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Politica
Sardine, decalogo confuso e pasticciato. Dalla piazza alla “piazzata"?

Il solito balletto delle cifre (100.000 per gli organizzatori, 35.000 per la Questura) sul raduno nazionale delle “sardine” ieri a Roma a Piazza San Giovanni non cambia la sostanza “politica” del nuovo movimento, con il suo potenziale e i suoi interrogativi su cos’è, cosa vuole, dove vuole andare. Con i partiti, specie quelli di sinistra, non più credibili, in crisi di identità e di consensi, è giocoforza scendere in piazza contro la destra considerata sovranista in mano a un Salvini bollato come razzista e fascista.

Una protesta non contro il governo o per stimolarlo a fare di più e meglio, ma in piazza senza bandiere, non senza velleitarismi e senza esercitare il dovere del dubbio, con il solito refrain: “Siamo i nuovi partigiani del 2020”. E adesso? Adesso, dopo la manifestazione capitolina che di fatto chiude la prima fase movimentista dell’“Eccoci!”, oggi in un centro sociale occupato nella capitale c’è il primo meeting di 150 delegati di ogni parte d’Italia per delineare il futuro delle Sardine con un punto fermo: “Non siamo un partito né mai lo diventeremo”.

Non c’è bisogno di scomodare gli slogan del ’68 per capire che anche stavolta c’è il rischio di scoprire l’acqua calda anche se allora lo slogan: “Vogliamo pensare” metteva al centro di tutto il pensiero. Cioè l’attività della mente con la formazione delle idee, dei concetti, della coscienza, della immaginazione, dei desideri, della critica, del giudizio e di ogni raffigurazione del mondo e non si limitava alla richiesta pro tempore dell’abrogazione del decreto sicurezza bis (nuova stretta sui migranti e sulle Ong di soccorso in mare) di Salvini, scambiando così la causa con l’effetto. Se, come da tempo accade, l’influenza geopolitica del nostro Paese sul Mediterraneo si riduce drasticamente, una Italia sovranista è solo una illusione velleitaria. Ma il nodo immigrazione-sicurezza c’è e non è invenzione di Salvini.

Il problema dell’esercizio della sovranità esiste, inteso oggi come volontà di riacquisire la sovranità del popolo e dello Stato nazionale di fronte allo tsunami della globalizzazione e alle politiche sovranazionali di integrazione, per lo più fallite e comunque con la patata bollente lasciata dai partner europei all’Italia. Questo è solo uno dei tanti nodi di fronte al quale le Sardine extra partitiche non possono pensare di cavarsela con slogan contro Salvini. Le Sardine non sono un partito, non hanno una ideologia né un progetto né una leadership ma hanno già un loro Manifesto, con i “dieci comandamenti”, a dire il vero assai confusi e pasticciati: un vogliamoci tutti bene per volere male e combattere i “cattivi” e fra questi il più cattivo di tutti, il “Capitano” della Lega.

Un Manifesto dai tratti “buonisti” infarcito di buoni propositi e anche di non poche banalità radical chic dove al massimo si mette l’accento sul problema (ad esempio l’immigrazione) senza indicarne la soluzione, perché l’accoglienza indiscriminata porterebbe il Paese e l’Europa nel caos. Sarà un caso, ma fa riflettere che i lettori di Affaritaliani, per lo più attenti e propensi al nuovo quanto indipendenti e senza peli sulla lingua, abbiano già detto “NO” al decalogo delle Sardine. In una lunga fase di crisi dei partiti e con l’autorevolezza della politica ridotta al lumicino, bene la partecipazione e il movimento di piazza, anche se la protesta va coniugata con la proposta: che non può che essere politica, con le sue regole democratiche e istituzionali garantite dalla Costituzione repubblicana e antifascista.

Occhio, perché non è la prima volta, in Italia e fuori, che le piazze piene (soprattutto di giovani) abbiano preso lucciole per lanterne, inneggiando a ideologie, partiti, personaggi che si sono poi dimostrati “il problema”, non la soluzione. Questi ragazzi delle Sardine credono nella politica? Bene. Bravi! Ma non portare in piazza le bandiere non significa essere apolitici, non avere proprie idee politiche, più che legittime. Altra cosa è strumentalizzare la piazza o esserne strumentalizzati, indossare maschere che possono nascondere logiche di appartenenza partitica e di schieramento politico definiti. Ora, poco conta addentrarsi a disquisire se queste delle Sardine sono o no “piazze politiche”, quanto di uguale e quanto di diverso hanno dalle piazze della protesta anche irritante del “Vaffa” di grillina memoria.

L’antipolitica non è solo quella dello sparar contro il “potere”, contro tutti i partiti e i loro leader ma anche quella di inventarsi docenti super partes, dividere i “buoni” dai “cattivi”, tutta roba già vista che riporta ai tempi rassicuranti ma corrosivi delle ideologie, in un mondo spaccato in due. E’ un fatto che oggi - l’ultimo esempio viene dalla campagna elettorale in corso in Emilia Romagna - c’è la corsa al “civico”, al gridare: “Io non sono di nessun partito”, come vergognandosi dei partiti e della politica, come se questa Italia, nel bene e nel male, ce l’avesse portata la Befana o come se i richiamati Partigiani fossero stati “super partes”, anzi nel limbo. Ognuno ha il diritto di scendere democraticamente in piazza come vuole, con chi vuole, contro chi vuole.

Due domande. La prima: siamo sicuri che i giovani delle Sardine uniti nelle piazze contro Salvini&C voteranno poi compatti Pd e sinistra alle urne pur turandosi il naso come accadeva ai tempi di Montanelli con la DC? La seconda: siamo sicuri che far girare il disco “SI’ in piazza NO ai partiti” sia la soluzione e non il replay di quanto già visto ripetendo il solito gioco dell’Oca? Insomma, se questo popolo delle Sardine, di sicuro non di destra, non sta nel Pd e nella sinistra, un motivo ci sarà. Pd e sinistra non sono più nella società ma occupano il potere con i risultati negativi che vediamo. Alla sinistra e all’Italia non serve un Napoleone mignon ma neppure l’inconcludente walzer di piazza che, senza chiarezza politica, porta alla solita “piazzata” all’italiana.

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