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Roma
Debiti, soldi all'estero e dame bionde. Si uccide ma in tv diventa spystory

di Valentina Renzopaoli

Un colpo di pistola che mette fine ad una brillante carriera, la testa di un manichino per mostrare la traiettoria di un proiettile, i retroscena su presunti incontri con faccendieri, debiti di gioco, soldi, tanti soldi, portati all'estero, rivelazioni sull'esistenza di una misteriosa dama bionda e ripetuti riferimenti ad un atteggiamento di omertà che avrebbe avvolto e coinvolto stimati professionisti.
Si sarebbe potuto archiviare velocemente come un inspiegabile e drammatico gesto autolesionista, maturato nell'intimità di un disagio che nessuno aveva compreso, lasciando ai familiari e agli amici più stretti l'incombenza di metabolizzare un gesto così estremo. Invece, il suicidio di Paolo Censi, notissimo avvocato di Latina, ex presidente della Camera Penale, consumato due giorni prima di Natale all'interno del suo studio a due passi dal tribunale, è diventato un caso degno di una spystory hollywoodiana. Una vicenda dai contorni ambigui, con risvolti da romanzo giallo e personaggi enigmatici.
A creare il caso con rivelazioni choc in diretta televisiva, ci ha pensato il giornalista, anche lui noto sul territorio, Egidio Fia, direttore di Lazio Tv, curatore e conduttore della trasmissione Monitor. Alla vicenda, lo stravagante Fia ha dedicato ben due puntate, tanto da sollevare una bufera sul litorale, le cui ventate sono arrivate nei corridoi di piazzale Clodio; dove per diversi giorni non si è parlato d'altro, con nomi illustri dell'avvocatura a disquisire sul perché e il per come di tali illazioni. Un polverone gigantesco che ha diviso a metà l'opinione pubblica della città di provincia, con una fetta di amici e fan schierati a rendere omaggio al coraggioso giornalista e un'altra buona fetta di cittadini scandalizzati da una conduzione “uscita totalmente dai canoni della ragione”.

Sulla morte di Paolo Censi è stata aperta un'inchiesta e sta indagando la Squadra Mobile di Latina. Ma sono molti a pensare che  le trame dell'intrigo che condiscono e farciscono la storia, siano frutto della fantasia di Fia o, più spiegabilmente, una mossa mediatica per innalzare l'audience, più che la risultanza di un'inchiesta investigativa.
Eppure Egidio Fia non si è fatto intimidire per nulla, dritto per la sua strada. Pronto a confezionare una nuova puntata con le ultimissime novità.
“La morte di Paolo Censi avviene in un ambiente e in un periodo molto particolare per la città di Latina, con inchieste giudiziarie importanti e delicate che con il passare dei giorni si arricchiscono di elementi interessanti” spiega ad affaritaliani. “Dalle indagini emergono zone grigie in cui ruotava la vita professionale di Paolo Censi, ambiente e contiguità tra la “Latina bene” fatta di imprenditori, avvocati, commercialisti; un mondo contiguo alla criminalità elitaria dei cosiddetti colletti bianchi”.
Una tesi, quella del giornalista, senz'altro intrigante che ricollegherebbe il suicidio dell'avvocato ad importanti inchieste che hanno recentemente scombussolato le cronache di Latina, portando alla luce un giro di droga, armi ed estorsione e conducendo alla sbarra ventiquattro persone.
“Quello di Paolo Censi non può essere archiviato come un suicidio per un motivo di depressione, la stessa Squadra Mobile non esclude l'ipotesi dell'induzione al suicidio” spiega Fia, spingendosi a configurare l'ipotesi che qualcuno possa aver indotto o costretto il professionista a compiere l'estremo gesto del suicidio, a causa di legami con la sua attività professionale.
Non pago Fia preme il pedale sull'acceleratore: “Confermo e ribadisco quello che ho già detto, ossia che c'è omertà da parte di alcuni professionisti che quando sono stati chiamati in causa dagli investigatori per raccontare fatti e circostanze, hanno negato la conoscenza o alcuni passaggi importanti della storia. Insomma su Paolo Censi è calato un velo”.
Allusioni che hanno fatto imbestialire gli avvocati di Latina: per bocca della Camera Penale, con una nota ufficiale, avevano “stigmatizzato le speculazioni giornalistiche andate in onda su Lazio tv” all'interno di una trasmissione che, si legge, “appare una replica più o meno artigianale di programmi nazionali di spettacolarizzazione di vicende umane e giudiziarie”. La Camera Penale si è definita sconcertata dai “gratuiti e irresponsabili riferimenti a presunti quanto improbabili atteggiamenti omertosi”,  poiché “omertà è ben altro, un sentimento controverso che tradisce la sua stessa etimologia, da alcuni ricondotta ad una variante dell'umiltà, prepotentemente costretta ad obbedienza, imposta come consuetudine culturale diretta alla protezione dei malviventi”.

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