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Politica
Sindacati in piazza. Per il neo leader Cgil Landini è la “prova del budino"

Di Massimo Falcioni

Con la manifestazione nazionale unitaria di Piazza San Giovanni a Roma il sindacato vuole riprendersi la scena quale interlocutore credibile e protagonista “politico” e obbligare il governo ad aprire un tavolo di trattativa su una piattaforma economica alternativa con al centro investimenti e sviluppo. Obiettivi legittimi, quelli di Cgil, Cisl, Uil, sostenuti da centinaia di migliaia di lavoratori e pensionati giunti nella capitale da ogni parte d’Italia cui va il rispetto dovuto a chi in buona fede “ci mette la faccia” evitando – specie da esponenti dei partiti di maggioranza e dell’esecutivo – strumentalizzazioni e ironie fuori luogo. Piazza piena non significa sindacato in buona salute. Quale credibilità e autorevolezza ha oggi il sindacato, per lo più autoreferenziale, legato a logiche e pratiche obsolete, considerato cittadella a difesa dei privilegi di elite, incapace di evitare la guerra degli “ultimi”? Una manifestazione di piazza, pur imponente, non è la bacchetta magica per la soluzione dei problemi del Paese – in primis quelli economici – e non dà a Cgil, Cisl, Uil legittimità extra-sindacali nè “garanzie” e canali privilegiati di nessun tipo, specie nei confronti del governo, che deve tener conto delle “spinte” e dei “segnali” che giungono dal Paese reale, ma senza condizionamenti e ricatti di sorta. Il rischio è che, soprattutto da parte della Cgil del nuovo leader “movimentista” e “operaista” Landini, si tenti di recuperare le difficoltà del sindacato (incapacità di far fronte alla crisi economica, alla globalizzazione, alla rivoluzione tecnologica del mondo del lavoro, perdita di autorevolezza politica, calo di iscritti, unità fra le confederazioni tenuta col cerotto ecc.) perpetuando il rito della piazza, alzando il cartello dei “NO”, tornando ad essere “cinghia di trasmissione” dei partiti di sinistra, in funzione anti governo. Il sindacato è –dovrebbe essere - autonomo dal governo, dai partiti, dal padronato. Il sindacato non ha governi “amici” o “nemici” a seconda dei partiti che lo sostengono. Chiedere il tavolo sui nodi economici, dello sviluppo, dell’occupazione, del welfare è, oltre che giusto, politicamente corretto. Il governo non può considerare il sindacato come un fastidioso disturbo, un “bastone” fra le ruote della “rivoluzione” imperante con le fanfare rappresentata dal M5S e dalla Lega. Ma i ruoli vanno rispettati e rimane difficile individuare il ruolo “costruttivo” e “autonomo” del sindacato quando da una parte invoca la trattativa e dall’altra “spara” a zero sull’esecutivo su tutti i fronti (compresa la politica internazionale, l’immigrazione ecc.) mettendo alla berlina i suoi esponenti, dal premier in giù. La maggioranza è legittimata dal voto democratico dei cittadini a governare ma non è la depositaria della verità. La democrazia è fondata sulla legittimità del consenso popolare ma è anche il frutto sofisticato e complesso dell’equilibrio dei poteri, sindacato compreso. E il sindacato – Cgil in testa – non è intoccabile, non ha ragione “a prescindere”, non è depositario del verbo rappresentando una “parte” della società e avendo sul groppone il fardello di non pochi e non piccoli errori storici e anche di “flop” più recenti. Il rischio è quello di ricadute facendosi ammaliare dalle sirene del “pansidacalismo” o di rappresentare la punta avanzata d’attacco contro il governo e i suoi partiti. La stessa manifestazione di Piazza San Giovanni è colta da esponenti del Pd e della sinistra come la spallata anti governo, addirittura in vista delle elezioni europee un segnale per una “chiamata alle armi” per la sinistra e per tutti gli anti sovranisti contro l’arrembante Salvini considerato “razzista” e “fascista”. Dal palco di Piazza San Giovanni Landini e gli altri leader sindacali, oltre a rilanciare la piattaforma sindacale (il lavoro al centro di tutto, investimenti pubblici per creare occupazione, riforma pensioni ecc.) dovranno fare chiarezza: questa piazza è o no contro questo governo, a prescindere? Cgil Cisl Uil si limiteranno all’unità d’azione o ricostituiranno la federazione “organica” ancheper sostenere le iniziative in caso che l’esecutivo continui a fare orecchie da mercante? Come arginare le richieste di un massimalismo corporativo avanzato dalle categorie e dalle zone del Paese più forti e avanzate in modo che il sindacato non sia il difensore dei “garantiti” a danno dei ceti sociali più deboli e dei giovani? Come, ribadendo la difesa dei valori costituzionali dell’antifascismo e dell’anti razzismo, si risponde alla esigenza di “sicurezza” e “ordine” minacciati dalla scellerata politica dell’immigrazione clandestina che sale dalla maggioranza degli italiani, lavoratori in testa? Prove difficili per il sindacato e per una Cgil in bilico, gigante dai piedi d’argilla. Per Landini è la prima vera “prova del budino”.

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