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Roma
Caso Cucchi, chiusa inchiesta sui depistaggi: 8 carabinieri a rischio processo

Caso Cucchi. Falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia: sono questi i reati contestati, a seconda delle singole posizioni, agli otto carabinieri coinvolti nell'inchiesta bis sui depistaggi legati al pestaggio del geometra romano di 32 anni morto il 22 ottobre del 2009 all'ospedale Sandro Pertini.

 

L'avviso di conclusione delle indagini, atto che precede solitamente la richiesta di rinvio a giudizio, riguarda tra gli altri il generale Alessandro Casarsa, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma, e il colonnello Lorenzo Sabatino, già responsabile del reparto operativo. Il 415 bis è firmato dal pm Giovanni Musarò e dal procuratore Giuseppe Pignatone.

Tra gli altri militari dell'Arma che sono a rischio processo figurano Francesco Cavallo, già tenente colonnello nonché a suo tempo ufficiale addetto al comando del gruppo Roma, Luciano Soligo, all'epoca dei fatti maggiore e comandante della Compagnia di Montesacro, da cui dipendeva il comando di Tor Sapienza (dove Cucchi venne portato dopo essere stato picchiato al Casilino), Massimiliano Colombo Labriola, luogotenente e comandante di Tor Sapienza, Francesco Di Sano, carabiniere scelto in servizio presso Tor Sapienza, il capitano Tiziano Testarmata, già comandante del nucleo investigativo, e Luca De Cianni, militare autore di una nota di pg.

Casarsa, Cavallo, Colombo Labriola, Di Sano e Soligo sono accusati dalla procura di concorso nel reato di falso ideologico "con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di procurare l'impunita' ai carabinieri della stazione Appia responsabili di avere cagionato a Cucchi, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso". Sabatino e Testarmata, invece, rispondono di omessa denuncia, mentre Testarmata ha anche l'accusa di favoreggiamento. A De Cianni sono attribuiti il falso e la calunnia.

Partì dall'allora comandante del Gruppo Roma Alessandro Casarsa, e poi a cascata a tutta la scala gerarchica dei carabinieri dell'epoca, l'input a modificare due annotazioni di servizio relative allo stato di salute di Stefano Cucchi che, arrestato e picchiato dai carabinieri della stazione Appia la notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009, venne portato in condizioni già critiche presso la stazione di Tor Sapienza, dove venne visto dai carabinieri Massimiliano Colombo Labriola e Gianluca Colicchio. Secondo il capo di imputazione, "Casarsa, rapportandosi con Soligo, sia direttamente sia per il tramite di Cavallo, chiedeva che il contenuto della prima annotazione (redatta da Di Sano secondo cui Cucchi lamentava dolori al costato e che non poteva camminare) fosse modificato nella parte relativa alle condizioni di salute di Cucchi". Cavallo, dal canto suo, "rapportandosi direttamente sia con Casarsa che con Soligo chiedeva a quest'ultimo che il contenuto di quella prima annotazione fosse modificato". Soligo, secondo i pm, "veicolando una disposizione proveniente dal Gruppo Roma ordinava a Di Sano, anche per il tramite di Colombo Labriola, di redigere una seconda annotazione di servizio, con data falsa del 26 ottobre 2009 nella quale si attestava falsamente che 'Cucchi riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura fredda/umida che per la rigidità della tavola del letto ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata per la sua accentuata magrezza' omettendo ogni riferimento alle difficoltà di deambulare accusate da Cucchi".

L'altra ipotesi di falso (contestata a Casarsa, Cavallo, Colombo Labriuola e Soligo) è legata all'annotazione di servizio, sempre del 26 ottobre del 2009, redatta dal carabiniere scelto Gianluca Colicchio (non indagato) che fu "indotto a sottoscrivere il giorno dopo una nota in cui falsamente attribuiva allo stesso Cucchi 'uno stato di malessere generale, verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza', omettendo ogni riferimento ai dolori al capo e ai tremori manifestati dall'arrestato".

Inoltre Sabatino, dopo l'acquisizione degli atti, "si limitava ad elencare la documentazione prelevata presso la compagnia Roma Casilina, la compagnia Montesacro e presso il comando gruppo carabinieri di Roma, omettendo di denunciare la sussistenza del reato di falso ideologico, perseguibili d'ufficio, e omettendo di evidenziare che esistevano due versioni per ciascuna annotazioni del 26 ottobre 2009 e che una delle due era falsa". Dal canto suo, Testarmata "nel redigere la relazione del 12 novembre 2015 ometteva di dare atto di quanto accertato il 5 novembre del 2015 presso il comando stazione di Tor Sapienza in merito al rinvenimento di due versioni per ciascuna annotazione del 26 ottobre del 2009". In virtù di questa condotta, i due ufficiali sono accusati anche di favoreggiamento per aver aiutato i responsabili (del reato di falso ideologico) a eludere le investigazioni dell'autorità giudiziaria. Testarmata poi ha un'altra accusa di favoreggiamento perché "il 4 novembre del 2015, presentatosi presso la compagnia Casilina per acquisire una serie di atti, si rese conto che il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento della Compagnia di Roma Casilina era stato alterato. In particolare, cancellato con il bianchetto il passaggio di un soggetto dalla sala Spis nella giornata del 16 ottobre del 2009 (giorno dell'arresto di Cucchi), Testarmata ometteva di prelevare il registro in originale nonostante fosse stato ripetutamente ed esplicitamente stimolato in tal senso dal maggiore Pantaleone Grimaldi (comandante della compagnia Casilina) e dal tenente Carmelo Beringheli (comandante del nucleo operativo della stessa compagnia)". In questo modo, Testarmata, è il convincimento della procura avrebbe agevolato i colleghi di Roma Appia, responsabili del pestaggio e delle lesioni causate a Cucchi, che poi ne determinarono il decesso.

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