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Roma
Diba, 25 anni fa. Il ricordo del grande numero 10 della Roma: Di Bartolomei

Agostino di Bartolomei, 25 anni dopo la sua tragica scomparsa. Il 30 maggio saranno trascorsi appunto 25 anni da quella mattina di Castellabate, nel salernitano, quando l’ex calciatore si sparò al petto con la sua pistola, una Smith & Wesson calibro 38, togliendosi la vita.

Una tragedia che ebbe un grande impatto nel mondo del calcio: Di Bartolomei scelse di andarsene a dieci anni esatti dalla finale di Coppa dei Campioni persa dalla sua Roma in casa contro il Liverpool, ai calci di rigore.

Della sua  morte si è detto e scritto tantissimo: Di Bartolomei lasciò un biglietto nel quale diceva di sentirsi “chiuso in un buco”, con probabile riferimento alle porte chiuse che il tanto amato mondo del calcio gli presentava davanti. Si parlò anche di problemi finanziari a causa di investimenti andati male e una richiesta non accolta di un prestito che avrebbe potuto far decollare la sua scuola calcio, fondata proprio a Castellabate. Tra guai finanziari e nostalgia per al sua città, di sicuro Di Bartolomei non si era adattato alla vita da ex. Aveva smesso di giocare nel 1990 e aveva anche commentato i Mondiali disputati in Italia. L’esordio nella Roma arrivò a 18 anni nell’aprile del 1973, allenato da Antonio Trebiciani: il primo gol alla prima giornata del campionato seguente, tanta gavetta e tanta spola tra prima squadra e Primavera, poi un prestito a Vicenza dove aveva trovato Manlio Scopigno che era stato il grande fautore dello scudetto del Cagliari.  Dal 1976 fu solo Roma, la sua Roma: in quel primo anno nel calcio dei “grandi”, Ago (o Diba per la Curva Sud) fu il miglior realizzatore dei suoi (8 gol) ma i giallorossi arrivarono ottavi.Divenne un pilastro nel gioco di Niels Liedholm che vedeva in lui un allenatore in campo e la mente del gioco della Roma insieme a Paulo Roberto Falcao. 

Nella stagione 1982-83 l'allenatore svedese decise di arretrarlo a libero, accanto al giovane stopper Pietro Vierchowod. La grande visione di gioco e l’intelligenza tattica del calciatore gli permisero di imporsi in un ruolo che non era suo, fino a trascinare la Roma alla vittoria del suo secondo scudetto. L'esultanza di Di Bartolomei contro l’Avellino, dopo un gol decisivo per il titolo, è considerata tra le più simboliche della storia giallorossa. L’anno seguente arrivò la grande delusione della finale di Coppa dei Campioni - con relative polemiche e voci di una lite tra lui e Falcao, reo di non aver voluto tirare il calcio di rigore - dalla quale non si riprese mai. L’avvento di Sven-Goran Eriksson, il cui gioco non contemplava un calciatore delle caratteristiche di Di Bartolomei, ne decretò l’addio ai giallorossi dopo 308 partite di cui più della metà da capitano. Disputò la sua ultima partita da capitano della Roma in occasione della finale di Coppa Italia del 1983-1984 vinta contro il Verona, coi tifosi che gli dedicarono lo striscione: "Ti hanno tolto la Roma ma non la tua curva". Corsi e ricorsi storici.Di Bartolomei seguì Liedholm nel Milan, suggellando il patto che era saltato 16 anni prima: segnò una rete decisiva alla sua Roma, esultò con rabbia a dimostrazione di quanto lo strappo gli fosse costato e di quanto in realtà amasse ancora quella squadra. Cesena e Salernitana furono gli ultimi sussulti di una carriera che si è spenta troppo presto, senza neanche una presenza nella Nazionale maggiore. Inserito nella Hall of Fame giallorossa dal 2012, a lui si sono ispirati film e sono stati dedicati libri e canzoni. Il personaggio dell’ex calciatore Antonio Pisapia del film di Paolo Sorrentino 'L’uomo in piùù è ispirato proprio a Di Bartolomei. La sua storia è raccontata nel libro del 2010 'L’ultima partita' di Giovanni Bianconi e Andrea Salerno.

Nel 2007 il cantautore e tifoso romanista Antonello Venditti gli ha dedicato la canzone 'Tradimento e perdono'. Nel 2012 il Campo A del centro sportivo Bernardini di Trigoria è stato intitolato alla sua memoria.

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