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PugliaItalia
Salento, Frigole: dal mare delusione e sfiducia

Con queste righe "pasquali", vorrei fornire un indicativo contributo per una causa, credo, giusta, utile e impellente.

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Stamani, ho aperto gli occhi con un preciso pensiero: recarmi, più precisamente ritornare, a Frigole, minuscola, e tuttavia ridente, località turistica e balneare sull'Adriatico, a circa dieci chilometri da Lecce, di cui è frazione, o meglio dire, una delle Marine.

Circa trecento i suoi abitanti e, fra essi, una quindicina esercitanti il mestiere di pescatore.

La mia breve trasferta in auto, attraverso quiete campagne che, nel corrente periodo, sono tavolozze di favolosi colori, si è materializzata in un veloce caffè e, come già fatto altre volte in passato, in un salto al porto, un piccolo porticciolo, una darsena di pressappoco venti metri per quaranta (anche se, alle spalle verso l'interno, si succede un'altra invasatura più vasta, che accoglie imbarcazioni da diporto stipate su acqua bassissima e sabbia).

Agli ormeggi in detto porticciolo ho ritrovato le consuete sette o otto barche da pesca, accanto a una ho scorto un pescatore e, perciò, mi sono avvicinato con un saluto/augurio di buongiorno e di Buona Pasqua.

Al che, niente sorriso o segni di gradimento ma, anzi, una reazione decisamente fredda del mio interlocutore: “Caro lei” - chiamandomi maestro - “per me non c'è alcun buongiorno, non esistono né Pasqua, né Natale, né altre feste; le giornate, a questo punto, non mi danno pane, tantomeno me ne danno le ricorrenze. Praticamente, non vivo più e, intanto, tutt’ intorno, soprattutto fra le autorità politiche, amministrative e pubbliche in genere, si nota una generale indifferenza, quasi vivessero su un altro pianeta.

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Poi continua: “Vede signore” - indicandomi la darsena – “questo sito è diventato per me non più un luogo di lavoro e di vita, bensì un ostacolo, una prigione. Non improvvisamente, ma per via di un processo di degenerazione naturale che dura da anni, si è trasformato in una sorta di deserto sull'acqua, non c'è fondale, è tutto insabbiato; i natanti non galleggiano, si trovano poggiati e arenati, è impossibile uscire dalla darsena, i motori arrancano, in pochi mesi mi si è rotta tre volte l'elica, con la conseguenza di alcune migliaia di euro di danno. Sicché, dunque, non mi è dato di lavorare, non riesco a calare le reti da oltre quindici giorni. L’unica speranza rimasta è che arrivi una consistente alta marea e mi consenta di riprendere il largo e di pescare.

I politici, le autorità e gli amministratori sanno benissimo come stanno le cose, ma si limitano a parlare, a dire e a promettere, senza, però, porre in atto alcunché di concreto. Tanta trascuratezza, quando sarebbero sufficienti poche decine di migliaia di euro per dragare e portar via la sabbia che ha invaso tutto e, così, riabilitare la darsena. Se qui non si rimedia, per la nostra categoria sarà la fine. Personalmente, non mi vergogno a dirlo, non avendo ormai neppure l'ombra di risorse, al punto – per inciso – da non poter permettermi un telefonino, ho provato anche a fare la domanda per il reddito di cittadinanza, ma, purtroppo, sono stato escluso in quanto possiedo una modesta casa di abitazione, un tetto, insomma, che mi è costata un’intera una vita di fatica per metterla su, il cui valore è stato stimato leggermente oltre centomila euro”.

Il breve colloquio con il pescatore di Frigole si conclude con la confidenza, dall'uomo, che ha cinquantadue anni di età e che da quasi quaranta lavora sul mare.

Spero che queste note, contenenti la testimonianza di un reale grosso disagio, siano scorse da qualcuno che consideri con sensibilità la vicenda, interessandosene con urgenza; auspico specialmente, che abbiano a prenderne visione i candidati alla carica di sindaco di Lecce.

Rocco Boccadamo

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