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Giovanni Pansini 'Paese & Paesaggi' Il valore emozionale della memoria

Giovanni Pansini è soprattutto un cultore delle tradizioni, un custode e divulgatore del patrimonio culturale pugliese; “Un appassionato di fotografia in tutte le sue espressioni”, così come ama definirsi, ribadendolo anche durante la presentazione del suo libro: PAESE &PAESAGGI Cordiali, Affettuosi Saluti, in altre parole un viaggio nella città di Canosa di Puglia che fu, attraverso le cartoline della sua collezione.

gianni pansini

Se gli si chiede, quando sia nata questa passione per il collezionismo? Sarà facile che nei ricordi del "bambino" e di quando frequentava lo studio dello zio fotografo. ci si possa perdere. Il fascino della camera oscura nella quale si imprimeva l’immagine, per vederla apparire magicamente - grazie a un gioco di immersione ed emersione - ha avvolto il suo immaginario e chissà, forse l’amore per le stampe in bianco e nero e poi l’incanto di quella a colori. 

Pansini Locandina

La meraviglia lo ha portato ad approfondire, ricercare ogni immagine scritta con la luce e a farne un distinguo esperto tra carte, lastre e metodi per catturare, impressionare e stampare. Crescendo, la sua passione e la sua esperienza sono divenute una risorsa. Egli è un punto di riferimento attorno a tutto ciò che orbita in ambito al mondo della fotografia e ai suoi strumenti. Giovanni Pansini oltre a coltivare l’interesse per la Storia della fotografia ha raccolto fototipi quasi per bisogno fisiologico, chiaramente il tempo è stato determinante nel dare corposità alla sua raccolta.

Il nostro collezionista non si limita ad accumulare, anzi, attraverso mostre, allestimenti compie un’opera di divulgazione che dovrebbe divenire contagiosa, fondamentale per conoscere, perché gli strumenti di un tempo e cartoline ingiallite divengano il tramite grazie ai quali si possano comprendere i ritmi di vita, i costumi del passato ed avere un’idea migliore dei luoghi che nel tempo si sono adattati alle esigenze della popolazione, o agli interessi di pochi, perciò la sua raccolta è di enorme valore socio/antropologico!

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E quando gli si chiede cosa significhi essere collezionisti oggi? Alla domanda segue un attimo di silenzio, poi con un sospiro che mimetizza certa sofferenza, risponde: “Essere collezionisti è come essere alla ricerca perenne di oggetti espressione del buono e del bello come Bene Culturale, significa salvarlo dall’oblio per il bene comune. Cercare un pezzo raro da offrire come inedito non è bisogno di possesso, ma orgoglio di poter custodire e donare alla meraviglia del pubblico uno specchio, perché si possa riflettere sulla propria storia e ritrovare la radice più antica che è sale della nostra identità”.

La curiosità ci spinge a stimolarlo per sapere come si sia accumulato e cosa comprenda il suo patrimonio di oggetti del passato

La mia Collezione è suddivisa in quattro sezioni:

  • sezione fotografica: composta da oltre 200 Carte de visite raffiguranti costumi e mestieri italiani, 2.000 stereoscopie 200 lastre al  bromuro d’argento della collezione Rossi-Canosa
  • sezione bibliografica: composta da diversi testi sulla fotografia ed alcuni album fotografici
  • sezione di strumenti della Fotografia in cui sono presenti un Megaletoscopio ed un Pontioscopio;
  • sezione di strumenti del Precinema - Giochi ottici e Lanterne magiche composta essenzialmente da due triple lanterne magiche ed una doppia.

Ma tutto il materiale da te raccolto non rischia di deteriorarsi e quindi perdersi?

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“Sono consapevole di essere “ricco” e nello stesso tempo cerco di trovare una soluzione definitiva affinché tutto ciò non vada perso o disperso nei quattro angoli della terra”.

Sono quindi oggetti che appartengono alla memoria collettiva, al nostro passato! Cosa fai e cosa bisognerebbe fare per consegnare e valorizzare questo archivio di inestimabile rilievo socio antropologico?

“La soluzione ideale è quella di creare un Museo/Fototeca della Memoria”. Stiamo lavorando anche alla soluzione di un museo dove "esporre e non deporre" tutti gli oggetti, per valorizzare un patrimonio che restituisce visioni del nostro passato.

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Cosa si fa per valorizzare la nostra memoria?

“Occorre prendere coscienza che è in atto una vera e propria emergenza che ci porterà inevitabilmente ad un deserto digitale dopodiché occorrerà mettere in atto la conservazione, la digitalizzazione e la fruizione di questo straordinario patrimonio fotografico del mondo”.

Fermare il tempo, condividere un ricordo era la preoccupazione di chi voleva lasciare una traccia e mantenere viva un’esperienza. Si potrebbe dire che una foto è tale se riesce a evocare, raccogliere moltissime informazioni capaci di farci fare viaggi mentali con chiarezza; quindi se è vero che oggi con telefonini e fotocamere digitali siamo in grado di lasciare ai posteri una grandissima quantità di informazioni, è altrettanto vero che questa sia la vera emergenza, con i telefonini rischiamo di non lasceremo nessuna traccia di "emozione" ai posteri”.

Cosa pensi della fotografia digitale?

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“La fotografia digitale è l’evoluzione della fotografia analogica … ragionando in questi termini diventa l’espressione artistica della fotografia”.

Cosa si dovrebbe fare, perché le radici del nostro essere più antico non si disperdano e i frammenti non divengano cocci su cui versare lacrime da coccodrillo? (scusa il luogo comune.

“Occorre educare e formare. È certamente il lavoro più complesso, ma è quello che riguarda il futuro e le nuove generazioni che usano la fotografia e l’immagine come forma di comunicazione   al pari della scrittura. Un’educazione in questo senso è pertanto importante e necessaria”.

Giovanni Pansini prende posto dietro una scrivania. Alle sue spalle alcune gigantografie di uomini in posa con divise, abiti della festa, al lavoro, tra le case bianche sulla sponda di strade non assediate da auto, di corsi non soffocati da palazzine di dubbio gusto che ricordano funghi velenosi. Quella che si intravede in certi scatti è la ‘città a misura di uomo’ che oggi è quasi sommersa dalla presunzione emancipata; quello che si coglie attraverso certi suoi dagherrotipi e la civiltà contadina e la freschezza di certe pose.

L’imperativo dovrebbe essere: “promuovere la Memoria”, anzi preservarla, valorizzarla e, intanto il lume della nostalgia ci raccoglie con la sua aurea giallognola, si insinua tra i ricordi, li strappa all’oblio avido. Ci ritroviamo al galoppo nel passato cigolante di carrozze sulle chianche di pietra, tra le piazze con i palazzi signorili, i cortili e le chiese, con malinconia e dolcezza evocatrice di gite fuori porta, di tempi fatti di attesa riempiti di fantasia; E’ la regione di uomini per i quali la stretta di mano era meglio di un contratto vergato in maniera particolareggiata e la sigla era lo sguardo d’intesa segno di parola data e di sincerità.

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E’ il paese della memoria poetica, quello che Giovanni Pansini evoca attraverso sessantasei immagini, e per dirla con le sue righe: “Un libro per avere cura della nostalgia, per chiedergli di tornare ad abitare la città, per ricordare insieme che è la nostra città”. E’ un testo che non inciampa in polemiche noiose né in stucchevoli rappresentazioni, eppur tocca con maestria le corde dell’emozione con i suoi significati profondi e, accende i riflettori sui ruderi del castello, si sofferma su un ponte che dai tempi dell’antica Roma si stende sul futuro.

E allora bisognerebbe pensare a un museo come archivio dinamico, santuario di bellezza prima che la conoscenza si sgretoli come accade per i vecchi intonaci e finisca con sbadigliare nell’umidità del vespro come accade per certi palazzi della meraviglia costruiti col sacrificio, il sudore; segno e simbolo di gente forte, e orgogliosa con radici nella pietra e le palpebre schiuse sull’orizzonte del domani.

Salutiamo con un cenno il nostro amico e ci avviamo nel freddo pungente, nel sogno che tra la retorica sui ricordi e la polemica sulla necessità di realizzare una sede sintesi dell’esperienza e adatta a custodire i mezzi di comunicazione e trasmissione del vissuto… non passi il ladro o la ruggine.

 

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