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'Latte 4.0 - Istruzioni per il futuro' Manifesto-Decalogo della Mozzarella

Su iniziativa della Condotta Slow Food delle Murge, presieduta dal dirigente medico veterinario Michele Polignieri, il latte  torna ad essere una produzione agricola e non più un bene in commercio, nella full immersion sul tema “Latte 4.0 Istruzioni per il futuro” a Valenzano (BA), nel l’Aula Magna del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari.

latte ragazza ape
 

Occasione di approfondimento e confronto utile anche per accrescere, come consumatori, informazioni e consapevolezza su un alimento nobile della Dieta Mediterranea, Con ospiti prestigiosi in arrivo da tutta Italia, per soffermersi - da un punto di vista scientifico - sulle ricadute per la salute, quando vengono utilizzare tecnologie ostili alla natura del latte ed alla natura umana.

Focus del confronto: l’aspetto nutrizionale, la sua misurabilità, e i rischi di snaturamento a cuausa dei vari sistemi di allevamento. Attraverso testimonianze tecniche concrete, con dati utilizzabili e condivisibili, di quanto la gestione "welfare" degli allevamenti, rispetto ad un management intensivo, possa incidere positivamente sia sul profilo nutrizionale ed aromatico dell’alimento agricolo latte, sia su quello nutrizionale ed aromatico dei suoi derivati, quando non retrocesso al mero rango di "merce".

di Gioia BIT
 

Far conoscere il latte, e le sue qualità nutrizionali, è l'aspetto sul quale l’assessore regionale alla politiche Agricole, Leonardo Di Gioia, si è soffermato nei suoi interventi di presentazione. Anche perchè, malgrado il latte sia un pilastro della nostra cultura silvo pastorale, il suo continuo calo nei consumi segnala errate convinzioni, anzichè consolidare il suo posizionamento primario nel regime alimentare di Dieta Mediterranea.

Ad evidenziare il grande valore di “Latte 4.0 Istruzioni per il futuro” i partenariati qualificati dell’evento organizzato da Slow Food Murge e Assessorato Regionale alle Risorse Agroalimentari Puglia, con “Il sogno di Arlecchino - Ricerca e tutela biodiversità” di Altamura, e il patrocinio del Ministero della Salute, Ministero Politiche Agricole, Accademia Georgofili di Firenze, Ist. Naz. Sociologia Rurale di Roma. 

"Produzione agricola", quindi e non più "bene in commercio", perchè come afferma  Michele Polignieri, Responsabile scientifico dell’evento: “Il latte non è soltanto un liquido bianco. E i latti NON sono tutti uguali, o meglio non dovrebbero esserlo. Quando ci siamo messi d’impegno ad analizzare il profilo aromatico dei latti e dei formaggi fatti dai diversi tipi di latte, e poi ci siamo soffermati sui formaggi ottenuti dal latte di vacche felici, ci siamo accorti subito che quel prodotto raccontava storie differenti rispetto a quelle dei latto-derivati: preferisco chiamarli cosi per non parlarne male. Sono quei formaggi reperibili comunemente nella maggior parte dei caseifici regionali in Puglia (ma non solo) e nella maggioranza della Grande Distribuzione Organizzata”.

1 VACCA FRISONA CORNA E PASCOLO
 

"Il benessere animale è un obiettivo possibile - aggiunge Polignieri - ed il rispetto verso le vacche porta a contenuti salutistici a noi consumatori. Il latte è omologato perché gli animali non possono scegliere cosa mangiare, sono in stalla, relegati al ruolo di bio trasformatori di derrate alimentari zootecniche, che quando va bene sono costituite da mangimi con un po’ di fieno, la cui conduzione in regime di allevamento condizionato li condanna al rango di animaloidi produttori di simil latte e simil carne”. Qui la diversità vegetale che plasma prati e pascoli è una pura chimera, ci si rassegna ormai ”a ciò che passa il convento”.

Allora, la qualità dal pascolo fino alla nostra tavola diventa una frontiera da presidiare quatidianamente. Andando a fare la spesa, e osservando - ad esempio - il bastone con i caciocavalli appesi. In apparenza tutti uguali. ma a guardare bene, con qualche secondo di attenzione, notiamo subito la differenza: è il colore. Dipende da come l’animale è stato alimentato: la differenza inizia qui, e non è solo racchiusa nel prezzo.

marilia tantillo
 

Tema affrontato da Giuseppina Tantillo, direttrice della scuola di Specializzazione Ispezione degli alimenti dell’università di Bari, che con “Elementi di valutazione sul rischio igienico-sanitario nella filiera lattiero-casearia”, ha provato anche a suggerire come scegliere fra latte fresco e UHT, oppure latte microfiltrato o ancora senza lattosio. “La caseina è come un enorme gomitolo di proteine fra loro aggrovigliate - ha spiegato la dott.ssa Tantillo  - che richiedono enzimi per essere digerite e che ci affaticano molto. Pertanto il latte parzialmente scremato o scremato non può essere considerato "più leggero per la digestione", poiché il carico di caseina resta, mentre viene solo diminuita la percentuale dei grassi animali (quindi va bene per eventuali diete). Cosa diversa per il calcio che si può assorbire da formaggio e yoghurt, in cui caseine e lattosio sono già digeriti, ma a condizione che sia stato usato il siero innesto e non l’acido citrico. Occhio al latte senza lattosio, perché anche in esso le caseine, difficili da digerire, restano".

Mentre Loreto Gesualdo, direttore Dipartimento di Medicina UNIBA con “Il ruolo del latte e dei suoi trasformati nella modulazione del microbiota intestinale”, ha illustrato che succede nell'intestino col latte e con il suo consumo giornaliero per gli aduti. Puntando l'occhio di bue su di un organo nascosto: il microbiota intestinale.

loreto gesualdo
 

"Un membro della famiglia dei batteri “buoni”, quelli che fanno bene alla flora intestinale e che sono contenuti nel latte fresco pastorizzato. Assente invece nell'Uht, che viene sterilizzato da un trattamento termico che elimina tutta la flora nativa, di cui il nostro organismo ha bisogno per il microbiota intestinale. Insomma - ribadisce Gesualdo - il latte Uht è solo una emulsione di acqua, grassi e proteine quasi senza vitamine, che ha perso la componente salutistica. Il latte di alta qualità fresco pastorizzato ha un maggiore concentrato di siero proteine, utili nutrizionalmente: contengono amino acidi essenziali che il nostro corpo ha bisogno di introdurre con la dieta".

Il latte microfiltrato - d'altro canto, ha aggiunto - NON può essere chiamato fresco perché in esso si va a bloccare la flora nativa (cioè quella probiotica e che fa bene alla salute). Anche in questo caso è un latte sterile e corretto dal punto di vista nutrizionale ma non quello da salutistico. Latte pastorizzato, cioè con trattamento termico a bassa temperatura, significa che ci assicura la base della qualità di ogni alimento che è quella igienico sanitaria: non ci deve fare male".

Rubino Roberto
 

Invece al presidente dell’Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo, Roberto Rubino (celebre per il suo modello di sviluppo zootecnico LATTE NOBILE), è toccato disquisire su quali formaggi fanno bene più di altri. Ma anche di illeciti, che molto spesso vengono dall’estero, ad iniziare dalla materia prima con cui nutrire gli animali - come ha spiegato il generale Giuseppe Giove, comandante Regione Carabinieri Forestale Emilia Romagna - precisando che l’azione dell’Arma è sinergica con il resto dell’UE soprattutto sul fronte della prevenzione.

Altro fronte il grande interesse dei consumatori verso gli alimenti biologici e biodinamici. Dove le differenze, sono rivelate dalle analisi qualitative dei terreni, dei semi di cereali e dei campioni di latte da aziende biodinamiche e convenzionali - come ha evidenziato la professoressa Lucietta Betti del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’università di Bologna - utilizzando un tipo di analisi basata su un approccio di tipo olistico, che considera cioè il prodotto come un “tutto”, non suddiviso nelle singole parti. 

rubino betti lucietta
 

LATTE BOVINO: PUGLIA “CAPITALE” ITALIANA - Va riaffermato il primato della Puglia, quale maggiore polo zootecnico nel Mezzogiorno, in termini di quantità per il latte bovino: che latte produciamo, è il futuro da esplorare. Ecco i dati produttivi del latte bovino italiano in dettaglio:

ITALIA: 11.000.841 tonnellate

PUGLIA: 344.103 tonnellate

SICILIA: 178.549 tonnellate

CALABRIA: 60.290 tonnellate

BASILICATA: 120.022 tonnellate

CAMPANIA: 201.879 tonnellate

MOLISE: 68.956 tonnellate

ABRUZZO: 69.861 tonnellate       (Fonte: Associazione Regionale Allevatori Puglia)

quote latte
 

C'è bisogno di molta educazione alimentare, a partire proprio da un comparto, in profonda crisi come quello zootecnico dove si continua a produrre troppo latte, senza badare alla sua qualità intrinseca e senza condividere con i consumatori i giusti strumenti di conoscenza, per fare la differenza con le loro scelte di acquisto.

Infine, un esempio di come la scienza possa comunicare ai consumatori è rappresentato dal MANIFESTO DELLA MOZZARELLA, le 10 cose da sapere prima di comprarla, che è la sintesi dell’intervento del professore associato Michele Faccia

 

IL MANIFESTO DELLA MOZZARELLA:

LE 10 COSE DA SAPERE PRIMA DI COMPRARLA

  1. Che significa caseificio artigianale? Dipende dalla dimensione aziendale? Non c’entra nulla, pure il piccolo caseificio può usare tecniche industriali o una cagliata pronta.
  2. Trattamento termico: resta una scelta aziendale se fare il formaggio da latte crudo o pastorizzato. Le mozzarelle si fanno solo da latte crudo. Nella tradizione la pastorizzazione non esisteva, è arrivata negli anni ’50-’60. Una conquista per la sicurezza alimentare. Per la tipicità e l’unicità del gusto è senz’altro un appiattimento. 
    mozzarella
     
  3. E il caglio? E’ poco influente per i formaggi freschi, perché serve solo a coagulare.
  4. Occhio all’ingrediente nascosto, che fa la differenza. Non solo la mozzarella ma tutti i formaggi a pasta filata si ottengono con l’acidificazione. Se è industriale si fa per via chimica. Se è artigianale, e avviene in pochissimi casi, c’è la fermentazione.
  5. Quella chimica avviene con un prodotto consentito, a base di acido citrico. Il vantaggio per il produttore è che questa acidificazione rende il prodotto immediatamente pronto per la vendita. Quello con fermentazione è laborioso e dura fino a 4 ore (è il cosiddetto siero innesto naturale). L’etichetta ci aiuta? No, la legge prevede solo l’indicazione della provenienza del latte (italiano, UE ed extra UE che non significa qualità assoluta).
  6. Cerchiamo quello che la legge NON obbliga ad indicare: l’uso di cagliata conservata o importata non è disciplinato. Può essere cagliata conservata e non fresca. Non è obbligatorio indicare l’acidificante ma molti lo indicano, per es. E330 è il codice che equivale all’acido citrico (comunque non tossico).
  7. La differenza, fra mozzarella a lavorazione industriale e artigianale, viene da circa 4 ore di manodopera in più. Chi la produce, pochissimi, la vende a un costo del 10-15% in più.
  8. Perché la mozzarella con lavorazione industriale non è più un alimento leggero e digeribile? Cercate e assaggiate quella artigianale (vera) fatta con fermentazione: quella manciata di ore in più le conferiscono l’80% di lattosio in meno e maggiore digeribilità.
  9. Chiediamo se il latte viene da vacche cresciute al pascolo o chiuse in stalla. Vi sembra strano? No, visto che con le uova di gallina abbiamo già imparato la differenza fra allevamento a terra o in batteria.
  10. Quanti litri di latte ci vogliono per fare 1 kg di mozzarella? Servono 7-8 litri di latte, e allora chiediamoci come sia possibile vendere una (vera) mozzarella da latte fresco a 4.50 al kg!

(A cura del prof. Michele Faccia, docente Associato di Tecnologia Lattiero-Casearia presso Uniba, referente scientifico della Mozzarella di Gioia del Colle in corsa per la DOP, delegato ONAF per la Puglia, profondo conoscitore delle tecniche di produzione dei formaggi a pasta filata).

 

Intervento del DOTT. MICHELE POLIGNIERI (responsabile scientifico evento e presidente Condotta Slow Food delle Murge) su “DALLA QUALITA’ INDUSTRIALE AI BIOMARCATORI DI QUALITA’ NUTRIZIONALE”  

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STORIE DI VACCHE FELICI

Il latte non è soltanto un liquido bianco. E i latti NON sono tutti uguali, o meglio non dovrebbero … Quando ci siamo messi d’impegno ad analizzare il profilo aromatico dei latti e dei formaggi fatti dai diversi tipi di latte, e poi ci siamo soffermati sui formaggi ottenuti dal latte di vacche felici, ci siamo accorti subito che quel prodotto raccontava storie differenti rispetto a quelle dei latto-derivati: preferisco chiamarli cosi per non parlarne male. Sono quei formaggi reperibili comunemente nella maggior parte dei caseifici regionali in Puglia (ma non solo) e nella Grande Distribuzione Organizzata.

Storie fatte di ginnastica funzionale dei soggetti allevati, di benessere animale, di tecniche di lavorazione che aborrono l’uso dell’acido citrico, di locali di affinamento dove lattobacilli e saccaromiceti brulicano briosi sulle pareti della grotta dove i formaggi vengono affinati e, ancor prima, quali componenti della flora nativa, quella cioè che segue il latte dalla sua eiezione mammaria, fino alla caseificazione, naturalmente questa, al riparo da elevate temperature (latte crudo, non pastorizzato, per poterne conservare vitalità ed impronta aromatica).

LATTE TRISTE(MENTE) OMOLOGATO

Perché le mozzarelle hanno tutte lo stesso sapore dalla Romania fino alla Puglia? Il latte è omologato perché gli animali non possono scegliere cosa mangiare, sono in

stalla, relegati al ruolo di bio trasformatori di derrate alimentari zootecniche, che quando va bene, sono costituite da mangimi con un po’ di fieno, la cui conduzione in regime di allevamento condizionato li condanna al rango di animaloidi produttori di simil latte e simil carne. Qui la diversità vegetale che plasma prati e pascoli è una pura chimera, ci si rassegna ormai ”a ciò che passa il convento”.

1 VACCA CAMPANA PASCOLO
 

CASEIFICIO ARTIGIANALE?

Il passo successivo, che rende tutto uguale, sono le tecniche di lavorazione pseudo artigianali anche se ricorrono all’uso dell’acido citrico quale correttore di acidità e di sostanze sbiancanti, come il perossido d’idrogeno, per rendere bianchi i latticini che naturalmente e  logicamente ingialliscono nel tempo.

Questa mozzarella, queste burrate, resteranno inevitabilmente dolciastre in virtù della marcata presenza di lattosio non trasformato, anziché  percepirne le freschezze acidule che riscontriamo, invece, nelle mozzarelle vaccine se lavorate con siero innesto, davvero queste artigianali.

Siamo quello che gli animali mangiano e quello che i casari decidono di farci mangiare.

LA PRODUZIONE ADDOMESTICATA DALL’INDUSTRIA 

1 VACCA PRIMO PIANO PASCOLO
 

E’ il risultato di un sistema  produttivo “latte” che ha addomesticato al potere dell’industria quantità di vacche mansuete, che durano in vita solo 3/4 anni per poi essere “rottamate” e macellate senza aver visto mezzo metro quadrato verde nel corso della loro umile esistenza. Le eccedenze produttive di formaggi, realizzati con  iper produzioni, genetica esasperata e le super razioni a base di mangimi finiscono poi per richiedere l’intervento del Ministero. A cosa serve spingere questi animali se poi non si riesce a venderne il prodotto?

Questa è una zootecnia intossicata, mentre la qualità “relativa” la suggerisce la legge, misurabile questo specchietto che indica i tenori massimi di alcuni valori analitici per cellule batteriche e cellule somatiche. Ma ci parlano più di una qualità industriale che di una vera “Alta Qualità”: carica batterica a 30 o C (per ml) ≤ 100 000 e poi conta di cellule somatiche (per ml) 400 000.

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NUOVO TRACCIANTE DEL LATTE

Occorre, invece, una modifica dello stile di vita ed alimentare delle vacche unitamente alla introduzione di un nuovo  parametro definitivo ed assoluto, vero tracciante: la qualità nutrizionale del latte.

Un obiettivo necessario è trasferire consapevolezza ed informazione reale dei processi

che sottendono alla produzione agricola di questo “nuovo” vecchio e familiare  latte, prodotto cioè nel rispetto della biodiversità e della variazione stagionale dei pascoli,  del germoplasma mediterraneo autoctono e del benessere animale quali traccianti di qualità, sicurezza alimentare e salute ambientale.

Il consumatore va a aiutato a CONOSCERE IL LATTE, aldilà degli spot pubblicitari e del prezzo. Un esempio? La recente campagna a favore del consumo di latte fresco italiano: bene, ma non aiuta a far comprendere che esistono varie fasce di qualità, tutte figlie del sistema produttivo, non delle razze, non dei marchi, non delle DOP,  non dei numeri di cellule somatiche e batteriche, ma solo di ciò che gli animali da latte mangiano, respirano e bevono.

CONSUMATORE CONSAPEVOLE O MASTICATORE?

Ai consumatori consapevoli saranno destinati i CLA, il betacarotene, i flavonoidi e tutti i terpeni che rendono differente il latte di vacche felici ed i suoi derivati, evitando alle razze bovine che lo producono il rischio di una vita non vita, fatta di insilati di mais, panelli di semi oleosi scarto della lavorazione degli olii di semi e fieno ammuffito, fatta di produzione di latte-non-latte, dove finalmente troveremo le sostanze dotate di potere antiossidante e nutrizionale, espressione diretta del sistema di allevamento naturale. Sembra strano come nel 2016, dopo EXPO 2015, ci sia bisogno di ricordare che le vacche sono animali erbivori e che le vitamine colorano il formaggio di giallo.

(gelormini@affaritaliani.i)

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