Colpiti da infarti e salvati. Miracolo Lazio, qui ci si cura meglio. I dati
Cure accessibili e di qualità, l'inversione di tendenza della sanità regionale
di Luca Lotti
Nel Lazio l’infarto si cura meglio. Lo dicono i numeri: per quello acuto al miocardico la mortalità a 30 giorni dal primo accesso, è diminuita del 2% passando dal 9.8% del 2012 ai 7.9% del 2016. Significa che in pochi anni sono state salvate 220 persone in più.
Ma le buone notizie non finiscono qui: i numeri dicono infatti che anche la piaga della disuguaglianza nell’accesso alle cure tra chi ha un livello culturale più alto e uno più basso è scomparsa. Negli anni scorsi invece questo era il dato che più emergeva: chi non aveva alcun titolo di studio o elementare accedeva alle cure con maggiori difficoltà rispetto ad un laureato. Una diseguaglianza grave che si e protratta per decenni.
Nel 2009/2010, per esempio il divario era del 39% a favore dei laureati, nel 2011/2012 ha toccato il livello massimo sfiorando quasi il 50%. Una divaricazione inaccettabile che ora sembra ricomposta. I due dati sono emersi durante il convegno regionale dal titolo “Risultati e prospettive della rete cardiologica del Lazio” Regione con la partecipazione dei medici delle cardiologie hub e spoke di tutto il Lazio.
A rendere possibile questo risultato i piani di potenziamento della rete cardiologica e la razionalizzazione delle strutture di emodinamica e dell’emergenza con la trasmissione del tracciato cardiologico direttamente dalle ambulanze. Due riorganizzazioni che hanno prodotto una inversione di tendenza radicale: nel 2014 lo scarto dell’ingiustizia era ridotto al 14%, nel 2016 è stato azzerato. Non c’è più differenza, il titolo di studio non pesa più nell’accesso alle cure. E per l’infarto sembra che l’accesso alle cure immediate, oggi sia più garantito a tutti.
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