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Politica
Periferie, la balla sui fondi tolti: Si del Pd: tutti i nomi. Poi le proteste

Un partito democratico tutto da ridere. 

In Italia i partiti che vogliono opporsi ad un provvedimento votano a favore di quel provvedimento. E in massa. Poi protestano sui media e a canali unificati. Lo ha fatto il Pd, votando positivamente al congelamento dei fondi alle periferie deciso dal governo M5S-Lega e inserito nel decreto Milleproroghe. L‘emendamento è il 13.2, presentato da due senatori della Lega, Massimiliano Romeo e Daisy Pirovano, che rinvia al 2020 i fondi alle periferie destinati dal governo Renzi e da quello Gentiloni.

“La maggioranza delle opere erano ancora ferme agli studi di fattibilità e ai progetti preliminari”, spiega ad Affari il senatore della Lega Massimiliano Romeo, “abbiamo così pensato di dirottare il denaro favorendo i Comuni virtuosi (140 milioni nel 2018, 320 nel 2019, 350 nel 2020 e 220 nel 2021)”. In un Fondo cassa che consente “gli investimenti delle città metropolitane, delle Province e dei Comuni, da realizzare attraverso l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti”, sbloccando così molte risorse che i Comuni virtuosi hanno in cassa ma che non possono spendere per limiti di legge.

Comunque i primi 24 progetti delle periferie (che hanno raggiunto un punteggio superiore a 70 su 100) restano finanziati per un totale di 501,8 milioni, ha precisato il sottosegretario all'economia, in quota M5s, Laura Castelli. 

Ma un attimo dopo il voto è scattata la rivolta: l'Anci (l'associazione nazionale Comuni), i sindaci e il Pd hanno protestano con grande durezza. Il governo è accusato di una “visione miope del futuro”, e di eliminare progetti destinati a chi abita nelle zone più povere. Ma il voto delle opposizioni sull'emendamento è una sorpresa. Il Pd in prima fila ha votato a favore, dall'ex segretario Matteo Renzi al tesoriere Francesco Bonifazi, dagli ex ministri Valeria Fedeli e Roberta Pinotti a Matteo Richetti, Davide Faraoni, Simona Malpezzi, per citarne solo alcuni. Ecco tutti i nomi.

Il provvedimento raggiunge un piccolo record: tutti i senatori presenti, 270, hanno votato favorevolmente. E il senatore a vita Renzo Piano che si è detto tra gli ispiratori degli interventi nelle periferie ed ha invitato il governo a tornare sui suoi passi, non era neanche in aula.

Laura Castelli, ma anche Massimiliano Romeo lo ripete ad Affari, sostiene che l’esecutivo si è voluto cautelare vista la sentenza n. 74 del 2018 della Corte Costituzionale che blocca una delle opere previste perché non concordata con la conferenza Stato-Regioni. A valanga le contestazioni potrebbero ricadere sul resto degli interventi. Una posizione che però viene contestata dal deputato dem Roberto Morassut: “Quella sentenza non c’entra nulla col bando delle periferie. Essa si riferisce al ruolo delle regioni in relazione ad un ricorso del Veneto e a quelle parti dell’articolo 1 comma 140 della legge che toccano le competenze regionali. Ebbene non è il caso del bandi delle periferie dove la competenza decisionale è comunale”. Morassut è alla camera dei Deputati. Abbiamo anche provato a contattarlo ma senza successo. Il governo però non la pensa come Morassut e interpreta in modo esteso la sentenza.

Romeo: “Sono solo polemiche mediatiche. Non vedo alcun problema. Quegli interventi sulle periferie partiranno dal 2020. Pensavo che qualcuno ci ringraziasse, visti i fondi dei Comuni che abbiamo sbloccato. Ma mi chiedo come faccia l'Anci a dire quelle cose. Forse gli enti locali dovrebbero aprire una riflessione sull'aderirvi dato che l'organismo sembra non essere equidistante ma fare politica di parte”. 

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A stigmatizzare il conto circuito del Pd arrivano alcuni sindaci proprio del Pd.

“Se anche chi minaccia ogni giorno la più dura delle opposizioni al governo giallo verde”, spiega il sindaco di Modena Giancarlo Muzzarelli, “prende cantonate così e cade negli emendamenti trappola del Governo senza verificarli, c’è da essere davvero sgomenti per il futuro della sinistra e per la sorte delle città e dei territori”. “Non me lo spiego”, ha dichiarato il sindaco di Firenze Dario Nardella sempre del Pd, “ma spero daranno una motivazione”. Voglia di andare in vacanza, distrazione o trappole che siano c'è chi ci spera. Anche perché un'opposizione in queste condizioni oltre a far ridere e fare male a se stessa è un danno per il Paese.

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