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'Toto Tolo' spopola in sala: "Zalone, salvaci tu"

di Elena Giuliano

“Si ma non fa ridere come gli altri” è la reazione di qualcuno all’uscita delle sale di tutta Italia, dopo la prima visione del nuovo aspirante campione di incassi “Tolo Tolo” di Checco Zalone. Luca Medici (questo il nome anagrafico), nel 2019 deve aver trovato necessario l’abbandonare i vecchi temi dei suoi film e parte del suo registro comico fondato sull’aspetto più demenziale dell’italiano medio, per parlare invece di umanità e solidarietà.

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È inutile che ci prendiamo in giro, Tolo Tolo è un film politico, che sbeffeggia la condotta degli uomini di stato del nostro Paese ma anche chi l’appoggia. Checco Zalone non è più il razzista omofobo di “Cado dalle Nubi”, ma in qualche modo si scopre, dice la sua. In un lavoro durato due anni, dove le riprese hanno avuto luogo tra l’Africa e l’italia, un maturo Luca Medici lascia indietro il suo storico regista, Gennaro Nunziante, per prendere le redini della direzione del suo film insieme a Paolo Virzì e raccontare il contraddittorio dramma di un italiano che, inseguito dal fisco, si vede costretto a fuggire in Africa per nascondersi.

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La commedia vuole che Zalone si troverà in piena guerra civile, alle prese con la fuga dalle bombe e i carri armati e si confonderà con le centinaia di profughi che tentano il “grande viaggio” verso la salvezza. Probabilmente nessun altro oserebbe spingersi così oltre nell’ironizzare su queste tematiche, ma la mossa di Zalone potrebbe essere stata probabilmente una delle più geniali. A partire dal trailer, dove niente viene svelato - se non una canzone che di fatto ritroveremo solo nei titoli di coda - che racconta poco o niente della reale trama del film.

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Poi l’ironia, quella amara, che in un primo momento infastidisce, ma poi ti fa sorridere. Se non si conoscesse il personaggio e la maschera che Luca Medici è riuscito a creare con la figura di Checco Zalone, probabilmente questo film sarebbe già stato sottoposto alla gogna mediatica. Invece, non si sa come sono tutti fermi, immobili.

Volevamo ridere a crepapelle e invece ci ritroviamo ad asciugarci qualche lacrima. La verità è che forse Checco Zalone così idiota non è. Film dopo film, incasso dopo incasso, ci ha abituati alla sua ironia, ci ha stregati e portati al cinema, convincendoci in qualche modo nonostante il suo linguaggio deciso e spesso difficile da mandare giù. E questa volta in sala c’era di tutto, dalle aspiranti sardine ai militanti della Lega. Erano lì a guardare tutti la stessa cosa: la storia di un italiano che diventa un migrante, le fughe, il carcere e la prigionia, l’orrore. Qui ce n’è per tutti. Checco fugge da un’Italia che ci perseguita con la sua disumanità, che il 2020 ci guidi finalmente verso un porto sicuro. 

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