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Roma
Atterrano gli “androdèi” di Pixelpancho. L'uomo è un robot ed è immortale

Nel nome del “Dio Robot”, con i suoi androidi arriva a Roma uno degli street artists italiani più conosciuti e apprezzati al mondo, con oltre 100mila followers su Instagram. I suoi murales e i suoi personaggi colorano i palazzi di tutto il mondo, dalla Russia, al deserto dell'Arizona, a Porto Rico, passando per Istambul, Baltimora e Los Angeles. Dopo aver partecipato ad alcuni dei principali festival di street art, ed aver esposto nelle più prestigiose gallerie d’arte internazionali, in Europa, negli Stati Uniti e in Centro America, tra cui la Hoerle-Guggenheim di New York e Stolen Space di Londra, Pixelpancho porta nella capitale la mostra personale “Androdèi”.

Dal 19 febbraio al 3 aprile diciannove opere trasformeranno la Galleria Varsi in una domus romana: le opere si sostituiranno agli affreschi, la natura prenderà possesso dello spazio in un luogo colmo di suggestioni. Dipinti in acrilico su pannelli di legno, sketch e incisioni su carta e una scultura in gesso, ceramica e ferro per raccontare la riflessione dell’artista torinese sull’uomo, espressa nel tempo attraverso metafore visionarie; una ricerca che si fonda su una rappresentazione fantastica della realtà. E poi Pixelpancho farà un dono al quartiere Primavalle, dove realizzerà un murales, in collaborazione con il collettivo Muracci Nostri e gli artisti e realtà locali. Ma chi sono gli “Androidèi”? All’interno delle opere di Pixelpancho i Robot e gli dèi si incontrano per fondersi in un’unica entità soprannaturale. L’uomo è protagonista senza mai comparire in carne ed ossa, la sua pelle sensibile diviene ferro, il suo animo ingranaggio.

“Il corpo umano è interessante da un punto di vista anatomico, il modo in cui funziona è veramente affascinante e ispira tutti i miei disegni” spiega l'artista. “Spiegare i fenomeni della natura e il ciclo della vita è una necessità intrinseca degli esseri umani che da millenni creano e si appellano a creature supreme per cercare risposte e certezze. Queste creature si evolvono con il passare dei secoli, in relazione alle esigenze legate alle culture che le producono. È in questo senso che l’uomo proietta sui robot il suo desiderio di perfezione e immortalità. I robot non muoiono sono ciò che rimane una volta che ce ne saremo andati. I robot sono i nuovi dèi”. Inserita dal New York Times nella guida “36 Hours in Rome”, la Galleria Varsi è tra le più giovani realtà che producono street culture nella capitale. Nata nel 2013, continua a rivolgere il suo sguardo alla scena underground, accogliendo i migliori artisti del momento. “Punto di forza della Galleria è proprio la continua mutazione che apportiamo allo spazio, tra installazioni e dipinti sui muri interni, dando così la sensazione al fruitore di entrare a contatto direttamente con la visione dell'artista” ha spiegato il fondatore Massimo Scrocca.

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