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Taranto, polveri sottili: Peacelink incontra il ministro Fioramonti

Questa è la relazione inviata al Ministro della Pubblica Istruzione, Lorenzo Fioramonti, dall'Associazione Peacelink, prima dell'incontro in programma a Taranto c/o il plesso Falcone dell'IC Pirandello.

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Taranto, 21 ottobre 2019

A cura di Alessandro Marescotti (presidente di PeaceLink)

Sintesi della relazione su https://www.peacelink.it/ecologia/a/46931.html

Taranto: polveri sottili ed eccessi di mortalità 

Qual è stato l’impatto reale della copertura dei parchi minerali?

I tre grafici della figura 1 - elaborati con il software Omniscope - indicano l’andamento del PM10 (polveri sottili) e del PM2,5 (polveri molto sottili) nella centralina di via Orsini del quartiere Tamburi di Taranto dal 1° novembre del 2018 al 17 ottobre del 2019. Tale periodo corrisponde alla gestione di ArcelorMittal.

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Il primo grafico rappresenta il PM10 misurato mese per mese con tecnologia ENV.

Il secondo grafico rappresenta il PM10 misurato mese per mese con tecnologia SWAM.

Il terzo grafico rappresenta il PM2,5 misurato mese per mese.

Come si può notare, nonostante l’avanzare della copertura dei parchi minerali, non si è registrata una costante riduzione delle polveri sottili e molto sottili ma una serie di alti e di bassi.

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A colpo d’occhio, guardando i grafici, risulta evidente che il processo di copertura dei parchi minerali non ha bloccato i fenomeni di picco delle polveri sottili nei mesi estivi. Perché questo? Molto probabilmente perché i parchi minerali non sono la sorgente primaria delle polveri sottili: la sorgente primaria delle polveri sottili è negli impianti dell’area a caldo. A emettere le polveri sottili (PM10 e PM2,5) sono i processi produttivi ad altissima temperatura dell’area ghisa, ossia cokerie, impianto di sinterizzazione, altoforni, convertitori e GRF. Sono dunque quelli gli impianti più pericolosi. I parchi minerali sono fonti di polveri più pesanti che si poggiano sui balconi e finiscono per terra nelle case, ma nei polmoni arrivano in profondità le polveri degli impianti dell’area a caldo. E il vero pericolo è quello. E dobbiamo constatare che ArcelorMittal non ha fatto passi in avanti nell’abbattere le polveri sottili.

Facendo le medie dal 1° novembre del 2018 al 17 ottobre del 2019 (periodo di gestione ArcelorMittal) e comparando tali medie con le corrispondenti medie dei dodici mesi precedenti di gestione commissariale (1 novembre 2017 al 31 ottobre 2018) si registra nella centralina di via Orsini Tamburi (la più vicina allo stabilimento siderurgico) un aumento dell’1,79% del PM10 misurato con tecnologia ENV, una riduzione del 2,49% del PM10 misurato con tecnologia SWAM e un aumento dell’1,88% del PM2,5. Sostanzialmente si può notare che la gestione ArcelorMittal non è stata più virtuosa della gestione commissariale per quanto riguarda le polveri sottili nella zona del quartiere Tamburi più vicina allo stabilimento siderurgico, ossia la zona della nota Chiesa Gesù Divin Lavoratore. 

Nei grafici della figura 2 (PM10 e PM2,5 in via Machiavelli nel quartiere Tamburi a Taranto) non si nota alcuna netta diminuzione delle polveri sottili man mano che è andata avanti la copertura dei parchi minerali. 

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L’andamento è evidente e non assomiglia a una discesa ma a un andamento tipo “montagne russe”, legate alle emissioni a volte incontrollate che l’Arpa ha anche denunciato alla Procura.

Possiamo quindi dire - sulla base di questi dati evidenti - che l’avvio della copertura dei parchi minerali non ha avuto l’effetto sperato sulla riduzione delle polveri sottili. Sicuramente la copertura dei parchi minerali ridurrà la polverosità più evidente costituita dalle particelle grossolane, quelle che si toccano con mano e che ricadono al suolo per gravità. Ma non vi sono segnali di riduzione delle polveri sottili che sono così leggere da non ricadere al suolo per gravità: le polveri sottili (PM10 e PM2,5) “galleggiano” nell’aria e sono pericolose proprio per questo. Esse entrano nei polmoni costituiscono la vera minaccia.

Qual è la sorgente primaria dell’inquinamento da polveri sottili a Taranto? 

Nei grafici della figura 3 si rappresenta l’andamento  delle centraline del PM10 a Taranto nel periodo di gestione di ArcelorMittal, dal 1° novembre 2018 a oggi.

Le medie annue (in microgrammi a metro cubo) sono le seguenti: Cokeria 84,1 (arancione); Parchi minerali 39,3 (azzurro); Tamburi via Orsini 29,8 (giallo); Tamburi via Machiavelli 24,7 (rosa); via Alto Adige 22,3 (verde); San Vito 20,4 (azzurro); Talsano 19,6 (viola). Tutte superano il livello raccomandato dall’OMS che è di 20. 

E’ del tutto evidente che più ci si allontana dal polo industriale e più diminuiscono le polveri sottili.

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L’impatto delle polveri sottili sui bambini

Tamburi via Orsini supera il livello di “massima precauzione” di 25 fissato dalla ASL nei “wind days” per cardiopatici, asmatici, immunodepressi, anziani sopra i 65 anni e bambini. Nessun valore a Taranto città supera il limite di 40 fissato dalla legislazione italiana, limite che tuttavia non tutela completamente la salute, come riconosciuto da Arpa Puglia più volte. E questo va sottolineato a maggior ragione in quanto le polveri sottili di Taranto hanno un impatto tossicologico maggiore che in altre città italiane. Lo studio EpiAir2, richiamato dallo studio epidemiologico Sentieri dell’ISS, evidenzia come a Taranto per ogni incremento di 10 microgrammi a metro cubo di PM10 sia associata una mortalità più che doppia rispetto ad altre città italiane. 

Inoltre a Taranto l’ISS (Istituto Superiore della Sanità) ha verificato - con appositi test sulle performance cognitive - che più i bambini che vivono più vicini al polo industriale risultano con quozienti di intelligenza inferiori rispetto a un campione di controllo di bambini che vivono a 15 chilometri di distanza nella zona Talsano San Vito. 

“Taranto è ormai diventata, al di là di ogni dubbio, un gigantesco laboratorio in cui le cavie sono purtroppo gli abitanti e soprattutto i bambini”, ha dichiarato Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo, membro di Isde.

"I ricoveri ospedalieri per le leucemie infantili registrano nell'area di Taranto un trend in aumento nel periodo 2014-2017 per i soggetti fra zero e 19 anni". Lo ha detto in conferenza stampa il ministro della salute Giulia Grillo (ANSA, 24 giugno 2019).

La mortalità aumenta nei quartieri più vicini al polo industriale

“Nei quartieri Tamburi, Paolo VI e Città Vecchia-Borgo, l'eccesso di mortalità complessiva (maschi + femmine) rispetto al riferimento comunale è pari a 78 casi/anno, non attribuibili a differenze demografiche”.

L’eccesso di 78 casi/anno è un dato eloquente che è emerge da una ricerca su Taranto presentata al Convegno dell'Associazione Italiana di Epidemiologia che si è svolto a Lecce il 24-26 ottobre 2018. La ricerca è stata condotta da Valerio Gennaro, Antonello Russo, Stefano Cervellera, Antonella Bruni ed Emilio Gianicolo. La principale fonte dei dati della ricerca è l’Ufficio Anagrafe, con serie storica dall’1/1/2010 al 31/12/2017.

Per tutti i dati si veda il PDF “Osservatorio mortalità” allegato alla pagina web https://www.peacelink.it/citizenscience/a/46000.html

Proseguendo con la stessa metodologia e analizzando i dati dall’1/1/2018 al 31/12/218 la situazione risulta permanere critica. Facendo un raffronto con il dato atteso calcolato su base cittadina, nel quartiere Tamburi per il 2018 si sono osservati 33 decessi in più dell’atteso. Nel quartiere Paolo VI l’eccesso di mortalità è di 31 persone mentre nel quartiere Borgo l’eccesso di mortalità è di 12 persone. Complessivamente l’eccesso di mortalità nel 2018 per i tre quartieri sopra citati, ossia i più vicini agli impianti industriali, è di 76 persone, di cui 55 uomini e 21 donne.

Le emissioni di CO2 dello stabilimento siderurgico 

Vi è infine un aspetto che va oltre la salute delle persone di Taranto e che riguarda il futuro del pianeta. Lo stabilimento siderurgico attualmente gestito da ArcelorMittal è la maggiore fonte di CO2 in Italia se si considerano anche le sue centrali termoelettriche.

Questa la lettera inviata da PeaceLink al presidente del Consiglio Conte il 25 settembre 2019. 

Come tutti noi, anche lei avrà ascoltato le dure parole di Greta Thunberg sui cambiamenti climatici. Le emissioni di CO2 costituiscono una minaccia per il futuro. È bene non avere reticenze e dire tutta la verità. Ma in Italia la verità sulla CO2 non è ancora stata detta tutta.

Un climate monster

In Italia infatti la massima fonte globale di emissioni di anidride carbonica (CO2) è costituita dalla somma della CO2 dello stabilimento siderurgico di Taranto con la CO2 delle sue due centrali termoelettriche connesse. Le scriviamo per comunicarLe i numeri che fanno di tale stabilimento un mostro climatico.

Non a caso i suoi impianti sono ancora sotto sequestro e funzionano solo in virtù di deroghe e di proroghe a base di una lunga serie di decreti legge che non fanno onore all’Italia. Le ricordiamo che lo Stato italiano è stato recentemente condannato dalla Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) per non aver protetto la popolazione. Ciò nonostante ad ArcelorMittal è stata garantita l'immunità penale fino al 2023.

Le scriviamo per sollecitare la sua attenzione sul fatto che lo Stato italiano ha accumulanto un'enorme responsabilità per non aver agito.

Non ha agito per tutelare Taranto. Non solo. Non ha agito per tutelare l'intero Pianeta dal cambiamento climatico, a cui le emissioni di CO2 dello stabilimento siderurgico contribuiscono in modo significativo. Siamo davanti a una fonte emissiva senza pari in Italia. Infatti lo stabilimento siderurgico di Taranto svetta su tutti superando i dieci milioni di tonnellate annue di CO2 se si considerano anche le centrali termoelettriche connesse. I dati che con questa lettera elenchiamo sono di una evidenza scientifica inoppugnabile e vogliono ristabilire la giusta informazione sulle emissioni del ciclo siderurgico integrale.

I dati parziali delle emissioni siderurgiche

La Commissione Europea ha recentemente diffuso un elenco delle principali fonti di emissioni di CO2, sulla base dei dati forniti dagli stati membri. L’ILVA risulta al 42° posto in Europa. L’ILVA risulta inoltre al 4° posto in Italia seconda graduatoria recentemente diffusa:

1. Centrale termoelettrica a carbone di Civitavecchia: 8.100.000 tonn/anno

2. Raffineria (nome e località non specificati): 6.300.000 tonn/anno

3. Centrale termoelettrica a carbone di Brindisi/Cerano: 5.400.000 tonn/anno

4. Stabilimento siderurgico ArcelorMittal Taranto: 4.700.000 tonn/anno

Ma attenzione: in tale elenco mancano le due centrali termoelettriche CET2 e CET3 asservite al ciclo siderurgico di ArcelorMittal.

I dati globali effettivi

Se aggiungessimo alle emissioni ILVA anche le emissioni delle due centrali termoelettriche CET2 e CET3 connesse all’ILVA di Taranto (le cui emissioni di CO2 sono tenute distinte) lo stabilimento siderurgico ILVA - gestito da ArcelorMittal - raggiungerebbe e supererebbe i dieci milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, piazzandosi saldamente al primo posto in Italia. Entrerebbe così anche nella top-ten della classifica europea degli impianti con maggiori emissioni di CO2.

Da un punto di vista tecnico le centrali termoelettriche CET2 e CET3 forniscono energia allo stabilimento siderurgico di Taranto ricevendola a loro volta dal ciclo siderurgico in forma di gas e bruciandola. In tal modo viene emessa un'enorme quantità di CO2 che non figura nell'elenco sopra riportato.

Le centrali termoelettriche dello stabilimento siderurgico soddisfano a costo zero il fabbisogno energetico dello stabilimento siderurgico bruciando i gas di scarico degli altoforni e delle cokerie, in cui un ruolo molto importante gioca il carbone.

I dati “invisibili” della CO2 siderurgica

Questi sono i dati ufficiali più recenti tratti dal sito istituzionale delle centrali CET2 e CET3:

CET2: l’energia elettrica prodotta dall’impianto CET2 è ceduta allo stabilimento siderurgico alla tensione di 66 kV. L’impianto CET2 fornisce, a richiesta, vapore allo stabilimento siderurgico a 2,0 MPa. Ha 3 camini da 120 metri di altezza e dal diametro di 5 metri ognuno. Le emissioni di CO2 (le ultime elencate sul sito nella Dichiarazione ambientale verificata EMAS 2016) sono pari a 3.046.760 tonnellate/anno.

CET3: l’energia elettrica prodotta dall’impianto CET2 è ceduta allo stabilimento ILVA alla tensione di 66 kV e 220 kV, il vapore a 2,0 MPa ceduto allo stabilimento siderurgico (mediamente 140 t/h). Ha 3 camini di diametro 5,5 m e altezza 60 metri. Le emissioni di CO2 (le ultime elencate sul sito nella Dichiarazione ambientale verificata EMAS 2016) sono pari a 2.941.890 tonnellate/anno.

Sommando alle emissioni di CO2 dello stabilimento (4.700.000 tonnellate/anno) anche le emissioni di CO2 delle due centrali termoelettriche CET2 e CET3 (3.046.760 + 2.941.890 = 5.988.650) si ottiene un totale di 10.688.650 tonnellate/anno di CO2 provenienti dal ciclo siderurgico integrale. Con questi numeri lo stabilimento siderurgico di Taranto diventa la prima fonte emissiva di CO2 in Italia.

Perché questa informazione non circola?

Noi siamo convinti che neanche lei, signor Presidente, conoscesse i dati che le stiamo inviando, altrimenti siamo convinti che li avrebbe presi in seria considerazione in vista degli appuntamenti internazionali di questi giorni.

Una scomoda verità su Taranto

Sulla quantità complessiva delle emissioni siderurgiche a Taranto riteniamo che non vi sia la necessaria informazione dell'opinione pubblica nazionale. Vi è anzi una certa reticenza nel divulgarli come dato complessivo globale. E' infatti difficile ammettere scomoda verità: con decreti legge a ripetizione i governi hanno favorito la massima fonte emissiva nazionale di C02. Noi stessi abbiamo avuto difficoltà a calcolare i dati della globali della CO2 che fanno dell'ILVA un climate monster da dieci milioni di tonnellate annue di CO2.

Un appello all'azione

Signor Presidente, la invitiamo ad occuparsi personalmente della massima fonte emissiva di CO2 in Italia: l'ILVA di Taranto. Lei ha detto all’ONU che l’Italia è in prima linea per l'ambiente. Ce lo dimostri spiegando come intende contrastare la minaccia climatica delle emissioni siderurgiche a Taranto. E agendo di conseguenza.

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A questa lettera il presidente Giuseppe Conte non ha ancora risposto. Ha risposto invece ArcelorMittal precisando quanto segue:

“In merito alle emissioni di CO2 ArcelorMittal Italia precisa che “il rapporto tra le emissioni di anidride carbonica e la quantità di acciaio prodotta dallo stabilimento di Taranto è pari a 2,29 ed è in linea con quello degli altri stabilimenti europei”.

Probabilmente ArcelorMittal si riferiva ai suoi stabilimenti europei perché invece a livello internazionale le emissioni sono ben al di sotto del rapporto di 2,29.

Si legge su Siderweb (9 ottobre 2018), che cita dati WordSteel Association, qualcosa che di fatto smentisce quanto dichiarato da ArcelorMittal: “Nel 2017, per ciascuna tonnellata di acciaio sono stati prodotti in media 1,83 tonnellate di CO2 (erano 1,6 nel 2003 e 1,88 nel 2016) e utilizzati 20 GJ (19 nel 2003 e 20,3 nel 2016). «La riduzione delle emissioni è la sfida più grande che sta affrontando l’industria siderurgica – si legge nel report -. Produzione di acciaio utilizzando l’idrogeno, elettrolisi, CCU (Carbon Capture and Use) e CCS (Carbon Capture and Storage) sono alcune delle tecnologie a basse emissioni di anidride carbonica che si stanno sviluppando»”.

 Emissioni di CO2

 Si veda anche https://www.fismicterni.it/ogni-ton-di-acciaio-produce-quasi-il-doppio-di-co2/

Come si può notare la promessa di ArcelorMittal di tagliare in prospettiva del 15% le emissioni di CO2 entro il 2023 nel suo “Addendum” ambientale non riallinea lo stabilimento di Taranto agli standard emissivi di Co2 degli altri stabilimenti siderurgici. Infatti un taglio del 15% porterebbe il rapporto CO2/acciaio a 1,95 mentre la WorldSteel Association parla di un valore più basso: 1,83.

Break-even point

Se lo stabilimento siderurgico di Taranto dovesse aumentare la produzione di acciaio avremmo un aggravamento delle emissioni di CO2 e un peggioramento delle condizioni di salute della popolazione.

Eppure l’aumento della produzione è l’unica strada per compensare le perdite accumulate dalla gestione commissariale e proseguite nella gestione di ArcelorMittal. Lo stabilimento infatti non va in attivo, per il suo gigantismo strutturale, se non raggiunge un elevato “break-even point”.

“Il break-even point di Ilva è stimato attorno alle 22 mila tonnellate giornaliere”, scrive Davide Lorenzini su Siderweb. Il break-even point è il “punto di pareggio” in economia aziendale. Questo significa che sotto gli 8 milioni di tonnellate/anno l’Ilva è destinata ad accumulare perdite e non profitti.

Se questo è il nodo fondamentale di tutta la vicenda, è del tutto evidente che Taranto è il tipico problema che - passando di mano in mano - è destinato a non essere risolto.

E’ comunque inaccettabile che in questa prosecuzione dell’attività - priva di una valutazione preventiva del danno sanitario - si prosegua la produzione dell’area a caldo, garantendo ArcelorMittal con l’immunità penale.   

Taranto è stata scelta come città da sacrificare, supponendo la popolazione incapace di reagire e di comprendere con consapevolezza quanto stava accadendo. E’ stata una scelta nel solco di quello che viene definito dagli studiosi il “razzismo ambientale”. Sul National Law Journal si legge: “C’è una distinzione razziale nel modo in cui il governo degli Stati Uniti bonifica i siti tossici e punisce gli inquinatori. Le comunità bianche vedono un’azione più rapida, risultati migliori e pene più severe delle comunità in cui vivono neri, ispanici e altre minoranze”.

A Taranto è stata destinata la produzione cancerogena dell’ILVA di Genova che i cittadini di Genova avevano giustamente rifiutato. La comunità di Taranto ha acquisito negli ultimi quindici anni una crescente consapevolezza di essere stata scelta come città su cui scaricare ciò che altrove era considerato inaccettabile. 

Ecodidattica, Agenda 2030 e Fridays for Future

Negli ultimi tre anni si è sviluppato nelle scuole un progetto di formazione per docenti e studenti nell’ambito della rete Ecodidattica che ha portato avanti una ricerca pedagogica e didattica finalizzata a congiungere la cittadinanza attiva con la conoscenza del territorio, collocando le sfide locali nell’ambito dell’educazione globale, all’interno dell’Agenda ONU 2030. 

A Taranto sta nascendo dal basso un movimento di autocostruzione di centraline low-cost per misurare in tempo reale il PM10 e il PM2,5. Sarebbe auspicabile dotare ogni scuola di una centralina di monitoraggio, sia esterna sia interna, da far gestire ai bambini e ai ragazzi con la supervisione dei docenti, con un collegamento alla rete, nello spirito dell’IOT (Internet of Things). In tal modo si potrà sapere in tempo reale quando l’inquinamento esterno è superiore a quello interno, in modo da regolarsi di conseguenza.

La scienza e la tecnologie aprono scenari e prospettive incredibili. Aprono alla conoscenza e alla consapevolezza. Aprono al cambiamento. 

Taranto è un laboratorio di creatività che combatte contro l’ignavia e l’indifferenza.

Gli studenti e gli insegnanti, con Fridays for Future, hanno imparato a collegare in modo interdisciplinare i vari elementi del problema locale e globale. La città di Taranto è diventata un laboratorio di cultura ambientale e di cittadinanza attiva che sta scrivendo la sua storia e che la sta raccontando, con libri, film, concerti e rappresentazioni teatrali. Taranto sta facendo cultura elaborando il suo dolore e costruendo una prospettiva di speranza con l’intelligenza, con la scuola e con una forte capacità di resilienza.

Ci auguriamo che quanto qui esposto sia colto da Lei, signor Ministro, nella prospettiva da noi desiderata, perché ai bambini di Taranto sia riservato un futuro umanizzato e felice, mentre ora sono cavie di un esperimento che - con tutte le nostre forze - desideriamo interrompere. 

Ci è di grande insegnamento Albert Schweitzer quando disse: "Non aspettare che le cose succedano, falle accadere".

Prof. Alessandro Marescotti

a.marescotti@peacelink.org

WhatsApp 3471463719

I dati della presente relazione e i grafici sono in alta risoluzione sono su https://www.peacelink.it/ecologia/a/46931.html

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