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Roma
Elezioni 2018, voyeur elettorale in posizione gufale sghignazza tra le rovine

di Patrizio J. Macci

Elezioni 2018, è il momento della conta.

Il voyeur elettorale se ne sta in queste ore appollaiato a sghignazzare come un gufo tra le rovine immerso fino al collo tra proiezioni, calcoli di resti e operazioni algebriche a tre cifre complicatissime compitando con occhio luciferino l’elenco dei non eletti, di quelli che ora dovranno secondo il suo perverso lambiccare “cercarsi un posto di lavoro”; arrangiarsi, arrabattarsi fino al sospirato tocco della campana della pensione. Con il maxischermo della tv acceso ma con il volume silenziato e lo schermo di un computer che riflette matrici di numeri e istogrammi che salgono o scendono si consuma la sua vendetta del “borghese piccolo piccolo” 3.0: “Questo se na va a lavorare!”. “Ti sarebbero piaciuti trenta fischioni al mese!”. “Ecco un altro che non si è mai svegliato alle quattro del mattino e non ha mai preso un bus!” e giù con le saette.

Se augurare la disoccupazione a un essere umano è una delle iatture più spiacevoli che possa formularsi in vita, il voyeur elettorale l’ha modificata e elevata a ennesima potenza e a temporaneo sistema di pensiero dominante (il suo). L’altrui sconfitta è vissuta e goduta come un riscatto personale che trova piena realizzazione quando il personaggio preso di mira cade da un’altezza ragguardevole: precipitare dallo stipendio da decine di migliaia di euro al mese del deputato con tutti gli onori della politica all’abisso nel mondo della normalità dove si lotta per i centinaia di euro. Il non eletto o trombato ora sconterà con una sadica pena al rialzo la sua colpa. Come un pesce che abbia sempre vissuto in un acquario protetto e senza nemici che viene gettato in mare aperto dove (spera ardentemente il voyeur) sia esposto ai perigli del mondo reale.

Suo fratello e degno compare di analisi post voto è il “politologo da bar”, soggetto postmoderno che leggendo un quotidiano in modalità randomica una volta a settimana (ma anche uno al mese può bastare) si erge a tuttologo citando a memoria (e quasi sempre a vanvera) gli editoriali del direttore. Con questo spirito i due soggetti animano gruppi sulla rete, infiammano discussioni con un ardore e una sistematicità che se spesi in un’attività di studio gli avrebbero consentito l’approdo a una cattedra universitaria all’ateneo di Harvard. La loro conoscenza in materia di reddito, occupazione e curriculum vitae dei candidati farebbe impallidire anche i servizi segreti meglio attrezzati.

Il nemico pubblico numero uno è il “politico a vita”, segue a ruota il politico che “tenta la riconferma”, attenuanti generiche per il carneade che tenta il salto nel Palazzo. Sulla sua figura mancano spesso informazioni dettagliate tali da costruire un’odiografia degna di una narrazione.
Il voyeur elettorale la sera si addormenta sereno con il sorriso stampato sul cuscino. Ha regolato la sveglia per la prima rassegna stampa. Domani spera in almeno una buona notizia, appartiene infatti alla categoria imperitura di quelli a cui hanno tolto qualcosa e ora vorrebbe essere risarciti oppure a chi aspetta una novità. L’eterno serbatoio del consenso gonfio di rabbia e spirito di rivalsa di quelli che hanno esercitato il diritto di voto come chi aspetta la manna dal cielo. Ognuno ambisce la sua "roba".
Invece alla fine è solo lo zero che si prende il banco.

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