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Politica
Storace: "Ecco perché Zingaretti dovrà lasciare la Regione Lazio per il Pd"
LaPresse

Vanno al voto abruzzesi e poi sardi, seguiranno lucani e piemontesi. E il Lazio no?

Inevitabile, invece, anche se Zingaretti negherà da abituale e abile professionista seriale della bugia.

Il governatore del Lazio fra poco più di un mese non avrà tempo nemmeno per respirare. La decisione di correre per strappare la segreteria del Partito democratico come ulteriore trofeo personale potrebbe non lasciargli scampo, perché esperienza insegna che si tratterebbe di un impegno totalizzante, viste le condizioni della tribù.

Che Zingaretti voglia fortissimamente vincere non ci sono dubbi e lo testimonia la consueta macchina da guerra organizzativa che da sempre è capace di mettere in campo.

Vola in tutta Italia e ogni giorno sforna bollettini di vittoria sul passaggio delle truppe nemiche nel suo fronte. Si carica chiunque, e nelle prossime settimane fioccheranno le curiosità sui portavoti di Nicola: ma come si sa non si butta mai niente.

Lo conosciamo troppo bene, diciamo, quanto a capacità di reclutamento.

Chi da’ segnali di impazzimento sono i renziani del bunker. Prima lo hanno sottovalutato, ora sono preoccupati dall’avanzata dell’Armata Rossa. E mentre Renzi sta già sull’uscio il dubbio prende molti.

A meno di fare come chi – è il caso di Matteo Ricci, responsabile enti locali – compie il ribaltone e si schiera con Zingaretti.

I sopravvissuti del clan di Rignano puntano a trascinarlo sotto il 50 per cento alle primarie; per poi accordare Martina e Giachetti allo scopo di far fuori Zingaretti all’assemblea nazionale. Sarebbe comunque la loro morte politica e di quel che resta del Pd.

Ma agiteranno la presidenza del Lazio come alibi: “Non puoi guidare contemporaneante la regione e il partito da ricostruire”. Due mesi dopo, a maggio, le europee. E come fai le liste (e piazza pulita) se hai troppi nemici contro?

L’esempio per uscire dal casino che ha creato (comunque piazzandosi in testa) lo ha nella sua famiglia politica. C’era una volta Walter Veltroni, che si dimise da segretario del partito per fare il sindaco di Roma e che poi si dimise da sindaco di Roma per competere per la guida del governo.

Hai voglia a invocare Salvini e Di Maio, ministri e allo stesso tempo leader dei loro partiti. Ma Cinque stelle e Lega sono praticamente monolitici al loro interno – almeno fino a che governano – e non dilaniati come il Partito democratico, diviso in troppe bande.

Chi vincerà le primarie avrà ancora tanti nemici pronti a far valere percentuali congressuali. E non si potrà permettere – se Zingaretti vincerà – di considerare come secondo lavoro il governo della regione Lazio.

Deve solo decidere quando compiere questo passo. E se non lo dice e soprattutto se non lo fa, sia stavolta l’opposizione alla Pisana a non sbagliare. Avete il dovere di riunirvi tutti insieme, da Parisi a Lombardi a Pirozzi, a tutti i consiglieri eletti il 4 marzo nelle forze di opposizione – inclusi quelli con cui avete litigato – per imporre una scelta definitiva sulla legislatura.

Magari, torneranno a respirare anche milioni di cittadini che non vogliono più sopportare i giochi di Zingaretti (assunzioni comprese).

Fonte: francescostorace.eu

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