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Roma
Da Bruno Conti a Che Guevara. Autobiografia di una “Generazione di rimessa”

di Patrizio J. Macci

La generazione che ha visto il passaggio dal NOI all’IO, che ha subito e cavalcato l’esplosione del consumismo sfrenato nel nostro Paese e l’arrivo delle televisioni private si guarda allo specchio nel romanzo di Andrea Catarci “Generazione di rimessa” (Derive Approdi editore).

Scritto in prima persona con un stile caldo e diretto il romanzo percorre la vicenda familiare dell’autore, la cui famiglia parte da un piccolo paese a nord di Roma per condurre il lettore allo scontro finale, che è un evento che ha lasciato una traccia nelle cronache: la battaglia di Montalto di Castro del 9 dicembre 1986 condotta dai Comitati antinucleari, l’assalto al cielo del protagonista.

Nel viaggio narrativo che è costellato da una serie di traslochi fisici, fa capolino la Storia scandita dai miti dell’autore “nella camera condivisa con mia sorella, vicino a un paio di foto della curva Sud e al poster di Bruno Conti, comparivano a poco a poco i ritratti di Rosa Luxemburg e Che Guevara, insieme ai manifesti del Nicaragua Sandinista, del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, del Pkk curdo e delle organizzazioni di baschi e corsi, popoli senza Stato, dei cortei per Valerio Verbano, Walter Rossi”; è una sensazione di straniazione quella che si prova davanti a nomi che per le generazioni attuali non significano più nulla. Catarci non risparmia l’amarezza per gli amici che poi sono diventati diplomatici o economisti, ma riconosce una forza e una determinazione che non ha concesso requie a chi ha voluto proseguire a lottare. La sua generazione ha garantito il passaggio del testimone sotto il fuoco di un cambiamento che ha travolto tutto e tutti.

Se i Sessanta erano stati gli anni di una duplice aspirazione, ancora vaga, a socialismo e libertà sessuale, i Settanta quelli dell’esplosione della conflittualità sociale, il protagonista e i suoi amici sono diventati sempre di più una generazione di rimessa destinata ad essere una minoranza.

La generazione che è stata tacciata di essere quella del “disimpegno” avrebbe avuto orrore se avesse saputo che venti anni dopo i poster dei loro miti sarebbero stati bruciati non dalla contestazione ma “semplicemente” dalla non-conoscenza dei “nativi digitali”. La narrazione di Catarci è disseminata di specchi (intesi come oggetti fisici), sono la sua cifra e la sua dannazione sin dall’infanzia. Ma gli specchi (parafrasando Cocteau) non riflettono mai prima di rimandare un’immagine, sono neutrali. Al contrario della vita.

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