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Politica
"Una legge per le imprese oneste. Vi spiego il conflitto d’interessi"
Fonte Facebook Anna Macina

Già martedì, in commissione Affari Costituzionali, sarà messo ai voti il testo base della legge sul conflitto d’interessi. “Nel mese di ottobre dovremmo riuscire a completare l’intero iter e arrivare, quindi, in Aula a novembre”. A tracciare la road map, parlando con Affaritaliani.it, è Anna Macina, deputata del Movimento cinque stelle e prima firmataria della proposta di legge sul tema.

Macina, ma la legge sul conflitto d’interessi, in realtà, era stata calendarizzata per luglio. Siamo sicuri che questa sia la volta buona?
C’è stato solo un problema di calendario e non di contenuti. La Commissione è stata impegnata infatti su altri provvedimenti urgenti, a cominciare dal decreto Elezioni. E la stessa Aula è stata alle prese con la conversione di dl legati all’emergenza coronavirus. Ma non tutti i mali vengono per nuocere, come si suole dire.

In che senso?
Questa pausa di riflessione non voluta - perché dettata, appunto, dalle altre priorità che si sono presentate - ci ha consentito di apportare ulteriori modifiche al testo base e cioè al testo che unifica la proposta del M5s e quella del Pd. Alla luce dei riscontri e suggerimenti raccolti nel corso delle audizioni.

Di che modifiche si tratta?
Alcune modifiche che il relatore Giuseppe Brescia ha proposto sono scaturite, per esempio, dall’audizione dell’Agcom e vanno nella direzione di una ulteriore semplificazione. In sostanza, sono state riviste, per snellirne l’applicazione pratica, una serie di attribuzioni all’Autorità garante, già contenute nel mio testo.
 

Possiamo dire che l’accordo M5s-Pd su questo fronte ha retto?
Il testo base altro non è se non una sintesi delle proposte M5s e Pd. L’ obiettivo è presentare una soluzione condivisa. Poi, è naturale, ci sarà la fase emendativa per arricchire ulteriormente l’articolato. Ma il testo da cui partiamo ha il nostro pieno favore.

Secondo lei, allora, ci sono buone possibilità che l’Italia si doti di una sua norma sul conflitto d’interessi, legge Frattini a parte?
La novità è proprio nell’approccio. Attualmente in Italia c’è la legge Frattini del 2004, ma questa legge non contempla una disciplina preventiva di conflitto interessi. Interviene solo ex post, verificando atti o omissione di atti di competenza di chi ricopre un incarico di governo. Si tratta di una norma che quindi non risolve alla radice il problema del conflitto d’interessi.

A differenza di quella allo studio?
E’ proprio così. Il nostro approccio è far sì che vengano disciplinate ex ante le ipotesi di conflitto d’interessi e ne abbiamo individuate diverse. Dai casi di titolari di imprese che sono riconosciute o operano in asset strategici per lo Stato ai casi di chi riveste incarichi di governo e al tempo stesso mantiene interessi privati in aziende o in alcuni settori d’impresa. In quello dell’editoria, per esempio, il conflitto d’interesse in Italia è macroscopico, c’è sempre stato e non è mai stato risolto.

I detrattori parleranno di legge contro. Come replica?
E’ vero esattamente il contrario. Non è contro ma a favore delle imprese oneste che devono poter operare in regime di libero mercato. Le condizioni di partenza devono essere uguali per tutti. Questo è lo spirito che anima la legge. Non è tollerabile che chi riveste un incarico di governo abbia più possibilità di incidere e possa trarne vantaggi, a discapito di quelle attività imprenditoriali che non possono vantare lo stesso gancio.

L’impostazione della legge è più a trazione M5s che Pd, dica la verità?
Non si tratta di fare gare. Posso solo dire che l’impianto è rimasto quello della proposta di legge del Movimento, dal trust all’azione preventiva - e non solo sanzionatoria - prevista nell’articolato.  Lo stesso ruolo individuato per l’Agcom, quale autorità che dovrà vigilare sull’eventuale conflitto d’interessi, è stata proposta da noi. Come, del resto, l’estensione della norma anche a chi riveste incarichi regionali (e non solo di governo) o per i parlamentari. In quest’ultimo caso era appunto a firma M5s una proposta ad hoc di Fabiana Dadone da membro della commissione Affari costituzionali.

Una volta approvata questa legge, potrebbe aprirsi una questione di conflitto d’interessi anche nel M5s con Davide Casaleggio presidente della piattaforma Rousseau?
Ho approfondito molto questo aspetto. Non vedo conflitti. Né potrebbero esserci, dal momento che Casaleggio non ricopre incarichi né di governo e né parlamentari.

Lei, oltre che membro della Affari costituzionali, fa anche parte della Giunta per il regolamento. Come vede l’ipotesi di voto elettronico alla Camera?
Sul tema ho un approccio molto tecnico. Noi abbiamo affrontato la questione in Giunta. Non c’è una preclusione assoluta a discuterne, ma siccome si tratta di una innovazione importante che deve fare i conti con il dettato costituzionale, credo che ogni decisione al riguardo non possa essere presa sull’onda dell’emotività o delle emergenze.

Come procedere allora?
Nell’ultima convocazione della Giunta si era deciso di avviare un ciclo di audizioni con tecnici e costituzionalisti. Mi sembra la strada giusta anche perché le questioni da affrontare sono diverse. C’è il voto segreto, ma bisogna pure capire come e quando votare da remoto. E, poi, c’è il problema della certezza dell’identità, che si pone con forza proprio in assenza dell’immunità della sede. Dunque, un approfondimento è doveroso. Il tempo che viviamo ci insegna che dobbiamo essere pronti a tutto, senza tuttavia passare sopra gli equilibri costituzionali.

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