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Roma
Alì, migrante innamorato del Vaticano. “Tutti uguali, carne ossa e sangue”

di Rosy D'Elia

Alì ha 36 anni, viene da Al Fashir, in Sudan, e quasi un terzo della sua vita l'ha trascorso a Roma. Anche se l'Europa è un'altra cosa rispetto a come se la immaginava dall'altra parte del mare, della vita che si è costruito in Italia è soddisfatto. Lavora come operatore e mediatore culturale in un centro di accoglienza a Fiuggi, ha un permesso di soggiorno di lungo periodo e da 6 mesi vive con sua moglie, che l'ha raggiunto grazie al ricongiungimento familiare.

La storia di migrazione di Alì comincia nel 2000 nella Libia del regime. "Stavo  benissimo, lavoravo come panettiere". Ma la curiosità dell'Europa è più forte, “Il lavoro, il divertimento, volevo vedere se in Europa fosse davvero tutto così semplice”. Attraversa il mare, Lampedusa, poi Agrigento, Milano, Ventimiglia e finalmente Calais. “Il viaggio mi è costato 1500 dollari, i risparmi di due anni. Nascosto sotto un camion sono arrivato in Inghilterra: 16 ore a sperare che nessuno mi scoprisse, non pensavo a nient'altro. Lì ho lavorato in una fabbrica per 8 mesi, poi sono andato a fare la richiesta di asilo e mi hanno rispedito in Italia".

Alì non aveva fatto i conti con l'accordo di Dublino, per cui è possibile fare richiesta d'asilo solo nel primo paese europeo raggiunto . A Roma è ripartito da zero, ancora una volta. "Mi sono concentrato subito sullo studio della lingua, cercavo di impegnarmi tutta la settimana dalla mattina alla sera. Mi lasciavo libero solo il sabato e la domenica per fare il benzinaio, è stato fondamentale quel lavoro per me. Per la lingua, per i soldi, per tutto". Lo definisce lavoro, Ali, ma il suo impiego era tutto nel presidiare le pompe di benzina self service e il suo stipendio nelle mance degli automobilisti.

"Di mestieri ne ho fatti tanti: pizzaiolo, cameriere, fruttivendolo. Ma lavorare con i disabili è stata l'esperienza più bella, li accompagnavo in vacanza. Siamo sempre concentrati sul lavoro, vogliamo belle macchine, soldi. Ma quando ti confronti con questi problemi dimentichi tutto, pensi solo: grazie a Dio sono in salute. Ho continuato a farlo per anni, anche quando lavoravo a tempo pieno, prendevo le ferie per partire con loro".
“Questa estate sono stato troppo impegnato. Anche fare l’operatore e mediatore culturale mi piace molto, cerco di dare ai ragazzi dei consigli per il futuro. Abbiamo storie simili”, le esperienze, soprattutto le più dolorose, si somigliano tutte. "Da 5 anni posso dire di stare bene. Guadagno 1200 o 1300 euro, dipende dai turni, riesco a pagare l'affitto, a mettere una somma da parte, e a inviare qualche risparmio alla famiglia. Noi sudanesi, anche quando ci sposiamo o viviamo lontano, diamo sempre un contributo alla famiglia. Si parte anche per questo, a volte".

Alì ha la serenità di chi ha costruito la sua quotidianità a passi piccoli e densi di fatica, senza salti. Il suo posto preferito a Roma è il Vaticano, "Sono musulmano, ma non vedo differenza, siamo tutti uguali: carne, ossa e sangue".

(Fotografie di Adamo Banelli)

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