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PugliaItalia
Uila, Mantegazza: 'Ricostruiamo l'idea di un futuro perduto'

Restituire un futuro al lavoro, all’agricoltura, al paese. Attraverso proposte concrete sul fronte della crescita economica ed occupazionale, con misure specifiche per il Sud e per le imprese che assumono a tempo indeterminato. Mentre sul versante agricolo serve continuare la lotta a lavoro nero e caporalato, riprendere in mano le trattative del Ccnl operai agricoli e proseguire nella tutela del Made in Italy e nella lotta a contraffazione e etichette a semaforo.

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Sono queste in sintesi alcune delle proposte illustrate dal Segretario Generale Uila Stefano Mantegazza nella sua relazione, svolta davanti a oltre 600 delegati provenienti da tutta Italia, al VI Congresso nazionale della Uila “Lavoro, l’alfabeto del nostro futuro” a Carovigno (Brindisi).

“In queste ore difficili ci sembra opportuno consigliare alle forze politiche di Lega e M5S di assumersi la responsabilità di governare il paese - ha affermato Mantegazza a margine del Congresso  - secondo anche quelle che sono state le indicazioni degli elettori. E’ indispensabile che questo avvenga rapidamente per evitare la speculazione finanziaria sui mercati e dall’altro per fare in modo che le esigenze del sistema delle imprese e del lavoro vengano prese in considerazione”.

uil barbagallo
 

“Per quanto riguarda il nostro settore - ha aggiunto Mantegazza - c’è la necessità che Bruxelles garantisca l’invarianza delle risorse a favore della Pac, che si batta più incisivamente contro la contraffazione e contro le etichette a semaforo che danno immagine distorta de nostri prodotti migliori. A livello nazionale abbiamo l’esigenza che il Parlamento assuma tutte le sue funzioni anche perché abbiamo bisogno di una legge per evitare che scatti l’Iva dal 1 gennaio 2019 scelta che comprimerebbe ulteriormente i consumi. Ci auguriamo, quindi, rapidamente la costituzione di un Governo”.

Moltissimi gli ospiti presenti in sala rappresentanti delle organizzazioni datoriali, dei sindacati agricoli e Confederali. In particolare, nel corso della mattinata sono intervenuti, Maurizio Gardini, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, Onofrio Rota, segretario generale Fai-Cisl, Ivana Galli, segretaria generale Flai-Cgil, Mauro Tonello, vicepresidente Coldiretti, Luigi Giannini, presidente Federpesca, Claudio Paitowsky, Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura, Dino Scanavino, presidente Cia, Franco Verrascina, presidente Copagri, Gianni Dalla Bernardina, presidente Cai. I lavori della mattinata, a cui ha portato un saluto anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sono stati conclusi dal segretario generale Uil Carmelo Barbagallo.

 

RELAZIONE VI CONGRESSO NAZIONALE UILA

di Stefano Mantegazza

PREMESSA 

uila pool
 

RICOSTRUIAMO INSIEME L’IDEA DI FUTURO PERDUTO

Siamo alla conclusione di un dibattito che si è svolto in centinaia di assemblee di lega e di azienda, in più di 90 congressi territoriali e in 20 regionali. Ovunque un’ampia partecipazione di lavoratrici/lavoratori e delegati, rappresentanti del lavoro nelle tante filiere che costituiscono oggi, il moderno e complesso sistema agro-alimentare-ambientale italiano.

Abbiamo percorso un lungo cammino e ovunque abbiamo trovato grande consenso alle nostre proposte per una agricoltura di qualità e più in generale per un cibo buono, certo nella sua provenienza, rispettoso dell’ambiente e delle tradizioni locali ed etico in tutte le sue lavorazioni.

Per noi questo viaggio è stato però in primo luogo una straordinaria opportunità di ascolto.

Abbiamo ascoltato persone soddisfatte del proprio lavoro, ma anche tante lavoratrici, spesso sottopagate, che solo attraverso mille sacrifici riescono a conciliare vita privata e professionale; le voci dei giovani che, soprattutto nel mezzogiorno, navigano a vista senza prospettive e certezze. Le preoccupazioni di chi vede il proprio lavoro a rischio, di chi subisce il precariato, di chi vive il dramma della disoccupazione.

Abbiamo toccato con mano le contraddizioni delle periferie urbane e delle piccole comunità rurali, dove è più evidente il bisogno di costruire integrazione e sicurezza.

Sebbene l’impronta del genere umano del XXI secolo sia quella di vivere più a lungo e meglio di ogni generazione precedente, oggi, il sentimento della maggior parte delle persone non è quello di soddisfazione per il benessere raggiunto. Al contrario la sensazione che si percepisce è quella del venir meno di un futuro, il timore di un mondo dove i figli avranno meno possibilità dei padri.

Una convinzione generalizzata nei paesi occidentali ma che in Italia raggiunge livelli preoccupanti a causa del sommarsi di numerosi fattori.

Un debito pubblico gigantesco che paralizza il Paese, riducendo anno dopo anno, le opportunità di investimento e oramai anche la semplice manutenzione dell’esistente.

Una burocrazia che soffoca ogni tentativo di iniziativa pubblica e privata.

Un fisco tanto severo con gli onesti quanto distratto verso gli evasori.

Una crescita modesta rispetto al resto dell’Unione.

Un lavoro precario, sempre più spesso unica alternativa alla disoccupazione.

Una riforma previdenziale che pur avendo fronteggiato in parte la crisi economica, lo ha fatto rinviando l’accesso alla pensione a centinaia di migliaia di persone e, contestualmente, ha tagliato le ali ad altrettanti giovani.

E potrei proseguire…

C’è tutto questo alla base del cupo malcontento che pervade oggi l’Italia e che porta molti a ripiegarsi su sé stessi e a non sprigionare quelle energie sane di cui il Paese dispone. Che spiega indici di abbandono scolastico troppo alti e percentuali di laureati troppo basse.

Spiega perché nascono pochi bambini, perché i giovani non trovano lavoro e i più bravi emigrano e perché uno stipendio quasi sempre non è sufficiente per formare una famiglia.

Spiega anche il risultato delle elezioni del 4 marzo.

Dove il voto di protesta si è coagulato con le richieste di cambiamento.

Nei risultati elettorali abbiamo trovato conferma anche di quello che per l’intera legislatura abbiamo ripetuto in tutte le lingue. Le persone hanno bisogno di veder ascoltate le proprie esigenze, di trovare risposte ai propri problemi: di sentirsi rappresentate.

Chi ha vinto, ha di certo coagulato posizioni ribelliste e di rottura ma ha provato anche a proporre soluzioni, in qualche caso velleitarie, ai problemi reali delle persone.

Chi ha perso, ha pagato nelle urne la distanza fisica, sociale e politica dalle istanze di una società in profonda trasformazione.

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Un messaggio che speriamo sia arrivato forte e chiaro a chi in questi anni ha pensato anche di mettere in discussione i corpi intermedi da chi a più riprese ha attaccato lo stesso sindacato sbandierando la disintermediazione come soluzione a tutti i mali: avete sbagliato e gli elettori vi hanno punito.

Ci stavamo preparando ad interloquire con un nuovo Governo, supportato da una maggioranza inedita. Un confronto sul merito delle proposte, come sempre abbiamo fatto, non certo sul Governo e sulle forze che lo avrebbero sostenuto.

Avevamo studiato con attenzione il contratto di programma, sottoscritto da Lega e 5 stelle. Avevamo condiviso alcune proposte che da sempre sono anche le nostre: riduzione del peso della burocrazia, lotta alla corruzione, efficientamento della giustizia civile, tutela del territorio e valorizzazione del Made in Italy, di cui l’agroalimentare è asse portante.

Eravamo pronti a confrontarci per dare un reddito dignitoso alle troppe persone che ancora oggi vivono sotto la soglia di povertà e per apportare ulteriori miglioramenti alla legge Monti-Fornero.

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LA CRISI ISTITUZIONALE IN ATTO

Lo strappo avvenuto domenica al Quirinale ha cambiato in modo drammatico il percorso che sembrava delinearsi.

Ora di fronte alla necessità di decisioni urgenti, si è aperto un conflitto istituzionale di cui il Paese non aveva bisogno.

Gli animi sono così esasperati che è utile riavvolgere il nastro, per capire cosa è davvero accaduto in questi 80 giorni e quali sono state le cause dell’epilogo che tutti conosciamo.

È necessario questo esercizio perché una volta di più, come diciamo noi della UILA, per scegliere da che parte stare, bisogna conoscere.

I due vincitori del 4 marzo, Movimento Cinque Stelle e Lega hanno avuto tutto il tempo di stendere un “contratto” ricco di provvedimenti, anche se non hanno indicato le fonti di finanziamento. Lo hanno sottoposto ai loro elettori tramite la Rete e i gazebo. Hanno discusso su chi dovesse ottenere l’incarico di Presidente del Consiglio trovando, infine, un accordo su un possibile Premier e probabili Ministri.

Tutto questo percorso è stato accompagnato purtroppo da un continuo e violento attacco alla nostra partecipazione all’Unione Europea, culminata con la designazione al Ministero dell’Economia del Professor Savona, sostenitore della possibilità di uscire dall’euro. Tema tra l’altro mai sottoposto ai cittadini in campagna elettorale.

Il Presidente Mattarella ha proposto due soluzioni alternative alla candidatura del Prof. Savona, suggerendo di affidare il Ministero dell’Economia al Sen. Giorgetti, braccio destro di Salvini, o, in alternativa, l’interim allo stesso Presidente del Consiglio incaricato. Entrambe le proposte sono state rifiutate.

Francamente non comprendiamo la scelta della Lega e dei 5 stelle. È nelle prerogative del Presidente della Repubblica porre il veto sulla nomina di un singolo Ministro, è già accaduto e accadrà ancora. Non era invece finora mai capitato di fare di un singolo Ministro un simbolo invalicabile, rifiutando qualsiasi proposta alternativa.

Dunque siamo onesti: con questa decisione non è stato il Presidente della Repubblica ad uccidere prematuramente il nascente Governo, ma Di Maio e Salvini.

Subito dopo è ripartita una campagna elettorale che si è fatta di ora in ora più minacciosa. Ed è ripartito anche lo spread che non è un numero del maligno o un complotto di chi sa chi, contro di noi. Non è altro che l’indice della fiducia e della credibilità del nostro Paese agli occhi di chi ci deve prestare i soldi per finanziare il nostro debito pubblico, gli investimenti, le pensioni.

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In queste ore in cui l’Italia è in balia dei mercati finanziari, l’accavallarsi di errori strategici, incompetenze e personalismi esasperati danno veramente l’idea che si proceda a tentoni e sembra che la politica abbia smarrito l’intelligenza delle soluzioni a problemi gravi e complessi.

In questo contesto così confuso tre cose chiare le vogliamo dire noi.

La prima: in una crisi istituzionale noi saremo sempre dalla parte della costituzione repubblicana per la quale i nostri padri hanno combattuto e con il presidente della repubblica.

La seconda è rivolta agli amici della Lega e dei 5 Stelle: tornate al Quirinale e assumetevi la responsabilità di dare un Governo al Paese, perché è vero che uno Stato non deve inginocchiarsi davanti alla grande finanza, ma è anche vero che, come è successo nel 2011/2012, la finanza può mettere in ginocchio un intero Paese.

La terza: se non siete in grado di governare, si vada al voto nel più breve tempo possibile.

Non possiamo permetterci mesi di incertezze e di scontri sul piano interno e su quello europeo. Dobbiamo avere tutti a cuore l’interesse del Paese. Per non perdere le opportunità che l’Italia stava iniziando ad afferrare, perché da quelle dipendono crescita e lavoro per tutti noi.

In questo contesto, in questo “tempo di solitudine”, il Sindacato è chiamato ad interrogarsi su come riaffermare un moderno sentimento di comunità e penso che un Congresso sia un’opportunità straordinaria per farlo. Per rimettere le persone al centro del nostro impegno e per riaffermare il nostro ruolo, secondo la nuova/antica strada del sindacato libera associazione, comunità naturale di donne e di uomini.

Per far risalire l’Italia dal piano inclinato lungo il quale si è incamminata. Per riunificare il Paese, intorno ad un progetto condiviso di crescita inclusiva.

Da questa convinzione le riflessioni e le proposte che avanziamo alla politica e alle imprese. Perché insieme si possa ricostruire l’idea di futuro perduta.

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IN PRIMO LUOGO DOBBIAMO SOSTENERE IL NOSTRO EXPORT

L’agroalimentare è il settore più globalizzato: mercati delle merci e del lavoro aperti, produzioni a concorrenza globale, grandi temi politici in gioco, fame, sviluppo sostenibile, uso del suolo, inquinamento globale.

Questa nuova dimensione dell’economia, della società, della politica, è portatrice di problemi e di opportunità.

“Globali” sono diventati problemi come l’ambiente, la salute, la sicurezza, i diritti umani, le diseguaglianze, i terrorismi; ma al tempo stesso diventano accessibili alle imprese più piccole e/o di nicchia mercati lontanissimi e informazioni e innovazioni prima patrimonio esclusivo di poche grandi aziende.

Da questo punto di vista la globalizzazione ha rappresentato in questi anni una grande opportunità per il Made in Italy.

Non dobbiamo dimenticare che quel poco di ripresa che l’Italia registra, lo deve agli straordinari risultati dell’export. Nel 2017 le esportazioni di prodotti made in Italy sono state superiori a 450 miliardi. Un successo. Valgono circa un terzo del Pil.

Occorre, quindi, arginare l’escalation del protezionismo che rappresenta l’altra faccia delle politiche neo-liberiste che tanto male hanno fatto all’Unione Europea, all’Italia e al mondo intero.

Abbiamo bisogno di misure incisive ed efficaci per sostenere le nostre imprese all’estero, perché la crescita va cercata, là dove essa è più forte.

Al nostro Paese serve una politica estera autorevole e coerente che abbia consapevolezza che ormai viviamo tutti in un unico grande “villaggio globale”. E quando dico “coerente” intendo che non si può immaginare di conciliare l’apertura al mondo dei nostri prodotti con la chiusura alle merci degli altri. Bisogna essere consapevoli che le misure protezionistiche alimentano un circuito vizioso, una spirale perversa, con un effetto domino che alla fine pregiudica redditi e lavoro.

Nel villaggio globale dobbiamo anche guardare con attenzione alle scelte delle grandi potenze industriali. Se nel mondo la scelta è quella di produrre più acciaio, in Italia non possiamo chiudere l’ILVA, la più grande acciaieria d’Europa.

Se nel mondo si tagliano le tasse sul lavoro e sulla produzione per creare occupazione, noi dobbiamo fare altrettanto.

unione europea
 

CAMBIARE L’EUROPA

E dobbiamo avere la consapevolezza che la partita non si gioca tra Italia e resto del mondo ma tra Europa e resto del mondo. Non esiste un’alternativa a quella che abbiamo scelto come casa comune di tutti i cittadini di questo continente.

Certo dobbiamo profondamente rinnovarla ma si può innovare senza distruggere. In queste settimane a Bruxelles si decidono scelte che avranno un impatto forte sulla vita di tutti noi. Penso, per esempio, alla futura regolamentazione del sistema bancario e noi purtroppo siamo “out”.

Ci servirebbe un Governo in carica anche per migliorare il “progetto di bilancio” dell’Unione Europea. Di fronte alle nuove sfide: sicurezza, immigrazione, protezione delle frontiere, rivoluzione digitale, intelligenza artificiale, PAC e politiche di coesione ci vogliono maggiori risorse, almeno l’1,3% del Pil. Ci vuole un progetto che preveda fonti di finanziamento autonome e stabili nel tempo. Tanto più dopo la Brexit, la Catalogna e le esternazioni nazionaliste dei governi magiari e polacchi.

Il progetto presentato conferma invece l’attuale identikit della nostra Unione: piccoli passi, stanziamenti con il contagocce, perché la visione delle sfide non riesce più di tanto a superare gli steccati nazionali, con il risultato che lo spazio europeo è condannato ad accontentarsi di risorse residuali, a spartirsi briciole che non possono cambiare il corso delle cose europee. E invece il corso va cambiato.

Dobbiamo costruire alleanze per:

1)    emettere titoli di prestito europei, per realizzare un vero e proprio “Rinascimento dell’Europa Sociale” finanziando ricerca, formazione, realizzando asili, scuole, università, centri per l’impiego, ospedali, case per abitare, residenze per anziani;

2)    garantire risorse adeguate per la politica di coesione. Noi chiediamo però che vadano solo a favore di quegli Stati membri che tutelino e rispettino lo stato di diritto, la libertà di espressione e le garanzie minime a favore di lavoratori;

3)    non ridurre le risorse per la Politica agricola comunitaria (PAC). I pagamenti diretti costituiscono un’importante rete di sicurezza e sostegno al reddito per gli agricoltori e di conseguenza è necessario mantenerli intatti.

Inoltre, ribadiamo, ancora una volta, che il lavoro e la sua tutela devono essere criteri condizionanti per la concessione di contributi comunitari alle aziende.

C’è un problema etico ma anche di dumping tra le diverse aziende agricole dell’Unione che dobbiamo sconfiggere.

La UILA rimane quindi saldamente europeista, convinta sostenitrice dell’euro, ma impegnata a coltivare tutte le alleanze necessarie per cambiare quello che dell’Europa non ci piace.

Agli amici della Lega e dei 5 stelle diciamo: è sbagliata la discussione su “più o meno” Europa. Confrontiamoci su come costruire l’Europa che ci piace.

LA RIFORMA DEL FISCO 

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Il debito pubblico

Perché il nostro nemico non è l’Europa ma il debito pubblico. Oggi paghiamo, a chi presta i soldi all’Italia, 63 miliardi all’anno di interessi; una cifra enorme destinata ad aumentare a dismisura se i nostri creditori dovessero dubitare della nostra solvibilità. Per questo, al contrario di quanto sta avvenendo, occorre un Governo e una maggioranza che rassicuri sulla graduale riduzione del debito pubblico. Precondizione per la crescita e per la nuova occupazione. Per questo occorre un Governo e una maggioranza in grado di promuovere una vera riforma fiscale che obblighi tutti, nessuno escluso, al pagamento delle imposte e che riaffermi l’equità di un prelievo progressivo.

Noi vogliamo un fisco che premi il lavoro e che faccia crescere il valore delle buste paga.

Per questo abbiamo subito detto no alla flat-tax.

La flat-tax, di cui il centrodestra si è fatto paladino in queste elezioni, non è la soluzione giusta: non aiuta chi non ha e premia chi ha già tanto. 

Facciamo alcuni esempi per chiarire, con la flat-tax: fino a 50.000 euro di reddito non cambia quasi nulla. Stessa cosa non si può dire per i redditi più alti. Chi guadagna più di 110.000 euro avrà uno sconto sulle tasse di circa il 21%, che sale al 41% per chi ne guadagna 300.000. 

Un Paese, dove l’ascensore sociale ha smesso di funzionare, dove aumentano drammaticamente le distanze tra ricchi e ricchi e poveri, non ha bisogno di una riduzione fiscale a favore dei più benestanti.

Vogliamo una riforma del fisco che finalmente faccia pagare le tasse agli evasori.

Ci sono almeno 132 miliardi di redditi nascosti, con una perdita di gettito, per la collettività, di 38 miliardi l’anno. Ecco dove trovare le risorse.

Quindi caccia senza quartiere agli evasori e ai grandi capitali nascosti e, per favore, nessun condono.

Ma questo non basta. L’Italia deve cambiare radicalmente la propria politica fiscale, che funziona male e soprattutto a danno di pensionati e lavoratori avvantaggiando così solo e sempre i soliti furbetti. Come farlo? Io penso a un sistema fiscale nel quale il cittadino possa portare in detrazione tutti i beni acquistati e tutti i servizi pagati. Solo così può emergere la ricchezza oggi nascosta e il lavoro, spesso in nero, che la produce.

Allo stesso tempo è necessaria una consistente riduzione del cuneo fiscale tra i più alti fra i paesi industrializzati, per dare al Paese una scossa positiva, anche psicologica e per far ripartire investimenti e consumi.

Occorre che venga subito abbassata e di molto l’imposizione sul lavoro a tempo indeterminato.

Questo è un obiettivo che intendiamo sostenere anche con la mobilitazioni dei lavoratori: il costo dei contratti a tempo indeterminato deve essere strutturalmente più basso del costo di qualsiasi altra forma di rapporto.

Va inoltre ridotta la quota a carico dei lavoratori per contribuire al rilancio dei consumi sul mercato interno.

Così come va rafforzata la detassazione del premio di produttività per favorire la contrattazione aziendale e territoriale e far crescere la produttività. Di certo questa agevolazione ha contribuito alla crescita dello 0,7 della produttività nel 2017, come certificato dall’Istat. Evidentemente si è agito sulla leva giusta.

La Uil presenterà nelle prossime settimane una sua proposta per riformare il sistema fiscale italiano. Lo farà rivolgendosi innanzitutto a Cgil e Cisl, perché è ora che il sindacato unitariamente faccia propria questa battaglia. 

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CAMBIARE LA LEGGE MONTI- FORNERO

In questi anni abbiamo superato alcune delle rigidità, imposte dalla riforma pensionistica Monti-Fornero, conquistando 8 salvaguardie e introducendo l’Ape Social. Abbiamo tutelato così più di 175 mila lavoratori. Inoltre con l’ultima legge di bilancio, siamo riusciti a aumentare il numero dei salvaguardati, attraverso la previsione dei lavori “gravosi” a favore dei lavoratori agricoli e della pesca.

Tutto questo, però, non basta. Dobbiamo ripristinare “quota 100”: chi ha almeno 63 anni e 37 di contributi, deve poter andare in pensione. Così come deve poterci andare chi ha versato contributi per 41 anni.

E bisogna farlo in tempi rapidi.

Non ci convince, però, l’idea che questi interventi possano essere fatti con nuovi debiti e aumentando il deficit del Paese, già oggi mostruoso.

Allora, dove trovare le risorse? In una diversa politica fiscale come detto e sforbiciando una parte degli attuali sussidi, deduzioni, detrazioni e trasferimenti che ammontano a oltre 160 miliardi.

Se così non sarà siamo pronti a metterci in gioco, ad andare nelle piazze con i nostri banchetti a raccogliere tutte le firme necessarie a cambiare una riforma iniqua.

LA CRESCITA

Al Paese serve una proposta concreta sul fronte della crescita economica ed occupazionale.

Un tema che deve essere centrale in qualsiasi agenda di chi ha a cuore questo Paese. Non esiste alcun ritorno ad un futuro positivo se non garantiamo all’Italia e alle sue imprese, una crescita forte e duratura e agli italiani un lavoro certo e di migliore qualità.

Abbiamo sempre condannato i tentativi-spot di creare lavoro per decreto, perché non producono altri risultati se non quello di bruciare quantità ingenti di risorse pubbliche.

L’occupazione aumenta solo se cresce la produzione, se aumentano i salari delle lavoratrici e dei lavoratori e se ripartono i consumi. Non ci sono scorciatoie. 

Tante imprese lo hanno capito.

Nel 2017 gli investimenti fissi lordi delle aziende private sono aumentati del 7,3% e buone sono le prospettive per il 2018.

Gli investimenti pubblici al contrario, sono ancora colpevolmente fermi.

Da tutto ciò emerge che è necessario cambiare verso: queste le nostre proposte per provare a farlo.

UN NUOVO MERIDIONALISMO: le proposte UILA

Qualcuno ha definito il recente voto delle aree meridionali “la vendetta dei luoghi che non contano”, altri come protesta “all’umiliazione di sentirsi estrema periferia del Paese”. Qui, la concentrazione degli effetti della crisi sulle fasce più deboli della popolazione, sui giovani costretti a emigrare e sulle famiglie a basso reddito, hanno fatto emergere un grido di dolore che non possiamo ignorare.

Un grido che ci racconta di un Italia ancora divisa in due, tra un nord che cresce e un sud che soffre.

Abbiamo un Paese che ha tante isole di eccellenza ma a causa di politiche sbagliate, negli ultimi vent’anni è cresciuto con velocità diverse a seconda della latitudine.

A tutto questo non si può pensare di porre rimedio offrendo mere politiche assistenziali. Ciò che serve, invece, è creare nuova occupazione attraverso investimenti pubblici e privati.

Le imprese hanno bisogno di sapere se verrà mantenuta la clausola che garantisce al Sud il 34% del totale degli investimenti delle amministrazioni pubbliche.

Vogliamo conoscere come si intendono impostare le prossime politiche regionali con i fondi strutturali e con il Fondo sviluppo e coesione.

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Abbiamo bisogno di saperlo ora, l’economia non aspetta i tempi della politica.

È urgente che si traducano rapidamente in cantieri le risorse previste dal piano “connettere l’Italia”.

Dobbiamo attrarre investimenti anche dall’estero. Serve premiare e sostenere chi decide di investire in zone fortemente svantaggiate.

Bisogna garantire alle imprese che aumentano l’occupazione a tempo indeterminato la totale esenzione dal pagamento dei contributi sociali. Sia chiaro non a chiunque effettui assunzioni, ma solo per le imprese che, anno su anno, dimostrano di avere più dipendenti.

Con questi interventi daremo una prospettiva nuova al Meridione e realizzeremo l’obiettivo di un domani migliore.

Dice il saggio e noi con lui: quando la porta del futuro sembra chiusa è il momento di cercare le chiavi delle case che abbiamo sempre sognato e noi le troveremo insieme.

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IL SETTORE AGRO-ALIMENTARE

L’agroalimentare italiano non ha tradito la sua vocazione anticiclica, è cresciuto in termini di valore aggiunto e la redditività si è mantenuta costantemente al di sopra della media degli altri settori.

Anno dopo anno, ha inanellato un successo dopo l’altro, vale 137 miliardi di euro, ne esporta per 32 miliardi e promette di fare ancora meglio nel 2018, promettendo di assumere 45.000 persone nei prossimi 5 anni. Noi contribuiremo a realizzare questo obiettivo.

Anche in agricoltura cresce l’occupazione e si diffondono le tecnologie digitali e aumentano le aziende gestite da under 40.

Ovunque nel Paese identità e vocazioni locali diventano decisive nelle produzioni e nei lavori: pensiamo ai tanti prodotti DOP e IGP che contendono spazi alle multinazionali.

Ieri, qui la COPAGRI ha proposto le eccellenze delle sue produzioni. Anche io sono rimasto colpito non solo dalla qualità delle produzioni ma dalla consapevolezza delle opportunità di crescita attraverso il web di tante piccole e medie aziende.

Crescono gli accordi di filiera dal campo fino alla tavola e su questo tema, dovremmo aprire una riflessione anche con FAI e FLAI.

Crescono inoltre le attività collaterali come l’Agriturismo, il contoterzismo, le energie rinnovabili e i servizi collegati.

Noi chiediamo alla politica più attenzione verso il nostro settore perché pensiamo possa essere uno dei grandi motori di sviluppo per la crescita.

Una crescita inclusiva - che riduca le diseguaglianze, colmi i divari e superi i dualismi – sostenibile - che rispetti l’ambiente e consideri il risparmio energetico un fattore di sviluppo – sociale - che metta al centro la persona e ricerchi il benessere di chi lavora.

Occorre sostenere questa crescita:

1)    attraverso un intervento immediato per non far scattare le clausole di salvaguardia dell’IVA a partire dal 1° gennaio 2019. È una scelta obbligata per sostenere i consumi interni;

2)    tutelando il made in Italy agro-alimentare dalla contraffazione, una partita da 90 miliardi l’anno. Se l’Italia si riprendesse un terzo di questa ricchezza, il nostro export raddoppierebbe;

3)    difendendo i nostri prodotti da chi cerca di condizionare le scelte dei consumatori con il sistema delle etichette nutrizionali a semaforo, in vigore in alcuni paesi europei. Queste etichette bocciano, come non salubri, prodotti come l’olio extra vergine d’oliva o il prosciutto di Parma. È inaccettabile;

4)    insistendo nel percorso delle etichettature che devono indicare l’origine della materia prima e il luogo di trasformazione: trasparenza, qualità, eticità sono le nostre risorse nei confronti dei consumatori di tutto il mondo.

Al sistema delle imprese chiediamo di crescere di più in termini dimensionali e di organizzarsi meglio per raggiungere i consumatori di tutto il mondo, chiediamo un impegno certo per introdurre una etichettatura sociale che valorizzi agli occhi dei consumatori la dignità del lavoro.

Serve un governo più incisivo della risorsa acqua sia ai fini irrigui che della prevenzione del dissesto idrogeologico.

Dobbiamo pretendere, insieme a Flai e Fai, un piano nazionale che renda la gestione del nostro patrimonio forestale un’occasione di ricchezza attraverso l’uso produttivo del legname e la cura dei boschi.

Dobbiamo valorizzare le persone che operano nel settore attraverso il rinnovo del CCNL forestale.

Chiediamo infine una nuova e integrata politica del mare: per salvaguardarne le risorse, l’occupazione, la redditività e la coesione territoriale.

Il lavoro deve essere maggiormente tutelato: la pesca va riconosciuta come attività usurante, serve un sistema di ammortizzatori sociali simile a quello agricolo, occorre definire un "codice unico" che razionalizzi e semplifichi tutte le norme legate al settore. Dobbiamo rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva e della bilateralità e proseguire la mappatura dei rischi a cui i pescatori sono esposti per favorire serie politiche di prevenzione.

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LA SFIDA DELL’IMMIGRAZIONE

In Italia vivono oltre 5 milioni di stranieri, l’8,3% della popolazione. Pagano 7 miliardi di Irpef e 11 miliardi di contributi previdenziali.

Ne parleremo più dettagliatamente domani nell’approfondimento che abbiamo previsto.

Voglio però qui sottolineare il nostro impegno costante, che pretendiamo anche dalla politica, per risolvere problemi e contraddizioni reali e favorire l’integrazione e la coesione sociale.

I cambiamenti introdotti nei contratti vanno in questa direzione e danno frutti positivi.

E poi non bisogna confondere il tema della sicurezza che lo Stato deve garantire a tutti, con quello della integrazione con gli immigrati.

Mi spiego meglio: gli spacciatori vanno arrestati al di là del colore della pelle. Chi spara va arrestato, a prescindere dalla sua provenienza. Chi violenta, deve essere perseguito al di là dal suo documento di identità. Non si deve delinquere, non si deve uccidere: i crimini non hanno nazionalità.

Va pertanto rafforzata la presenza dello Stato sul territorio.

50 mila irregolari in più solo nel 2017 costituiscono una zona grigia che deve essere portata alla luce.

Occorre gestire con maggiore razionalità i flussi regolari, favorendo chi ha competenze e attitudini utili al nostro sistema produttivo, puntando all’integrazione con politiche attive mirate, contrastando l’abbandono scolastico per le seconde generazioni e la loro esclusione sociale.

La UILA continuerà a perseguire un percorso di “cittadinanza attraverso il lavoro”.

Accompagnando l’immigrato e la sua famiglia sulla strada dei diritti e dei doveri, di giuste rivendicazioni e di inevitabili responsabilità. È la via del Sindacato, libera associazione di donne e uomini liberi e perciò, anche, “comunità educante” che ha nel rispetto per l’altro e nell’integrazione, i suoi valori fondanti.

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PARITA’ DI DIRITTI PER LE DONNE

Per le donne di questo Paese la strada per la parità dei diritti è ancora lunga: nell’accesso e nella permanenza al lavoro, nella possibilità di avere parità di salario, oggi, e di pensioni, domani.  Non è un caso che secondo gli ultimi dati il 78% del totale delle dimissioni, riguardano lavoratrici madri e che ben il 40% di loro, ha dichiarato di averlo fatto per le difficoltà riscontrate nel conciliare vita professionale e vita privata. Finché le donne saranno considerate un costo aziendale e non una risorsa per le imprese, finché nelle priorità della politica, il loro lavoro resterà al margine e non al centro, non vedremo invertita questa tendenza.

Non dobbiamo e non possiamo più accettarlo.

E noi continueremo ad aumentare le tutele attraverso i contratti e migliorando i sistemi di welfare e siamo orgogliosi di una UILA nazionale sempre più al femminile.

LOTTA ALLA PRECARIETA’ E AL LAVORO NERO 

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Non ci sfugge il disagio sociale di un Paese che vive sempre più di lavori a termine, stagionali, in apprendistato, in somministrazione, a chiamata.

Oggi in Italia abbiamo raggiunto il picco storico di occupazione con oltre 23 milioni di persone ma è diminuito il monte ore complessivo. Cosa significa? Molte più persone, in particolare donne e giovani, non lavorano a tempo pieno. 

In questo scenario, siamo chiamati a fare i conti anche con le novità di “impresa 4.0”.

La quarta rivoluzione industriale è un fenomeno complesso che investe il lavoro: quello che c’è e come cambierà, quello che non ci sarà più e quello che verrà.

Insomma un quadro complicato, che impegna il Sindacato a ripensare tutto il sistema “lavoro”.

La prima battaglia da vincere è quella contro il lavoro nero. “Guai a voi che sfruttate la gente, che sfruttate il lavoro, che pagate in nero, che non pagate il contributo per la pensione, che non date le vacanze. Guai a voi! Fare “sconti”, fare truffe su quello che si deve pagare, sullo stipendio, è peccato”. Non sono io a muovere questa denuncia, ma a farlo è il Santo Pontefice: lo ringraziamo per essere al nostro fianco in questa battaglia.

Proporremo a Fai e Flai di chiedere al Parlamento, quando ne avremo uno operativo, di modificare la legge 199 nella sua parte propositiva.

I primi infatti, che hanno capito che non funziona, sono proprio i caporali, che continuano ad imperversare al Nord come al Sud.

Abbiamo registrato, in questi ultimi tre anni, una certa crescita delle giornate lavorate, segnale positivo ma non sufficiente. È il sintomo di una crescita del settore ed anche di una qualche emersione del lavoro. Ma abbiamo appena scalfito la punta dell’iceberg.

Dobbiamo affidare alle parti sociali la gestione sul territorio dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro d’intesa con le prefetture.

E dobbiamo anche avere la effettiva possibilità di far partire un efficace servizio di trasporto pubblico per i lavoratori verso le aziende. Dobbiamo mobilitarci verso tutta la filiera affinché l’eticità del lavoro sia alla base di un nuovo marketing che proponga ai consumatori di tutto il mondo: un cibo all’insegna della responsabilità sociale.

Sono convinto che i consumatori risponderanno positivamente.

Per questo l’adesione delle aziende alla “rete di qualità” va promossa e sostenuta anche attraverso un’apposita premialità contributiva e/o fiscale.

Dobbiamo regolamentare l’area grigia tra lavoro autonomo e subordinato e i casi in cui è un algoritmo a governare l’organizzazione del lavoro; affrontare il tema delle prestazioni di lavoro eseguite fuori dei locali dell’impresa o con orari articolati, se non intermittenti od occasionali.

Dobbiamo individuare, nella economia dei lavoretti, i confini chiari tra nuovo lavoro precario, neo-sfruttamento e sviluppo di moderne professionalità.

Così come dobbiamo rimettere ordine nella giungla degli appalti al “massimo ribasso”, dove ciò che effettivamente si abbassa è il livello di sicurezza del lavoro, provocando inaccettabili infortuni e morti bianche. Sono oltre 250 i lavoratori morti dall’inizio dell’anno. Dobbiamo dire basta. In un Paese civile non si può morire di lavoro.

uila impronta
 

LA RACCOLTA FIRME DELLA UILA

Le trasformazioni che stanno interessando la nostra società richiedono un aggiornamento dell’attuale sistema di welfare.  Da questa consapevolezza nascono le nostre due proposte di legge di iniziativa popolare sulle quali abbiamo raccolto oltre 140.000 firme.

Il percorso verso la pensione diventerà più agevole per tutti, se verrà approvata la proposta di riforma della NASPI.

L’assegno di disoccupazione non si ridurrà nel tempo, non ci saranno penalizzazioni ai fini pensionistici e chi perderà il lavoro in tarda età, potrà accedere ad un percorso certo che lo accompagni fino alla pensione.

La proposta di legge sulla genitorialità in un Paese come il nostro, con le culle più vuote d’Europa, vuole migliorare le tutele per la famiglia. Non vogliamo più che in futuro ci siano madri che si dimettono dal lavoro per la nascita di un figlio, o peggio, giovani coppie che per gli stessi motivi decidono di non avere figli.

Colgo anche questa occasione per ringraziare tutti voi e insieme a voi tutti i delegati, i quadri e i dirigenti che si sono impegnati perché questa straordinaria avventura si concludesse positivamente.

So quanto sia stato duro convincere le persone a sottoscrivere le nostre proposte ma ce l’abbiamo fatta e abbiamo passato questi sei mesi non solo nelle nostre leghe comunali e dentro le aziende ma nelle piazze, nelle strade con le nostre bandiere e soprattutto con la nostra volontà della ragione. Grazie a tutti quanti voi.

Con la presentazione delle firme a corredo delle due proposte di legge si è chiuso però solo il primo tempo della partita ed ora comincia il secondo: convincere il maggior numero di parlamentari a trasformare in legge le nostre proposte.

Noi abbiamo avuto il coraggio di promuovere la raccolta delle firme, noi abbiamo avuto la determinazione necessaria per realizzare l’obiettivo. Sono doti che non rendono più facile le soluzioni ma le rendono possibili. Ve lo prometto, faremo risultato anche stavolta!!!

IL LAVORO 4.0

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20 anni fa, la UILA decise di cambiare la sua sigla in Unione dei lavori agro-alimentari e propose la definizione di uno Statuto dei lavori, di tutti i lavori, che avesse al centro non le qualificazioni formali dei contratti ma la persona nei suoi percorsi di carriera, dentro continue transizioni occupazionali.

La persona, le sue esigenze, necessità, bisogni, ambizioni e aspettative. Perché il lavoro non è solo fonte di sostegno economico per le famiglie e funzione di produttività per le aziende, ma soprattutto è portatore di dignità per l’essere umano che anche per suo tramite afferma se stesso.

Per questo abbiamo bisogno di una nuova formazione. È sulle competenze che si giocherà la partita del lavoro del futuro.

Ci aiuterà in questo l’Accordo sottoscritto tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil di cui parleremo a lungo nella tavola rotonda di domani, ripercorrendo le tappe che hanno visto, fin dal febbraio 2015, la UIL e la UILA protagoniste.

Un Accordo, che pone al centro la dignità del lavoro e la necessità di aumentare i salari, così come quella di incrementare la produttività e tutelare la competitività aziendale.

E lo fa rimarcando il valore delle relazioni industriali, sottolineando la necessità di addivenire a nuove forme di partecipazione, anche strategiche, delle lavoratrici e dei lavoratori alla vita aziendale e individuando nel contratto nazionale il “centro regolatore” dei diritti e delle tutele delle persone che lavorano.

Con questo Accordo dimostriamo che lo sviluppo sociale ed economico del Paese non dipende dalle promesse elettorali o da iniziative unilaterali ma da quanto imprese e sindacato, in autonomia e cooperando tra loro, sapranno creare in termini di occupazione e di maggiore produzione.

Un Accordo, inoltre, che fa giustizia di quanti pensano a un salario minimo per legge: non ne abbiamo bisogno. Le Parti sono capaci di regolamentare la vita economica e sociale delle imprese e dei lavoratori, più e meglio di quanto pretenderebbe di fare la politica, fatevene una ragione!!

Con questo Accordo facciamo inoltre un bel “marameo” a chi ha predicato il superamento dei corpi intermedi, a chi pensava al dialogo diretto con i lavoratori e le imprese.

Il Sindacato c’è e ci sarà sempre. Nel bene e nel male. Sempre, anche nei momenti più difficili, cercando di tutelare le persone nelle aziende che chiudevano, governando le ristrutturazioni che riducono l’occupazione.

Nella crisi sia pure con tanta fatica abbiamo tutelato il reddito delle persone, rinnovando e difendendo i contratti nazionali da chi li voleva abolire.

UILA
 

Perché sui territori la UILA ci sarà sempre per rispondere alle esigenze di tutela dei lavoratori.

Dobbiamo infine affrontare un ulteriore tema: la redistribuzione del lavoro che c’è. In altri termini in un contesto più ampio di “buona” flessibilità dobbiamo ragionare anche di riduzione di orario di lavoro e di come modularlo in base alle diverse fasi della vita. Una sfida non semplice, ma come sempre siamo pronti a coglierla.

L’insieme di questi elementi fa sì che il Sindacato debba anch’esso cambiare strategia organizzativa: saranno sempre meno i lavoratori che resteranno in un’impresa per tutta la vita. Avranno sempre più esigenze di tutele concentrate su elementi che li aiutino nelle transizioni di carriera, nella conciliazione vita-lavoro, nella formazione. Oggi dobbiamo pensare a un mutamento radicale nelle strategie della rappresentanza e della contrattazione con uno spostamento delle relazioni industriali dal centro alla periferia (azienda e territorio), per cogliere meglio le dinamiche della occupazione e della produttività del lavoro. Dobbiamo cambiare i nostri statuti e i nostri modelli organizzativi per intercettare i nuovi mestieri, i giovani e le dinamiche territoriali.

In questo percorso noi della UILA siamo già un passo avanti. Insieme a FAI e FLAI e d’intesa con il sistema delle imprese, abbiamo definito un forte sistema di relazioni che valorizza il ruolo delle parti sociali e tutela le persone.

L’ENPAIA, costituita nel 1937 è stato probabilmente il primo esempio di una bilateralità capace di tutelare le persone non solo nel loro percorso di lavoro ma anche di vita.

Siamo impegnati a rafforzarla e sostenerla.

Abbiamo creato dal nulla, attraverso i contratti, un sistema di welfare nazionale, territoriale, aziendale che integra le pensioni, interviene in caso di malattia e infortunio, tutela le famiglie in caso di maternità.

Tutto è migliorabile sempre ma dobbiamo essere orgogliosi di quanto abbiamo realizzato.

Abbiamo rinnovato in questi quattro anni, con l’eccezione di quello dei forestali, tutti i contratti nazionali, oltre 20; 83 dei 94 contratti provinciali agricoli, centinaia e centinaia di accordi aziendali e di gruppo.

Il dato che balza agli occhi sono gli incrementi salariali più alti dell’inflazione e un intreccio sempre solido tra produttività e salari per obiettivi.

Solo nelle ultime settimane abbiamo rinnovato il contratto nazionale del contoterzismo, gli accordi di gruppo con Heineken, Campari, Coca Cola, Sigaro Toscano.

A dimostrazione di un sistema negoziale che funziona come un orologio svizzero.

Quando smette di segnare l’ora esatta e mi riferisco al contratto nazionale degli operai agricoli, lo ricarichiamo con scioperi e mobilitazioni.

La rottura delle trattative, avvenuta il 23 maggio su pregiudiziali poste da Confagricoltura, Coldiretti e CIA, va superata, facendo cadere in primo luogo le rigidità che la hanno provocata.

Sul versante della organizzazione del lavoro confermiamo la nostra disponibilità a ragionare su una migliore flessibilità dell’orario settimanale e su accordi aziendali o di gruppo con le imprese più strutturate.

Sugli appalti e sulla applicazione degli impegni che la L. 199 affida alle parti sociali, ci aspettiamo un “SI” incondizionato alla battaglia contro il lavoro nero e contro chi, cooperative senza terra o imprese farlocche, utilizza contratti “pirata” per remunerare lavoratori sfruttati negli appalti.

Chiediamo quindi alle imprese massima coerenza con gli impegni che quotidianamente assumono con le istituzioni.

Faremo un primo sciopero il 15 giugno e altri ancora se saranno necessari, ma l’augurio è che si torni quanto prima a negoziare su posizioni più ragionevoli.

IL NOSTRO IMPEGNO PER L’UNITA’ DEI LAVORATORI

Uila Fico Mantegazza
 

Mi avvio alle conclusioni.

La nostra è una organizzazione che, con orgoglio, cresce attorno ai suoi valori fondanti: il vocabolario del nostro futuro si declina attraverso le scelte di libertà, autonomia, solidarietà, responsabilità, giustizia sociale, nel rispetto delle diversità e delle culture altrui.

Proseguiremo la nostra strada lungo la via maestra del sindacalismo “libero” da ogni “ingerenza partitica, governativa o confessionale”, come dice il nostro Statuto, senza governi, coalizioni o partiti amici. Continueremo a mettere al centro del nostro impegno la persona.

Forti di questi valori avanziamo agli amici e compagni degli altri sindacati una rinnovata proposta unitaria, come è nel nostro DNA: un’unità non ideologica ma fondata sulla concreta operatività sindacale, a tutela e rappresentanza comune dei lavoratori.

Uila Carovigno2
 

UNA ORGANIZZAZIONE RADICATA SUL TERRITORIO

Il modello organizzativo che abbiamo scelto per rappresentare le persone che ci danno la loro fiducia, è lo specchio fedele della nostra identità, è la pietra angolare su cui fondiamo la nostra concreta operatività.

Tanti anni fa abbiamo compiuto una scelta vincente e i frutti si vedono: spostare il baricentro organizzativo, l’asse portante del nostro essere associazione, verso i territori, le leghe e le aziende. Valorizzando sempre le nostre specificità per noi risorsa e non problema. Non ci appartiene la logica dell’egualitarismo omologante, come pure è lontana anni luce da noi quella del lavoratore cliente del “brand” UILA.

Respingiamo l’idea del sindacato supermarket, dove si entra pagando un pedaggio e si esce subito dopo aver acquistato un servizio. No, noi abbiamo un’altra idea: per noi i lavoratori e le lavoratrici sono anzitutto persone e gli iscritti sono donne e uomini consapevoli e motivati, che ci accompagnano, ci aiutano e spesso ci consigliano lungo la difficile strada dei diritti, delle tutele, in una crescita di tutti che è insieme personale e collettiva.

È una strada di successo, è la strada della UILA, su cui intendiamo proseguire il nostro cammino.

PRIMO RAFFORZARE LE STRUTTURE DI BASE 

Coinvolgendo sempre di più le nostre Rsu, i nostri capilega, i nostri operatori nelle scelte che facciamo e nei percorsi di crescita formativa.

La Democrazia per noi non è un lusso, né una perdita di tempo: è, e sarà sempre, il nostro modo di essere e di agire.

FORMAZIONE E POLITICA DEI QUADRI

Uila2
 

Continueremo a implementare la formazione che continuerà ad essere non sono solo doveroso aggiornamento tecnico, ma anche dialogo e confronto con altre culture e innovazioni, occasione di crescita personale e di gruppo: il sindacato è, anche, oggi più che mai, “comunità educante”.

L’USO DELLE RISORSE

Coerentemente con lo spostamento in basso del nostro asse organizzativo, la nostra politica delle risorse proseguirà, rafforzando anzitutto la presenza e il radicamento nel grande, complesso sistema agro-alimentare-ambientale italiano e nei mille, diversi, territori agricoli e rurali di cui è fatto il nostro Paese. Il rafforzamento e la qualificazione della nostra struttura nazionale è nella direzione di servizio, coordinamento e stimolo, alla crescita del territorio.

L'INFORMAZIONE E STUDIO

Siamo impegnati ad avviare una nuova stagione di studi, in particolare attraverso la Fondazione Argentina Altobelli: convinti che il sindacato abbia continuamente bisogno di confrontarsi con i risultati della migliore ricerca: mai fermarsi sulle nostre pur buone idee, mai credere di avere, una volta per tutte, la verità in tasca. La UILA sarà sempre ansiosa di ascoltare e capire le novità, da chiunque provengano.

Rafforzeremo anche le nostre attività di informazione, orientamento e comunicazione.

futuro assistenza
 

IL PAESE, AD UN BIVIO, HA BISOGNO DI FUTURO

Forti dei nostri valori e del nostro progetto organizzativo lavoreremo nei prossimi quattro anni sapendo che la condizione socio-politica che si è creata in Italia deve essere per il sindacato un allarme da recepire ma anche un’occasione straordinaria da cogliere insieme.

C’è un popolo disperso e dimenticato da conquistare alle nostre proposte, c’è uno spazio sociale da occupare e difendere, c’è una scommessa culturale da giocare per ridefinire la nostra presenza in questo secolo.

Noi saremo protagonisti di queste sfide.

Promotori di un nuovo contratto sociale, che sappia trasformare i legittimi bisogni individuali in battaglie collettive rimettendo al centro la giustizia sociale, rispondendo alle solitudini con una idea forte di comunità, dando forma a nuovi diritti ma anche a nuovi doveri e responsabilità per ridisegnare l’idea di Paese che vogliamo lasciare ai nostri figli.

Per proporre una nuova idea di libertà, ricostruendo il nesso profondo tra economia e democrazia.

“Il mare calmo non ha mai fatto buoni marinai”. Ora il mare non è certo calmo ma proprio per questo compagni ed amici vale la pena di navigare insieme. E solo insieme prendere la rotta giusta verso il futuro.

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Pubblicato in precedenza: Uila, Congresso Nazionale Il giorno di Stefano Mantegazza

                                              Uila, Congresso Nazionale 'Il nostro alfabeto del futuro'

                                              UILA, a Carovigno (Br) Congresso Nazionale dal 28/5 al 1/6

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