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Politica
Speranza non si candida in Basilicata: paga gli errori durante il Covid

Roberto Speranza (ex ministro della Salute) non si candida in Basilicata: ecco perchè 

L’ex ministro della Salute Roberto Speranza non si candida alle elezioni regionali in Basilicata. Una cosa strana perché lui è nato proprio a Potenza e data la surreale situazione creatasi era quasi scontato che concorresse. Invece niente. Il motivo lo ha spiegato lui stesso in diverse interviste. È intervenuto a seguito di ricostruzioni a suo dire errate. “Alcune ricostruzioni insensate che partono però sempre da una rimozione di fondo che per me è inaccettabile: cosa ha significato e quali siano le conseguenze dell’essere stato ministro della salute durante la pandemia da Covid 19”.

Speranza si lamenta ma non risulta che abbia mai mollato la cadrega. Speranza, pare di capire, ora si lamenta perché non gli hanno tolto il ruolo di ministro! “È stato un carico di lavoro inimmaginabile, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, senza alcuna pausa con decisioni quotidiane che incidevano sulla vita quotidiana di milioni di italiani. Questa storia non può essere rimossa. E il lavoro incessante che ho fatto, dando tutto me stesso, non può essere sottovalutato”. In più dice di aver ricevuto gravi minacce alla sua incolumità personale e dei suoi familiari e di essere sotto scorta.

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Il ministro addita per questo elementi dell’area no-vax. Ma in realtà il suo operato è stato ampiamente criticato anche da vaccinati e sì-vax. Il problema è stato metodologico. La chiusura di tre mesi dell’intera Italia agli arresti domiciliari è stata una misura molto impegnativa che sarebbe stata giustificata unicamente nel caso che durante questo periodo il governo giallo – rosso allora presieduto da Giuseppe Conte avesse creato nuovi posti letto in terapia intensiva, cosa che non è avvenuta. Perché?

Inoltre, una volta appurato che il virus si trasmetteva anche se si era vaccinati non aveva più senso logico, ancor prima che medico, impedire il lavoro a chi non aveva il green pass. Eppure il divieto è stato mantenuto provocando forti malumori tra chi ha perso il reddito.

Poi il ministro si è anche lamentato di una “clamorosa inchiesta giudiziaria”. Ma cosa si aspettava dopo quello che è successo, soprattutto all’inizio della pandemia quando non si è chiusa subito la zona rossa del bergamasco dove tutto ha avuto inizio? E ancora c’è il caso delle mascherine introvabili e quando trovate fornite senza le necessarie certificazioni.

Ma Speranza paga anche lo scotto dell’estrema vicinanza al pessimo capo dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che ha gestito malissimo l’emergenza dapprima disconoscendola per ingraziarsi i suoi protettori cinesi e poi inanellando una serie imbarazzante di gaffe, ad esempio sulle mascherine, che hanno disorientato l’opinione pubblica già tanto provata.

Un alto dirigente della Sanità, intercettato, ebbe a dire che l’Oms era “una consapevole foglia di fico” del governo italiano. E poi si venne a sapere che Speranza aveva donato 10 milioni di euro all’Oms, come ha documentato la trasmissione Report. Consideriamo poi il PNRR, creato proprio per combattere il Covid. Ebbene Speranza ebbe l’ardire di dire che ci volevano soldi per la Sanità (il che è vero) quando però nel PNRR questa voce incredibilmente è all’ultimo posto, dopo la transizione digitale. Per questo l’ex ministro ha chiesto a Conte e alla Schlein di non candidarlo. Ma immaginiamo si sia trattato di una preoccupazione inutile perché dopo quello che ha combinato.






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