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Roma
Centocelle non ha paura dei roghi. Raggi, sindaco "securitario e inadeguato"

di Andrea Catarci *

“Centocelle non ha paura” recita il manifesto con cui si promuove la seconda passeggiata di autodifesa dopo i quattro incendi dolosi che si sono succeduti, ai danni della libreria caffetteria Pecora elettrica, della pizzeria 155 e del primo pub aperto, il Baraka Bistro.

Le prime fiamme risalgono al 25 aprile scorso e tra gli elementi che avrebbero consentito agli autori di agire indisturbati e di non lasciare tracce è stata indicata l’oscurità della via, da tempo priva di quell’illuminazione arrivata solo di recente. L’ultimo è avvenuto in un contesto nettamente diverso, in una parte rischiarata da lampioni e da locali ancora aperti, dopo che vistose operazioni di controllo della polizia erano andate avanti fino a poco prima, sottolineando la capacità di controllo militare per nulla intaccata. In mezzo, oltre agli altri due roghi, indagini che per ora non hanno portato a nulla o quasi, visto che ancora non c’è nessun indagato e nessuna interpretazione avvalorata da riscontri oggettivi, né la pista politica né quella dello scontro tra gruppi di micro o macro criminalità. In realtà gli abitanti hanno meno dubbi degli inquirenti e convergono sul fatto che si tratti di attacchi di vere e proprie mafie, intenzionate a soffocare le giovani attività commerciali di ristorazione, di svago e cultura avviate a seguito dell’arrivo della metropolitana e dei nuovi residenti, per sostituirsi a esse.

Chiunque ci sia dietro all’infame tentativo di creare il deserto un risultato lo ha già raggiunto, inducendo alcuni dei proprietari colpiti a lasciare le serrande abbassate definitivamente. A loro non è bastato che un pezzo di Roma accorresse a riprendersi le vie e le piazze, ad animare discussioni in capannelli e assemblee, a interrogandosi sui fatti, a dare sostegno a realtà territoriali, cittadini e commercianti. Nel sottolineare come non avessero ricevuto richieste di pizzo e protezione e nel ringraziare tutti, hanno però reputato troppo impari la battaglia contro una mano tanto invisibile quanto incomprensibile e hanno scelto di cambiare zona.

Il presidio democratico di un quartiere vivo e reattivo

Un pezzo di Roma è scesa in piazza e ha percorso le vie e le piazze, animando discussioni in capannelli e assemblee, interrogandosi sui fatti, cercando di portare solidarietà e dare sostegno a realtà territoriali, cittadini e commercianti. Il quartiere ha apprezzato i segnali di vicinanza concreta e contemporaneamente ha reagito con determinazione, tentando di buttarsi alle spalle il senso di smarrimento iniziale e programmando collettivamente le mosse future.

Al centro sociale Forte Prenestino, dal 1986 anima del quartiere e punto di riferimento culturale, artistico e politico della città, si sono recate tante persone con voglia di mettersi a disposizione e di fare qualcosa, dalla discussione per capire meglio alle iniziative concrete. All’ingresso è stato affisso uno striscione che recita “contro spaccio e narcomafie”, rispecchiando la lettura univoca diffusa.

Si sono mobilitati in maniera permanente il Laboratorio sociale autogestito, la Rete antifascista Roma est, il Comitato del parco delle palme, l’Istituto comprensivo di via dei sesami e altre realtà di base e civiche, mentre si sono intensificati i contatti tra i commercianti e gli imprenditori disposti a farsi anch’essi parte in causa, in particolare per l’azione dell’associazione culturale “CentRocelle”.

Gli inquilini dei palazzi adiacenti si sono ripromessi di organizzare feste sui balconi e farsi Sentinelle per Centocelle, tenendo le luci sempre accese, proprio come si vorrebbe fare con le torri-faro che è stato proposto di installare ai margini dell’area verde. Ci sarà tempo per progetti più articolati e per analisi maggiormente approfondite, per ragionare sulle periferie e comprendere come opporsi ai processi di gentrificazione valorizzando gli aspetti positivi delle trasformazioni in atto e riducendo l’impatto di quelle negative. Ora la cosa più importante era rendere visibile una forte risposta democratica e puntualmente è arrivata, con in prima fila le forze sociali, culturali e economiche a richiamare all’impegno i singoli, compresi gli impauriti e gli sfiduciati.

L’inadeguatezza della Sindaca Raggi e del suo approccio securitario

Purtroppo le istituzioni locali non si sono sintonizzate sulla stessa lunghezza d’onda. La Sindaca Raggi, dopo essersi fatta vedere a cena insieme al Presidente M5s del Municipio Boccuzzi - che da parte sua si è limitato a qualche dichiarazione di sorpresa e sgomento -, ha ignorato l’importanza di quel presidio civico permanente che si è configurato a Centocelle. Al contrario, in luogo dello spirito di comunità e del rafforzamento della rete locale ha invocato l’intervento dell’esercito per le strade, esibendo di nuovo quella sorta di mania grillina per cui già in passato si era chiesto di utilizzare il personale in tuta mimetica nella riparazione delle buche delle consolari. Oltre la retorica securitaria, inefficace e incivile, niente di niente. E se è vero che la città è descritta dalle cronache come un grande supermercato della droga con innumerevoli piazze di spaccio e varie organizzazioni in crescita, è altrettanto vero che i suoi anticorpi sono ancora forti, come stanno dimostrando proprio i fatti di Centocelle. Nessuno si sarebbe aspettato soluzioni definitive e conigli dal cilindro, non sarebbe stato ragionevole. Però qualche provvedimento politico-amministrativo per accompagnare la fase di transizione del quartiere si, una Sindaca lo avrebbe dovuto e potuto elaborare e mettere a disposizione, o avrebbe potuto prendere l’impegno di farlo.

Ripartire dalle energie delle “periferie” per far ripartire Roma

Gran parte della città ormai è “periferia”, nel senso che si consolida lontano dal centro storico. Sia i quartieri disegnati intorno al gra e a qualche centro commerciale che quelli storici in cambiamento, per un’infrastruttura di servizio o per aver assunto una nuova funzione nello scacchiere cittadino, hanno bisogno di essere accompagnati nel loro sviluppo. Per questo la Sindaca dovrebbe riflettere sull’urgenza di ripristinare qualcosa di simile al vecchio Dipartimento politiche delle periferie e sviluppo locale, formazione e lavoro, che proprio lei e la sua giunta hanno deciso di sopprimere nell’ottobre 2016. Da allora le funzioni in esso concentrate sono state divise in vari ambiti dell’amministrazione ed è venuta meno quell’attenzione specifica che la macchina capitolina aveva sempre cercato di riservare ai propri territori considerati in difficoltà. Si tratta di una visione impropria e da aggiornare. In realtà in molti casi, a dispetto del degrado a cui si vorrebbe consegnarli definitivamente e delle etichette che con disinvoltura si appiccicano come marchi d’infamia, si tratta di luoghi in cui le difficoltà e le sotto-economie convivono con fenomeni culturali ricchi e innovativi, con una vita sociale densa e articolata, con pratiche innovative ed eversive, con domande e pratiche di partecipazione e cittadinanza. Invece di pensare a trasformare Roma in una specie di Beirut o nella Palermo dei tempi dell’operazione “vespri siciliani” sarebbe essenziale cominciare a puntare sulle enormi energie che sprigionano i quartieri, aiutarli a condensarsi in progettualità e a maturare la forza d’urto necessaria a produrre cambiamenti e rinascite oltre le crisi e i declini attuali. La Sindaca Raggi e i suoi non riescono a capirlo ma un programma di cambiamento autentico per Roma non può eludere il nodo di ritrovare la sintonia

* Andrea Catarci, Movimento civico per Roma

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