A- A+
Roma
Autonomia differenziata: “Il colpo mortale all'economia di Roma”. L'analisi
Foto LaPresse

di Andrea Catarci *

Autonomia differenziata per Emilia, Lombardia e Veneto. Ecco gli affetti che avrà su Roma: ulteriore impoverimento con l'uscita di migliaia di dipendenti pubblici. Un colpo duro all'economia di Roma già provata.

 

Cosa sono i patti per l’autonomia differenziata

La Ministra per gli Affari Regionali e le Autonomie, la leghista Erika Stefani, ha presentato in Consiglio dei Ministri il patto per l'autonomia differenziata con Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. L'Emilia Romagna avanza la richiesta di 15 deleghe aggiuntive, mentre le altre due Regioni arrivano a 23, reclamando l’attribuzione completa di tutte le aree di legislazione concorrente previste dall’articolo 117 della Costituzione ed ulteriori materie che lo stesso articolo riserva in maniera esclusiva allo Stato, come le ‘norme generali sull’istruzione’ e la ‘tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali’.

Da stime attendibili si ritiene che il trasferimento delle funzioni valga intorno ai 21 miliardi di euro. Nel mucchio spiccano la gestione in proprio del gettito fiscale, che si intende trattenere quasi per intero nel territorio; il passaggio dal Sistema educativo di istruzione e formazione ad una scuola regionale con insegnanti dipendenti dalle Regioni e assunti secondo criteri discrezionali stabiliti dalle stesse; quello dal Sistema sanitario nazionale ad una sommatoria di diversificati sistemi regionali per la salute; la gestione diretta dei fondi - miliardi di euro - per le imprese, degli incentivi per lo sviluppo economico e l’occupazione, delle garanzie pubbliche ai finanziamenti bancari, degli aiuti all’agricoltura, tutti elementi sostanziali da sottrarre alle strutture centrali, Ministeri e Cassa Depositi e Prestiti.

La questione romana

Uno degli effetti dei patti sarà quello di provocare l’ulteriore impoverimento di Roma, visto che gradualmente se ne andranno migliaia di dipendenti pubblici e tutte quelle attività economiche collegate alla vicinanza con i luoghi della decisionalità politica. Insieme, viene duramente colpito il ruolo di Capitale, quello per cui la città eterna non ha mai avuto il dovuto riconoscimento in termini di risorse e funzioni, a differenza delle altre capitali europee che peraltro non hanno nell’ambito comunale la maggior concentrazione al mondo di beni culturali ed archeologici ed un’entità statuale che risponde al nome di Vaticano. Con i pochi provvedimenti approvati si è rimasti a livello di affermazioni di principio e si è ridotto il processo ad un cambio di nome e carta intestata. Eppure è un dato indiscutibile che una comunità cittadina di quasi tre milioni di residenti formali che in realtà sono di più - che ogni giorno diventano quattro per effetti del pendolarismo e del turismo - debba ricevere cure ed aiuti centrali adeguati, per i servizi alla persona e di cittadinanza, i trasporti, il ciclo dei rifiuti, la manutenzione urbana, in modo da convivere serenamente con gli organi di governo nazionali, le sedi delle forze politiche, sindacali e di rappresentanza, le ambasciate ed i consolati, le sedi delle istituzioni internazionali, persino uno Stato estero con il capo della cristianità.

La riforma delle Regioni

Roma, con una superficie che supera i 1.285 chilometri quadrati, comprende nel proprio territorio le 8 maggiori città italiane, Torino, Napoli, Reggio Calabria, Firenze, Milano, Bologna, Genova e Bari, che insieme arrivano a 1.267. Ha una popolazione superiore a quella di undici dei venti Enti regionali. In una logica di razionalizzazione degli interventi e delle risorse, una seria riforma istituzionale dovrebbe rimettere al centro la questione romana ed il tema della ridefinizione di numero e dimensioni delle attuali Regioni, nella consapevolezza che è proprio nella loro dialettica con il governo centrale che si è bloccato il processo di decentramento verso il basso. Lo hanno posto negli anni, in forme e con approcci culturali differenti, parlamentari di vari schieramenti, tra cui Gianfranco Miglio e Roberto Morassut, ragionando sul fallimento della riforma del titolo V della Costituzione che ne aveva accresciuto la potestà legislativa e sull’esaurimento del ruolo propulsivo svolto dal regionalismo introdotto nel 1970. Studiosi di diversi campi, dalla geografia alla statistica, hanno mandato altre autorevoli sollecitazioni in tal senso. Per ora del tutto inascoltati.

Il governo gialloverde sceglie di eludere il tema dell’interesse nazionale e di procedere alla modernizzazione di una piccola parte del Paese, assecondando la richiesta di devoluzione (più o meno) totale avanzata dalle tre Regioni, destinata inevitabilmente ad aumentare il divario del Nord con il Mezzogiorno, a penalizzare Roma amplificandone il declino ed a lasciare inalterata l’inefficienza dei livelli regionali. Non si chiamerà secessione ma i danni che comporterà la scelta dell’autonomia differenziata saranno davvero tanti…

* Andrea Catarci, Movimento Civico

Iscriviti alla newsletter
Tags:
andrea catarciautonomiaautonomia diffrenziataeconomialegaromaroma capitale






Ticket Metrebus a 2euro, Cotral ci ripensa: “Sono solo previsioni di bilancio"

Ticket Metrebus a 2euro, Cotral ci ripensa: “Sono solo previsioni di bilancio"


Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

© 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

Contatti

Cookie Policy Privacy Policy

Cambia il consenso

Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.