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Uniba, Mattarella ricorda Moro. Emiliano: 'Leale collaborazione non è cieca obbedienza'

Il testo integrale dell’intervento svolto dal Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università degli St5udi di Bari "Aldo Moro", del quale si celebra quest’anno il centenario della nascita.

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Signor Presidente della Repubblica,

 

i pugliesi Le danno il benvenuto con la semplicità e la mitezza di chi ama e rispetta profondamente le istituzioni repubblicane servendole con passione e fedeltà.

 

Questa, Signor Presidente, è l’Università dove uno dei Padri costituenti, martire della Repubblica, si è formato attraverso lo studio del diritto penale e della filosofia del diritto, in tempi nei quali la libertà era perduta. 

 

Perduta nella perversa convinzione che la Patria dovesse essere salvata dalla crisi sociale ed economica, non attraverso il rafforzamento delle istituzioni democratiche e l’allargamento dei diritti, quanto piuttosto attraverso una restrizione delle libertà individuali e politiche che producesse semplificazione della complessità.

 

In altri paesi invece, in quegli stessi anni, di fronte alle stesse sfide ed alle stesse minacce, attraverso un nuovo patto di solidarietà, si rafforzavano i legami tra le diverse classi sociali aprendo ad una nuova stagione dei diritti al lavoro ed alla crescita sociale, fondando la radicata convinzione che ogni sogno umano potesse essere concretamente realizzato, compreso il diritto alla felicità.

 

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Si ponevano così le premesse, pur con inevitabili contraddizioni e inaccettabili punti di caduta, perché questi Paesi avviassero il più impressionante progresso civile, economico e sociale della storia dell’Umanità dando vita ad un binomio inscindibile tra maggior democrazia e maggior sviluppo economico, da allora mai più contraddetto nei luoghi di reale decisione delle dinamiche mondiali. 

 

Tale progresso è stato connotato dalla volontà di risolvere problemi politici e di competitività economica, favorendo la partecipazione attiva dei cittadini e dei corpi intermedi alle grandi decisioni strategiche. 

Nessuno ha mai più neppure pensato di decidere al centro ciò che poteva e doveva essere deciso in prossimità delle persone che quella decisione dovevano subire o apprezzare e quindi in definitiva attuare.

 

La capacità degli Stati di coniugare il locale ed il globale, per dirla con un termine moderno, divenne la cifra costante degli strumenti costituzionali, anche di paesi non grandissimi, che intendevano così superare storiche divisioni religiose o nazionalistiche che altrimenti avrebbero dato vita a spinte centrifughe foriere di conflitti sanguinosi.

 

Saper tenere insieme le diversità di sesso, razza, origine territoriale, religione in un progetto politico multiculturale che senza cedere al desiderio di omologazione tutelasse le minoranze proteggendole dalla prepotenza della maggioranza, costruiva così, finalmente, l’eguaglianza in modo non formale, ma sostanziale, come azione positiva che rimuove gli ostacoli che ne impediscono l’effettività.  

 

Chissà come a quel tempo dovevano apparire i prodromi di questo futuro al giovane studente della Fuci Aldo Moro! 

Era infatti accaduto l’incredibile nel cuore della vecchia Europa: populismi inizialmente ridicoli e pittoreschi studiati a tavolino, si trasformarono nella peggiore ignominia della Storia dell’Umanità.

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Alcune tra le nazioni che avevano prodotto la gran parte della bellezza e della cultura mondiale si misero nelle mani di ometti in pantaloni alla zuava che, invocando il nuovo, travolsero la civiltà e la stessa umanità restando alla Storia come vergogna imperitura dei Paesi che dettero loro i natali.

 

Eliminando i diritti fondamentali, annichilirono le libertà, obbligando le grandi democrazie al più imponente sforzo bellico della Storia per restituire l’Europa alla democrazia, al diritto, alle libertà religiose, al senso di umanità scomparso nei collezionisti di denti e di capelli nei campi di concentramento della Shoah.

 

Si arrivò a quel punto a ritenere che ogni vittoria calcistica, ogni successo industriale, ogni scoperta scientifica, ogni produzione artistica fossero in realtà merito del regime anziché un dono del genio e del talento umano. 

 

Si arrivò sino al punto di intitolare questa Università al duce del fascismo ancora in vita e solo una recente e meritoria decisione della comunità universitaria barese ha consentito di porre termine a tale incresciosa situazione.

 

Aldo Moro seppe collocarsi dalla parte giusta in tempi in cui molti, per suggestione o per convenienza, ritennero che fosse meglio assecondare questo disegno nel quale l’esaltazione delle masse aveva avuto il sopravvento sulla Ragione, sulla Pietà, sugli insegnamenti della Storia.

 

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Non posso fare a meno di pensare che il riequilibrio nella evoluzione del giovane Aldo Moro sia dovuto a due pilastri della sua vita. Da un lato la formazione secondo i dettami dell’Umanesimo cristiano, dall’altro gli insegnamenti giuridici e filosofici ricevuti in questa Università da maestri del diritto che gli impedirono di cedere alla paura e al carrierismo. Senza per questo venir meno ai suoi doveri verso la Patria che servì in armi pur impegnata in una guerra ingiusta.

 

In questo crogiolo di speranze e di coraggio maturarono in Puglia, tra Maglie e Bari, le sue scelte di vita. 

 

Bari prima città italiana ad insorgere in armi per la difesa del suo porto, in un connubio di militari e popolo, iniziando la guerra di Resistenza il 9 settembre 1943, successivamente martirizzata dai bombardamenti della Luftwaffe del 1943 e del 1944, dall’eccidio di antifascisti di Via Nicolò Dell’Arca fatti per i quali è stata insignita della Medaglia d’oro al Valor Civile.

 

Capoluogo di Regione dal quale Radio Bari trasmetteva la voce della Resistenza e degli Alleati in tutta l’Italia, dove si svolse il primo congresso dei Comitati di Liberazione Nazionale e dove Benedetto Croce lanciò il suo inappellabile giudizio sulla Monarchia compromessa e codarda.

 

In questa Regione nella quale Barletta conquistò la Medaglia d’Oro al Valor Militare col sangue dei suoi cittadini vigliaccamente versato dalle truppe tedesche in ritirata. 

 

Regione dalla quale gli ebrei in fuga dall’Europa con l’aiuto dei salentini poterono ritornare alla Terra Promessa lasciando sugli edifici di Capo Santa Maria di Leuca scritte in ebraico a memoria della loro gratitudine.

 

 

Signor Presidente, Le raccontiamo di noi e della nostra storia recente, omettendo per non tediarLatanti altri eventi ugualmente importanti, perché noi La consideriamo, veramente e senza retorica, non solo il simbolo dell’Unità nazionale, ma anche l’erede più prossimo dello straordinario compendio civile, giuridico, politico del quale stiamo parlando ricordando Aldo Moro.

 

Ecco perché la Sua presenza all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università che ne porta il nome, è una carezza per tutti coloro che hanno giurato fedeltà alla Costituzione cui Aldo Moro, su questi presupposti, mise mano in modo certamente non secondario nell’Assemblea Costituente. 

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Assemblea Costituente che rimane a mio parere sempre il metodo preferibile per ogni mutamento della Carta costituzionale che non sia di mero dettaglio, attesi i limiti dell’attuale art.138 nel momento in cui non sia possibile raggiungere le maggioranze rafforzate previste da detta norma.

 

Le parole, insegna la vita politica di Aldo Moro, vanno misurate e rese conformi al diritto, anche quando non esista sanzione alle violazioni dei doveri imposti dalla Carta Costituzionale.

 

Innanzitutto quello di leale collaborazione che non consiste nella cieca obbedienza, ma nel dovere di cercare sempre una soluzione conforme alle regole che salvaguardi diritti e prerogative di ogni istituzione.

 

“Per quanto si sia turbati, bisogna guardare al nucleo essenziale di verità, al modo di essere della nostra società, che preannuncia soprattutto una nuova persona più ricca di vita e più consapevole dei propri diritti. Governare significa fare tante singole cose importanti ed attese, ma nel profondo vuole dire promuovere una nuova condizione umana.”

 

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Queste le parole di Aldo Moro al XII Congresso della DC il 9 giugno 1973.

La nostra Costituzione nella sua versione originaria rispettava questa finalità di promozione umana. Rappresentava la prospettiva, la visione strategica diremmo oggi, di un intero popolo che si rialzava da una guerra perduta e da una dittatura insopportabile per riprendersi la propria dignità ed il rispetto delle nazioni civili con le quali costruire un futuro di Pace e di Giustizia per tutti.

 

Ecco perché mi auguro che non si vanifichi il metodo basato sull’intesa tra Governo e Regioni che ha assicurato all’Italia, negli anni, prosperità e democrazia, consentendo la realizzazione di grandi opere, importanti infrastrutture e profonde rivoluzioni sociali ed organizzative, assicurando alle minoranze e alle popolazioni residenti un ruolo dialettico e costruttivo con le istituzioni di governo.

 

E soprattutto mi auguro che la sua legittima e forse necessaria modifica non divenga occasione di impropria lotta politica tra fazioni. Non era questo il futuro cui pensava il giovane Aldo Moro e i tanti studenti di questa Università che hanno sacrificato la propria vita per costruire un’Italia migliore.

 

Riecheggia oggi tra queste mura l’esortazione di Moro a vivere pienamente il tempo che ci è dato, con responsabilità, coraggio e fiducia, e soprattutto superando le difficoltà nella comune accettazione delle essenziali ragioni di libertà, rispetto e dialogo.

 

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Pubblicato sul tema: Moro, d’Ambrosio Lettieri (CoR): 'Senso dello Stato e cura della democrazia nel…

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