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Il tratturo del Re e le trame lente della transumanza

La Puglia, ancora una volta - direttamente o indirettamente - gratificata da un riconoscimento UNESCO: la transumanza è stata iscritta nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale.

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Il tratturo del Re è l’antichissimo percorso tracciato dalle migrazioni delle greggi e della mandrie d’ogni specie, che dalle altitudini dell’Abruzzo e del Molise scendevano nelle più miti pianure del Tavoliere pugliese, attraverso un fitto intreccio di “vie erbose”.

I tratturi, vera rete della transumanza, si presentano come la nervatura di un sistema territoriale a vocazione agricola, che col suo patrimonio di tradizioni, di storia, di prodotti e di relativi sapori ripropone oggi un’originale offerta turistica a forte contenuto ambientale e ricca di opportunità didattiche, per appassionati della natura e soprattutto per ragazzi e bambini.

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Definiti “regi” quando superavano in larghezza i 60 passi napoletani (circa 111 metri), possono essere considerati autentiche autostrade agresti, impressionanti per la maestosità, sulle quali si addensavano esodi stagionali di pastorizia trasmigrante, con tanto di pedaggio da pagare in funzione del numero di animali trasferiti.

Lungo queste direttrici si sviluppò una vera e propria “civiltà della transumanza”, che oggi l’Unesco riconosce come autentico Patrimonio dell’Umanità. Una realtà socio-economico-rurale che ha favorito insediamenti umani, ha inciso nell’assetto complessivo del territorio, ha disegnato nuovi modelli del panorama rusticano, avviando relazioni interregionali e contaminazioni culturali fortemente influenzate dai periodici movimenti migratori.

Masserie, castellucci e rocche d’altura, pagliai e muretti a secco, fontanili, taverne e poste (gli appezzamenti utilizzati per il riposo e il pascolo), sono le testimonianze tangibili dei contesti in cui questa civiltà trovò forma e stimoli.

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Sono percorsi che fanno da corollario ai parchi nazionali, come il Parco d’Abruzzo e il Parco del Gargano, o alle cosiddette aree protette di quel “comprensorio europeo dei parchi” che include il Gran Sasso, la Majella, il Velino-Sirente e la Foresta Umbra.

Percorsi da riscoprire e da compiere “a passo lento”, a piedi o a cavallo, in bicicletta o in fuoristrada, per riuscire a cogliere tutte le peculiarità di un’offerta turistica fortemente legata al territorio, dove “il sapore si fa strada” tra prodotti artigianali di qualità, spazi verdi, aria pulita, bellezze architettoniche e paesaggistiche.

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In questo senso il “turismo del sapore”, realtà consolidata a livello nazionale ed europeo, trova una nuova e forse più consona declinazione nelle “Terre dei tratturi”. Un progetto che le Camere di Commercio di Foggia, L’Aquila, Campobasso e Isernia hanno promosso per dar vita a originali prodotti turistici e culturali, capaci di valorizzare tradizioni, produzioni e itinerari rupestri, per farne attrattori qualificanti di un entroterra di solito trascurato o solamente attraversato.

Tra i tanti il “Tratturo del Re” è una dorsale che si sviluppa per 130 Km. da Castel di Sangro, a ridosso dell’area Aventino-Medio Sangro in Abruzzo, fino a Lucera, antica colonia romana poi cuore della Capitanata, porta d’accesso alle distese pianeggianti del Tavoliere delle Puglie: il famoso ‘Granaio d’Italia’.

Fontana l'Aquila

Aree tradizionalmente, culturalmente ed economicamente legate alla pastorizia e alla transumanza, la cui testimonianza più evidente è l’innumerevole quantità di fontane e fontanelle, tra cui spicca per bellezza e originalità la Fontana delle 99 cannelle di L’Aquila, simbolo della città, evoluzione di un antico abbeveratoio per le pecore e i pastori in partenza verso zone più temperate.

L’itinerario è un susseguirsi di emozioni, di scoperte e di sorprese. Ponti e guadi sui torrenti, borghi rurali e nobili masserie, cappelle solitarie e piccole stazioni di posta, sono le tracce di un’architettura spontanea nata al servizio dei pastori e dei viandanti. All’interno di questo enorme patrimonio agreste svettano le solenni chiese angioine di Lucera, le più essenziali chiese romaniche molisane, la maestosa Basilica di Castel di Sangro e l’elegante Cattedrale di Troia col suo magnifico Rosone dagli arabeschi calcarei: autentico Sigillo di Pace ed ecumenismo.

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Ma all’occhio attento dell’escursionista non sfuggiranno, certamente, anche le impronte dei lupi o i disegni nel cielo degli uccelli acquatici di Occhito, le tracce delle volpi e dell’ululone appenninico e soprattutto non sfuggirà l’affascinante volo della sagoma nera del nibbio bruno o di quella più chiara del nibbio reale. Lungo i torrenti e nelle acque dei fiumi (Sangro, Trigno e Biferno) sarà possibile ammirare la lontra, il granchio di fiume e il guizzare di trote di ogni misura. Osservare il riposo degli aironi cinerini, sotto l’ombra minacciosa del falco pellegrino. E sulle montagne, regno dell’aquila reale, inquadrare nel mirino di un cannocchiale l’aggressività dell’orso marsicano o l’eleganza docile di un camoscio appenninico.

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“Settembre, andiamo. È tempo di migrare”, ricordava e recitava Gabriele D’Annunzio. E i pastori radunavano le greggi e si mettevano in cammino per sfuggire all’inverno e alla neve. Questo, a cui oggi l’Unesco riconosce la dignità di ‘patrimonio mondiale’ da salvaguardare e valorizzare, è un viaggio nella memoria, nella tradizione e nella cultura contadina, per andare alle radici del camminare, quando con la transumanza milioni di pecore, bovini ed anche cavalli, accompagnati da pastori, cani o mandriani, partivano due volte l’anno, dalla montagna alla pianura (prima dell’inverno) e dalla pianura alla montagna (prima dell’estate).

Un ciclo di movimenti non occasionali, ma ripetuti e costanti, con un ritmo senza tempo, lungo “itinerari perenni” che la millenaria attività pastorizia ha arricchito di produzioni casearie d’ogni tipo e di ricette legate ai prodotti selvatici più indigeni.

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Un pellegrinaggio laico attraverso ricotte, formaggi freschi e stagionati. Caciotte, burrate, mozzarelle e caciocavalli. Agnello alla brace, involtini d’interiora, mushiska e capretto al forno. Pomodorini selvatici, cicorie, cicorielle, cardi, asparagi, funghi, lampascioni e carciofi. E poi, la Passionata, iresistibile risposta dauna alla 'Cassata siciliana', con le sue ricotte di bufala, mucca e pecora. Sono solo alcuni acuti di una sinfonia di sapori, la cui intensità segnerà a lungo i palati anche più restii. Perché ora e sempre: “Il futuro è nelle radici!”.

(gelormini@gmail.com)

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Pubblicato sul tema: ‘La transumanza’ è Patrimonio Culturale Immateriale Unesco

                                     La Passionata sapori di transumanza

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