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Roma
Abusi, violenze e crolli: scuole nella bufera. Istituti di Roma al collasso

di Massimiliano Martinelli

 

Scuole di Roma nella bufera: scandali, abusi e denunce sommergono gli istituti capitolini.

 

Al fatiscente Virgilio, una liceale è finita in ospedale a causa di una tegola “piovuta” dal tetto. Nel mirino finisce anche il prestigioso Istituto Massimo, travolto dalle accuse di abusi sessuali di un docente ai danni di una studentessa 15enne, confermate dallo stesso professore.

Sul banco degli imputati, professori ed edifici preistorici, dove interventi di manutenzione straordinaria ed ordinaria sono quasi un miraggio. Nel Lazio una scuola su tre ha infatti bisogno di interventi strutturali, cioè di una manutenzione costosa e protratta nel tempo. Oltre il 90% delle scuole ha poi bisogno di manutenzione ordinaria, meno costosa di quella straordinaria, ma particolarmente impegnativa perché prevede controlli sistematici ogni settimana, ad esempio su infissi, porte, bagni, infiltrazioni d’acqua e intonaci. La quasi totalità dei presidi ha richiesto interventi manutentivi all’ente proprietario, ma il 20% delle richieste non ha ancora ricevuto risposta. La popolazione studentesca di Roma e provincia vanta circa il 75% dell’intera popolazione della regione, per cui sono oltre 500mila, su un totale di 680mila, i ragazzi romani che ogni mattina combattono con questi problemi. Ad aiutarci a far luce sulla condizione delle scuole di Roma è Mario Rusconi, presidente dell'Associazione Nazionale Presidi – Lazio, che svela ad Affaritaliani.it idee e riforme in cantiere per il rilancio.

Presidente, ci può descrivere lo stato attuale degli istituti scolastici di Roma?

“Quello che salta subito agli occhi è la poca attenzione per lo stato degli edifici. Soprattutto nelle grandi città e nel centro sud, ma non solo. Ho parlato spesso con la
Raggi, con il presidente della commissione competente e con i tecnici. Dicono di conoscere la situazione, ma ne dubito, non hanno neanche una rilevazione precisa dei casi. Dicono di non avere i soldi. Ogni settimana si incentra una campagna elettorale su immigrati o magari sulla razza bianca, ma nessuno vuole mettere mano al portafogli per questi problemi. Alle parole retoriche non hanno mai fatto seguito fatti concreti. In uno stato democratico, la scuola e gli edifici dovrebbero essere la priorità; si parla di stadi di calcio ma non di interventi sulle scuole. Il Lazio è il 9% della scuola italiana. La spesa calcolata per mettere a posto le scuole di tutto Italia si aggira intorno ai 15-20 miliardi. Se facciamo le proporzioni vengono fuori cifre spaventose, quasi 2 miliardi per il Lazio”.

Come reagire in tal senso davanti al “muro” della politica?

“Abbiamo parlato più volte con i tecnici, ma ci troviamo di fronte a un mantra. Rimaniamo perplessi davanti ad investimenti come lo Stadio della Roma, che costa centinaia di milioni. Non c'è differenza di partiti, tutti vogliono il plauso dell'opinione pubblica. Ma più che con i politici, io me la prendo con l'opinione pubblica. La politica dovrebbe essere promotrice di una comunicazione verso l'opinione pubblica, ma troppo spesso recentemente si è andati a rimorchio dell'opinione. In cosa sperare? Affidiamoci a San Giuda Taddeo, il santo dei casi disperati: ci è rimasto solo lui”.

Cosa fa l'Anp di concreto per rilanciare la scuola?

“Di recente abbiamo firmato un protocollo d'intesa tra scuole di geometri di Roma, Perugia e Spoleto. Un modo per vedere e confrontare, edifici, interventi anti-sismici e strumenti diversi di città in città. L'istituto di Perugia è risultato quasi perfetto, anche perché costruito dopo il sisma del centro Italia. Quello di Spoleto invece, che si trova in un vecchio edificio, è obsoleto pericolante. È stato un tentativo di rendere le scuole partecipi, di coinvolgere gli studenti. Un percorso virtuale e virtuoso, ma se gli enti locali poi non ricevono fondi tutto resta virtuale”.

Quali sono le strutture più a rischio a Roma?

“Roma ha due tipi di strutture. La prima conta edifici antichi (più di 60/70 anni) come esempio il Virgilio, che si trova in una struttura del '500-'600. Questi hanno bisogno di interventi massicci, anche perché all'epoca non esistevano misure idonee. Poi ci sono gli edifici recenti ma costruiti al risparmio, con infiltrazioni d'acqua, infissi troppo freddi e troppo caldi. Con sistemi di riscaldamento poi quasi sempre fatiscenti”.

Casi come quello del liceo Tasso e del Massimo hanno sconvolto l'opinione pubblica. Lei che è in qualche “protagonista” del mondo scolastico, cosa ne pensa?

“Stiamo lanciando in tal senso una manifestazione per la scuola che si basa sulla deontologia. Sono tantissimi gli episodi simili che magari non emergono, che non finiscono sui giornali e in magistratura. Manifesto per il codice deontologico della scuola. Per cose come quelle successe al Massimo, al Tasso, c'è un reato penale e una conseguenza precisa, ma noi pensiamo che debba esistere a prescindere un codice deontologico. Dare regole etico-professionali, fare in modo di avere un rapporto sempre corretto con gli alunni. Adesso vogliamo regolamentare l'utilizzo dei social. Noi non siamo protezionisti e bacchettoni, ma vogliamo che si limitino ad un percorso educativo. Senza però riscontri di alcun tipo sull'alunno. Dobbiamo regolamentare il rapporto tra insegnante, studenti e genitori. In questo siamo molto indietro rispetto all'Europa, perché un codice deontologico è stato spesso ritenuto dai sindacati inutile e vincolante. Poi però ci troviamo a fare i conti con episodi di questo tipo, che si rivelano in maniera così pesante”.

Quindi quale sarebbe la sua ricetta per una buona scuola?

“Un codice deontologico che detti le regole all'interno della scuola. Poi un sistema che valuti le performance dei presidi e dei professori. I nostri insegnanti possono giudicare tutti ma non vogliono essere giudicati. Siamo l'unico paese in Europa, insieme alla Grecia, a non averne ancora adottato uno”.

 

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