta alle urne. Per Salvini è l’ora della verità. Serve un cambio di passo, un salto di qualità, più sostanza politica, meno fumo mediatico. SE vuole avere un futuro da protagonista utile al Paese la Lega non può essere intesa solo come il partito “anti immigrati” ma il simbolo di un reale e duraturo “rinnovamento democratico”assicurando all’Italia  stabilità, governabilità, risanamento, riforme, alleanze internazionali nel solco della tradizione. Comunque andrà a finire questa crisi, Salvini perderà qualche penna, ma cadrà in piedi. Gli servirà da lezione?

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