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'Luca e il bancario', la nota di Marcello Buttazzo

Rocco Boccadamo è un narrastorie sensibile, autore di periodiche pubblicazioni. Negli ultimi 15 anni sono uscite numerose sue opere. Nel recente libro “Luca e il bancario” (Spagine- Fondo Verri Edizioni) conferma, ancora una volta, la sua verve di scrittore accorto, attentissimo alla descrizione dei paesaggi e dei luoghi amati.

Boccadamo Copertina 2016
 

 

Qui a Marittima, Rocco è conosciuto, stimato. Marittima è il suo paese natale. Qui ha trascorso la prima parte della sua vita, la sua infanzia, l’adolescenza, e gli albori della giovinezza. Poi gli eventi dell’esistenza lo hanno portato in giro per lavoro in varie località d’Italia. Ma, a Marittima, Rocco ha lasciato un pezzo del suo cuore, le vene ardite, i sentimenti accesi, qui ha ancorato i vissuti primordiali, qui ha scandagliato l’essenza delle sue radici.

 

A Marittima, ancora oggi, da grande, ha deciso di passare nella sua villetta fiorita “La Pasturizza” momenti salienti e indelebili. Vita di marito, di padre, di nonno. Rocco sa che la scrittura ha una funzione salvifica, è un’ancora di salvataggio, che ci consente, se riusciamo a indagare a fondo il nostro sé, di penetrare sophianaliticamente fra le pieghe vibratili d’amore dell’esistente. Rocco sa che la scrittura serve, tra l’altro, per generare ed edificare ponti di conoscenza. Lui, con i suoi scritti, ha permesso di far conoscere la purezza adamantina dei suoi posti prediletti e la operosità e squisitezza dei personaggi.

 

Pienamente meritato il premio ricevuto, recentemente, a Castro dal nostro Autore. È stato omaggiato un narratore, un uomo, che ha saputo donare alla sua terra tracce vitali. La scrittura è madre, perché ci accoglie fra le sue braccia, a condizione che la si maneggi consapevolmente. E Rocco, senza alcuna asperità, senza alcuna esasperazione del linguaggio e della semantica, con mitezza, con una docilità estrema e primaria, ci conduce in un viaggio continuo fra le zolle rossosangue della sua terra marrone.

 

Rocco ha vissuto e vive ancora un’esistenza giocata e bordeggiata a Marittima, nei paesi vicini, con il riverbero del mare negli occhi, confortato dalla Natura e dagli affetti. Marittima è la sua perla scintillante, sfavillante, la sua predilezione chiara, di cristallina bellezza, con il suo mare incontaminato, utero di sogno. Marittima è la sua storia, la sua filosofia di propositi e di vita, umile, a misura d’uomo. Marittima è una madre, che sa spalancare le braccia, sa dondolare e vezzeggiare le attese, le utopie, le speranze. Rocco, da anni, conferma la sua precipua dote di narrastorie, legato alla memoria che è carne viva.

 

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La sua è narrazione del ricordo, sovente rispolverato con smagliante melanconia. L’Autore sa scavare con passione nei vissuti bambini e giovanili. La sua è narrazione sfolgorante del paesaggio, perché località di incorrotta e inesausta rilucenza come Marittima, Castro, Acquaviva, campeggiano spesso, con storie interessanti che inondano d’amore il cuore.

 

I suoi sono racconti di luoghi benedetti e desiderati, perché nelle pagine di “Luca e il bancario”, i campi d’ulivo, i boschi fatati di virente colore, il mare eternoritornante amore, compaiono con veste anche lirica. Il paesaggio palpita nella penna di Rocco. E la gente d’intorno si veste d’organza. I protagonisti sono contadini, pescatori, calzolai, allevatori, lavoratori. Insomma, quel popolo multiforme e silenzioso che solitamente ha fatto e fa la Storia. La gente speciale che la vulgata superficiale e comune dipinge come marginale, ma che per Rocco ha una centralità assoluta.

 

In “Luca e il bancario”, c’è la esposizione d’una umanità viva, semplice, alacre. Nel paese Rocco, che ha fatto da padrino a tanti piccoli battezzandi e cresimandi, con gioia, si fa chiamare “compare”. Parimenti, lui è stato legato a tante persone anziane d’un certo riguardo, come il contadino compare Vitale. Ed è sempre compartecipe a tutta una galleria di uomini e di donne, che hanno segnato e segnano i suoi giorni e il suo tempo.

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Quella dell’Autore è narrativa degli affetti: il padre Silvio e la madre Immacolata, nella tenera reminiscenza, sono figure che emanano un fulgente lucore. L’universo immaginifico e reale del nostro Autore si vivacizza di tanti protagonisti del popolo: il novantenne Orlando, intento con il suo coltellino a raccogliere bacche e fichidindia; Vincenzo ‘u cuzzune, Vincenzo e il suo asinello dalla lenta andatura; il contadino compare Vitale; ed ancora Consiglio, nachiro (capo ciurma nei frantoi oleari in autunno); Teodoro, avvezzo a far bagni a filo d’acqua. Come non ricordare il cugino Luca, sempre pronto alla battuta e al sorriso. Con pennellate di pura nostalgia, Rocco evoca il tabacchino, che vendeva ogni sorta di generi, presente negli anni ’50 a Marittima. Il tabacchino era frequentato anche da mesciu Miliu, portalettere del paese e sacrestano nel convento della Madonna di Costantinopoli. Altri tempi, di vita essenziale, povera di mezzi materiali, ma ricchissima di supporti spirituali.

 

“Luca e il bancario” è uno spaccato antropologico brioso. E l’Autore segue un registro narrativo classico. Talvolta, si schiudono all’orizzonte lampi lirici di vera poesia. Mi riferisco, in particolare, al paragrafo “Esequie con rondine”. Tempo fa, Rocco s’è recato nella Chiesa di Marittima per tributare insieme ai suoi concittadini l’ultimo e estremo saluto al compaesano Vitale.

 

Vitale, da giovane, andava a pesca con uno zio di Rocco, nei periodi di riposo. La Natura sa essere poeticissima. A un certo punto delle esequie, in Chiesa è entrata una rondine, che s’è messa a piroettare, ha descritto traiettorie imprevedute, disegnato arabeschi. Il volatile s’è posato su un bassorilievo ed ha assistito alla cerimonia funebre. Salutando così il caro contadino Vitale, che tante volte all’alba nei suoi campi aveva incontrato nei giorni di fatica rondini libertarie e selvatiche. Rocco sa scorgere con occhi da poeta la realtà effettuale e la restituisce a noi, depurata del superfluo. Con onestà, ci fa vedere con i suoi scritti una umanità bella e contegnosa, degna d’attenzione. Rocco con tenerezza ci conduce attraverso questi Frammenti di vita salentina.

 

Vorrei dire che mi colpisce, preminentemente, l’anelito francescano dell’Autore, una manifesta esortazione a vivere un’esistenza di piccoli passi quotidiani. E la cifra poetica più sentita risiede proprio nella tendenza di voler tratteggiare con sguardo giustamente benevolo quest’umanità silenziosa e umile, che fa la Storia e la predefinisce, nonostante tutto.

 

Marcello Buttazzo

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