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Roma
Acea: parte la corsa alle azioni. Aumento del capitale flottante, paura M5S

di Franco Di Grazia *

Acea SpA, dopo l’Assemblea degli azionisti di giovedì scorso, per bocca dell'amministratore delegatoi Alberto Irace, ha chiuso il 2015 con l’incremento del 7% dell’utile netto, pari a circa 175 milioni di euro e  potrà staccare una dividendo di 0,50 per azione (altri 130 milioni). Ma non spiega che sono stati spesi: un milione di euro all’anno per pagare il padre della teoria dei pinguini l’americano di  J.P. Kotter, base del progetto Acea 2.0, che al 31 dicembre 2015 è costato 66milioni di euro e già più di 400mila per “varie consulenze e corsi di formazione” dedicati alla “digitalizzazione dei processi” indirizzati al personale di  ogni ordine e grado. Irace non parla delle “stime milionarie” che compongono i bilanci, del calo del 17% dei Ricavi consolidati, della perdita di quasi un milione di euro per la fuga dei clienti di Acea Energia, delle bollette pazze, delle sanzioni milionarie (oltre 2 milioni e 600 mila euro) comminate dall’antitrust (AGCM), dei distacchi (spesso senza preavviso), delle proteste di migliaia di cittadini romani a piazzale Ostiense, degli interventi quasi quotidiani di polizia e carabinieri etc. etc.
Insomma c’è un quadro pesante agli atti, che viene nascosto e che non scalfisce minimamente l’enfasi sempre usata dal Ceo della multiutility capitolina sulla gestione del Gruppo Acea, pieno di criticità che preoccuperebbero qualsiasi mangers; migliaia e migliaia denuncie degli utenti dei servizi idrici integrati in mezza Italia (Lazio e Campania, Umbria e Toscana) e dei clienti/utenti dell’energia elettrica e per il Trattamento dei rifiuti (inceneritori e discariche). Sanzionate dall’antitrust ( 2 mln e 600 mila euro) Per le attività peggiorate che sono centrate sul progetto Acea 2.0  e dalla Holding di Comune di Roma, sempre di più dispensatrice di bollette pazze, oggi ancor più coniugate con l’aumento delle spese pazze. Uscite che sono caricate nelle bollette dei cittadini ed emesse con l’Autorizzazione dell’Autorità dell’Energia, del Gas e dei Servizi Idrici. Ma non è tutto. I poteri forti (Suez Environement  e Caltagirone), che controllano circa il 30-35 per cento del capitale (del 49% collocato in Borsa) – sempre per bocca di IRACE - dichiarano che sono pronti ad accogliere “altri soldi in borsa” pur di aumentare il flottante.
Tradotto: il fallimento del tentativo di vendere il 21% di Acea sotto Alemanno oggi è solo un ricordo. Inoltre, i “figli e soci” del giglio magico renziano sono ora pronti a rastrellare azioni sul mercato per ottenere il controllo totale del Gruppo Acea SpA erodendo una bella fetta del 51% di proprietà dei romani (ancora in mano al Campidoglio). E’ noto e convinzione generale che il core business (acqua, energia e ambiente) interessa ai francesi di Suez e fa gola al costruttore-finaziere-editore F.G. Caltagirone.  Così, Irace mai domo e fallace, dichiara che “l’Acea è esposta al rischio che deriva dalla ciclicità della politica … e la società soffre di un flottante scarso”. Due affermazioni che sottintendono un chiaro significato: se a Roma vincono i competitors (Movimento 5 stelle) le elezioni amministrative a danno dei nostri padrini politici (che ci hanno sorretti e ci hanno nominati), sarà un disastro. Quindi, il “rischio pacchi finanziari”  non viene declinato ed al suo posto viene enfatizzato che chi vuole puntare sul gruppo deve fronteggiare il rischio politico. I  “risparmiosi” romani, che saranno invogliati ad andare a votare, sono avvertiti anche se la sfiducia dilaga e, giustificatamente, produce disastri che vengono da lontano, con l’attuale management, si potrà scongelare la “leva economico-finanziaria” (rifugiata ormai sotto il materasso) se verrà scongiurato il disastro della Società più importante della cosiddetta Holding del Campidoglio, magari nell’eventuale ballottaggio dl domenica 19 giugno.

* presidente Associazione Piccoli Azionisti

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