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Astor Piazzolla, le radici tranesi nella rivoluzione del suo tango
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di Annamaria Natalicchio

Quando il pescatore Pantaleone Piazzolla partì da Trani alla volta del Sud America in cerca di miglior fortuna, non poteva certo immaginare che suo nipote Astor sarebbe diventato il rivoluzionario del tango. Con sua moglie, Rosa Centofanti, solcò i flutti del Mediterraneo e poi dell'Oceano sino alla costa atlantica dell’Argentina.

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Astor Pantaléon Piazzolla (Mar del Plata, 11 marzo 1921 - Buenos Aires, 4 luglio 1992) nacque più di cento anni fa, proprio nella cittadina dove era approdato il nonno, a Mar del Plata, provincia di Buenos Aires, principale centro turistico e balneare argentino, oltre che importante porto peschereccio.

Sentiva forte l’appartenenza italiana e le sue ascendenze tranesi Astor. Molti ricordano la sua toccante esibizione del 29 marzo 1987, con il suo inimitabile quintetto, nella maestosa cattedrale di Trani affacciata sul mare.

Chi accompagnò in quella occasione il virtuoso del bandoneón nel giro dello splendido borgo ricorda la sua indicibile emozione, mentre rigirava tra le mani un foglietto stropicciato sul quale era annotato l’indirizzo dell’umile dimora del nonno. Via La Giudea, nel quartiere ebraico, a pochi passi dal porto, dove ancora oggi il pescato vivo e guizzante fa bella mostra di sé sulle banchine.

Resta celebre poi la frase pronunciata il 6 settembre dello stesso anno in un applauditissimo concerto al Central Park di New York, in cui il grande polistrumentista e compositore, all’apice della sua carriera, dirà "My name is Astor Piazzolla, I was born in Argentina, I was raised in New York and my parents come from Trani, Italia".

Astor.Piazzolla.con.gli.organizzatori.del.Concerto.dell.87.a.Trani.foto.Mario.CassanelliAstor.Piazzolla.con.gli.organizzatori.del.Concerto.dell.87.a.Trani.foto.Mario.CassanelliGuarda la gallery

Nel DNA di Piazzolla albergava certamente anche l’amore per la pesca, ereditata in linea diretta dalla stirpe paterna, fatta di abili pescatori da generazioni. Lo testimonia il pluripremiato docu-film del 2018 “Piazzolla, los años del tiburón”, letteralmente “Piazzolla, gli anni dello squalo”. Il vivido ritratto del regista Daniel Rosenfeld si affida agli inediti filmini 8 mm ritrovati negli archivi familiari del grande compositore argentino. L’artista visionario cacciò gli squali con la stessa feroce passione che riservava alle composizioni musicali.

Ha dedicato la vita a fare uscire il tango dai barrios e dalle milonghe per portarlo nelle sale da concerto. La sua aspirazione era essere un musicista sinfonico, dirigere un’orchestra, suonare nei teatri e nelle music hall. Produrre un tango da ascoltare, non da ballare, elevando il valore artistico di questa musica, partorita dai bassifondi alla fine del XIX secolo. Fu autore di una vera e propria trasformazione culturale: generò il "Tango Nuevo". Ma reinventare i codici estetici ebbe un prezzo che Piazzolla pagò caro nel suo Paese. In Argentina fu definito “El asesino del tango”, l’assassino del tango, per averne corrotto il linguaggio, allontanandolo da quello tanto caro ai puristi.

Le sue composizioni superano i generi e hanno radici nella sua infanzia. Quando il futuro astro della musica aveva appena quattro anni, la famiglia Piazzolla emigrò a New York ed Astor si innamorò del jazz. Il padre Vicente gli regalò il bandoneón, tracciando così il suo luminoso destino. Alla sua morte, il compositore argentino gli dedicherà “Adiós Nonino”, un requiem definito dallo stesso Piazzolla "il tema più bello della mia vita".

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Quella in cui il piccolo Astor crebbe e si formò musicalmente era una città musicalmente vivace, diventata patria del jazz e dominata da giganti della musica afroamericana. Al contempo, però, Astor venne affidato alle cure del maestro di bandoneón Bela Wilda, allievo di Sergej Rachmaninov. Jazz e classica insieme alle immancabili melodie del tango argentino. In una parola magia.

Il prolifico Astor Piazzolla, si calcola che abbia scritto più di 3.000 brani e ne abbia registrati circa 500, è passato alla storia come riformatore del tango argentino. Il suo stile innovatore si distingue dalla tradizione poiché fa uso del cosiddetto “conjunto electronico”, che vede il suo strumento fondersi con il basso e la chitarra, l’organo Hammond e le percussioni, il flauto e la marimba. "È completamente diverso da quello che è stato il tango sino ad ora. C’è una novità armonica e ritmica, è molto più trascinante", sono le parole di Piazzolla.

E non è un caso che l’Europa e l’Italia in particolare, più che l’Argentina, gli abbiano dato quella notorietà che in patria non aveva avuto. La sua musa ispiratrice per la tango-operita “Maria de Buenos Aires” fu la nostra compianta Milva. Collaborò anche con Mina e Iva Zanicchi e il suo album più celebre “Libertango” fu registrato nel 1974 negli studi di Milano con Pino Presti al basso e un giovane Tullio De Piscopo alla batteria. Questa opera impresse la svolta della “rivoluzione elettrica”. Piazzolla conquistò una consolidata fama anche per l’incantevole versione del pezzo interpretata da Grace Jones “I’ve seen that face before”, parte della colonna sonora del film “Frantic” (1988) di Roman Polanski. Ad Astor il merito di aver superato come fama con un solo brano la popolarità di un ballo.

A testimoniare quanto il genio del tango fosse fiero delle sue origini, la viva voce della seconda moglie di Astor Piazzolla, Laura Escalada Piazzolla, alla quale nel febbraio del 2020 è stata conferita la cittadinanza onoraria di Trani in un concerto in Cattedrale. "Astor si sentiva italiano, il suo modo di comporre così passionale era italiano".

Astor amava Trani, Trani lo ha ricambiato. Al maestro platense ha dedicato una via e l’intitolazione della cassa armonica nella villa comunale. Un gigante della musica del Novecento, le cui radici affondano in quel di Trani. Un motivo di orgoglio per tutta la Puglia.

* Le foto sono a cura dell'Associazione Amici della Musica Astor Piazzolla - Trani e di Mario Cassanelli.

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