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Roma
Don Masino Buscetta vivo e vegeto: Orsatti “resuscita” il boss di Cosa Nostra

di Patrizio J. Macci

Se Tommaso Buscetta non fosse morto nel 2000 avrebbe quasi novant’anni. L’ipotesi che sconquassa la vita di Francesco Felice, un inquieto giornalista romano fortemente attratto dall’ambiente mafioso siciliano, dunque non è quindi assurda o del tutto peregrina.
Ma la storia è molto più intrigante e misteriosa. Un giorno viene avvicinato da alcuni personaggi che sarebbero in grado di raccontargli che fine ha fatto il patrimonio di Stefano Bontate, il Principe di Villagrazia un criminale di primissimo piano.
Il suo tesoro, infatti, è sparito misteriosamente con la sua morte. Ma la cifra del mistero aleggia anche intorno alla sua figura: uomo di studi classici e cultura raffinata, diplomato al liceo classico Gonzaga di Palermo, per anni partecipa assiduamente ai salotti internazionali dove viene invitato come imprenditore facoltoso. In realtà è il capofamiglia di uno dei più feroci e agguerriti mandamenti di Palermo, quello di Santa Maria di Gesù. È il vero “capo” di Cosa nostra, colui che tiene le fila dell’organizzazione.

Viene ammazzato il 23 Aprile 1981 a Palermo dai Corleonesi di Totò Riina. La verità su un patrimonio inestimabile, che sarebbe stato in grado di risanare il debito pubblico italiano dell’epoca, appare a Stefano come una meta alla quale sacrificare almeno temporaneamente anche il suo rapporto di coppia.

Per raccontare la verità sul tesoro di un morto Pietro Orsatti ne resuscita un altro in un volume che definire romanzo sarebbe limitante. “In morte di Don Masino” Imprimatur, Reggio Emilia 2016. Il resuscitato è, appunto, Tommaso Buscetta, Don Masino, ufficialmente morto di cancro negli Usa nel 2000.

Invece nel libro è vivo e vegeto e continua a esercitare il suo potere di “grande vecchio” di Cosa Nostra. Durante una cena a base di pesce in un ristorante del New Jersey racconta a Stefano i segreti impenetrabili di Cosa nostra, le azioni alle quali ha partecipato dal 1943 fino al suo ritiro dalle scene. Orsatti cuce un patchwork narrativo composto da documenti, narrazione, materiale d’archivio che va dallo Sbarco degli Alleati ai giorni nostri. Il Padrino Buscetta durante la cena racconta, analizza e spiega con precisione la vecchia e la nuova mafia. In alcuni punti è assai difficile capire quale sia il materiale d’archivio e quale quello creato per reggere l’impianto romanzesco.

Sorge il dubbio che l’autore possa aver realmente conosciuto, nella sua attività professionale di giornalista, una “fonte” che ha incontrato personalmente Buscetta durante il periodo di copertura e vita sotto protezione nelle mani del governo Usa e abbia riversato la storia nella forma del romanzo per far sorgere appositamente il dubbio nel lettore.

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