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Politica
Via della Seta vista dal Palazzo. Nazareno Fi-Pd, Lega sotto pressione Usa

ROMA - Sì convinto dal Movimento 5 Stelle, dubbi dalla Lega, opposizioni in ordine sparso. Affaritaliani.it ha testato direttamente nei Palazzi del potere romano il sentiment di senatori e deputati sulla Via della Seta, l'accordo con la Cina che il governo si prepara a firmare. I pentastellati sono i più convinti. Alla Buvette di Montecitorio, in coda per un pranzo veloce in attesa della ripresa dei lavori in Aula, incontriamo il deputato Leonardo Donno il quale non ha dubbi: "E' una cosa positiva e la linea del Movimento è chiara". Gli fa eco il collega Giuseppe Buonpane: "Andiamo avanti, ovvio". Poi riprende la parola Donno e sicuro afferma: "Può chiedere a tutti i parlamentari del M5S, qui e a Palazzo Madama, siamo tutti sulla stessa linea".

Ben diversa la posizione della Lega. Il toscano Manfredi Potenti è l'unico che accetta di parlarne a microfono acceso e la cautela regna sovrana: "Ci sarà una valutazione di politica estera del governo e del ministro Salvini rispetto a questo argomento. Si tratta di un'iniziativa internazionale molto rilevante e più ancora della Tav dipende dall'opportunità politica. Certamente il segretario farà le giuste considerazioni". Parole ben diverse dall'ok incondizionato dei grillini. Non a caso uno dei big leghisti, molto vicino a Salvini, spiega a microfono spento le perplessità del Carroccio. "Se si parla di interscambio commerciale va bene, ma dobbiamo stare molto attenti soprattutto ai nostri porti. Non possono arrivare i cinesi e comprarsi metà porto di Trieste, di Genova o di Venezia". E ancora: "E' una questione molto più delicata della Tav, dove il discorso era semplice, quasi ideologico, sì o no. La Via della Seta è difficile da spiegare agli italiani e anche noi non abbiamo ancora le idee chiarissime". C'è poi la questione degli americani e del pressing che la Casa Bianca sta facendo sull'esecutivo affinché non ratifichi l'intesa con Pechino. Alla Buvette un altro gruppetto di deputati leghisti, tra un caffè e una spremuta, parla con tono preoccupato della vicenda e qualcuno si lascia andare in una rivelazione sintomatica di quanto sta accadendo in queste ore a Roma: "Stamattina uno dei nostri sottosegretari andava in giro per il Transatlantico a dire a tutti che gli americani sono 'incazzati neri'". Insomma, il pressing Usa è forte e si concentra sulla Lega, visto anche il recente viaggio negli States del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Non a caso un deputato milanese del Carroccio, comodamente seduto sui divanetti all'ingresso dell'Emiciclo, appena sente Via della Seta subito risponde: "Sono giorgettiano e quindi non parlo assolutamente". Un altro deputato lombardo leghista se la cava con una battuta, "per me è come il rugby, no comment". Segno che il partito di Salvini è oggetto in queste di forti pressioni da parte del governo Usa impegnato a cercare di fermare l'accordo Roma-Pechino.

Quanto al Partito Democratico, dopo le parole a favore dell'intesa di Romano Prodi e la palla in tribuna del neo-segretario Nicola Zingaretti ("Altro pasticcio del governo"), il senatore Antonio Misiani, responsabile economico in pectore molto vicino al Governatore del Lazio, non si sbilancia e passeggiando negli austeri corridoi di Palazzo Madama afferma: "Sì alla Via della Seta ma insieme all'Unione europea, non possiamo andare in ordine sparso". Cautela anche dal Pd, anche se la deputata Martina Nardi usa parole leggermente differenti: "E' una questione indipendente dalla nostra volontà. La circolazione delle merci è qualcosa che sarà sempre più diffusa nel mondo, bisogna vedere se l'Italia sarà capace o meno di star dentro questo processo. Può essere un'occasione per il nostro Paese ma come sempre in questi casi i processi vanno governati e gestiti".

Da Forza Italia sono arrivate le parole roboanti della capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini ("Un azzardo del governo"), ovviamente in chiave anti-5 Stelle, ma il senatore pugliese Luigi Vitali, di casa ad Arcore, prova a spiegare meglio la posizione degli azzurri: "Via della Seta? La risposta è 'nì'. Per come è stata studiata ora taglia fuori i porti del Mezzogiorno e quindi così com'è oggi la mia posizione è no all'accordo. E soprattutto con la Cina occorre avere un rapporto paritetico. In teoria ci sono prospettive interessanti per l'economia e lo sviluppo dell'Italia ma non a quest.e condizioni".

Stefano Fassina, ex Pd e deputato di sinistra, si mostra anche lui cauto: "Va bene la Via della Seta ma soltanto all'interno di un contesto europeo". Poi si chiede: "Francia e Germania vogliono operare all'interno del patto di Aquisgrana e intendono lavorare all'interno di un percorso di cooperazione con i partner almeno dell'Eurozona?".

Infine Fratelli d'Italia che per bocca del co-fondatore Guido Crosetto (poca voglia di parlare) lancia un messaggio chiaro: "Firmare che cosa? Le questioni di politica internazionale vanno ponderate a 360 gradi e condivise con i partner, di certo non nascono in un secondo. E' un ragionamento molto, molto complesso". Insomma, dal partito di Giorgia Meloni un avvertimento a non correre troppo verso Pechino.

Alla fine il quadro che emerge tra battute, fughe dal microfono, mezzi sì, sì convinti e mezzi no è che il tema rischia seriamente di mettere in difficoltà il governo e soprattutto le storiche relazioni con Washington. E infatti un leghista di lungo corso mentre sorseggia un caffè corretto grappa commenta con un laconico "piano, piano con 'sta Via della Seta...".

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