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Roma
Auto di lusso a prezzi ridicoli: truffavano il fisco evadendo l'Iva: 7 arresti

Auto di lusso e supercar a prezzi folli. Roba da far gola agli appassionati e vendute praticamente senza concorrenza, grazie a una sistematica evasione fiscale. Una specie di concessionaria dei balocchi gestita da un'organizzazione romana che però aveva scelto i Castelli per il proprio mercato.

Così i finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti di 7 persone, accusate di far parte di un'associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale nel settore del commercio di autoveicoli. Parallelamente, sono stati sequestrati beni mobili e immobili per un valore di 14 milioni di euro, riconducibili agli indagati.

Secondo gli investigatori, l'organizzazione, operante tra la capitale e i Castelli Romani, aveva costruito una fitta rete di società fantasma (cosiddette "cartiere") e messo su un enorme giro di fatture false, per importare autovetture di grossa cilindrata, frodare l'Iva e ottenere più ampi guadagni nella rivendita.

L'operazione, convenzionalmente denominata "Need for Speed II" e sviluppata dalle fiamme gialle della Compagnia di Velletri, sotto il coordinamento della Procura, ha permesso di portare alla luce il sistema fraudolento, che ha visto l'utilizzo e l'emissione di fatture per operazioni inesistenti per un imponibile complessivo di oltre 60 milioni di euro, una conseguente Iva evasa per oltre 14 milioni di euro e generato un illecito giro d'affari, tra le decine di imprese operanti su tutto il territorio nazionale interessate alla vicenda giudiziaria, di oltre 600 milioni di euro.

Le indagini avviate a seguito di alcune verifiche fiscali condotte nei confronti di concessionarie rivelatesi esistenti solo sulla carta, sono state sviluppate attraverso intercettazioni telefoniche sulle utenze in uso ai principali responsabili della frode e su un puntuale lavoro di ricostruzione di movimenti finanziari e passaggi societari. I soggetti, anche legati da trentennale vincolo di amicizia e tutti provenienti dallo stesso quartiere capitolino, avevano sviluppato un linguaggio in codice per cautelarsi nelle loro conversazioni (ad esempio, "fare la velina" significava compilare un bonifico per poi annullarlo entro ventiquattro ore), non "soddisfatti" di fare sistematicamente ricorso all'utilizzo di apparati telefonici sempre diversi e con schede intestate ad altre persone, completamente estranee all'organizzazione.

Il sodalizio, che si avvaleva di numerosi soggetti compiacenti, ognuno con un ruolo ben definito (imprenditori, prestanome, faccendieri, commercialisti, società italiane ed estere, consulenti finanziari, avvocati), oltre a frodare il fisco, si garantiva così anche una posizione dominante sul mercato, potendo evidentemente praticare prezzi più vantaggiosi pur tenendo alto il margine di guadagno. L'attività ha portato anche alla denuncia di altre 15 persone.

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