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Politica
Saviano: "Verrò processato, Salvini invece si sottrae"

Roberto Saviano conferma: "Sarò processato per aver definito Salvini ministro della Mala Vita". Ribadisco pienamente - spiega lo scrittore - la mia definizione, ne difendo la legittimità e vado con serenità e con certa fierezza a farmi processare. Io, cittadino come tanti, come tutti, sarò processato; il ministro, invece, ha deciso di sottrarsi al processo, seriamente e giustamente spaventato dal fatto che la sua condotta nel caso Diciotti possa farlo condannare. Ha usato lo schermo e il ricatto politico per ottenere l'appoggio del suo alleato di governo, quel M5S che doveva fare da argine ai movimenti xenofobi e che ha finito per essere la loro stampella al Governo. Questo processo che mi vedrà imputato, se non altro, costringerà Matteo Salvini a dire la verità o, quantomeno, a pronunciare sotto giuramento, dinanzi a uno spazio di verificabilità, le sue affermazioni, cosa che fino a oggi non è mai accaduta, trovandosi nel più agevole ambito della propaganda, dove ogni menzogna è manipolata, costruita, seminata sul terreno della bile, della frustrazione di un Paese disorientato da cui sta, per ora, e solo per ora, ricavando consenso.

Sono pronto a essere processato per un reato di opinione, cosi potrò ribadire quanto grave sia la strategia che sta portando questa politica a far coincidere lo Stato con il Governo. Le divise continuamente indossate dal ministro, la querela che mi viene fatta su carta intestata - in modo che sia fatta dall'istituzione, dal ministero e non, quindi, da persona privata - mostrano che nella politica da Twitter, nella politica da 280 caratteri, spesso si smarriscono i confini. La strategia è la solita: permettere qualunque libertà d'espressione a chi non fa rumore, a chi si perde nel vociare ininfluente o generico e scegliere di punire e di perseguitare chi, invece, ha una voce che, per qualche ragione, si distingue e si diffonde con eco. E ancora, si preferisce punire per isolare, ed è un'evoluzione intelligente di quello che l'Italia ha già conosciuto nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931, con cui fu introdotto il reato di offesa al Duce (e furono 5000 i condannati per questo reato in Italia). Molti, troppi".

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