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Roma
Elezioni Lazio 2018. La “grande ammucchiata” tutti contro tutti. I retroscena

di Er Cavaliere Nero

 

Regionali Lazio 2018: meno tre al voto, è tutti contro tutti.

 

La Raggi non vuole la Lombardi perché troppo ammiccante a destra e perché poi non avrebbe più alibi, come per i rifiuti, nel prendersela con la Regione Lazio, invece che con se stessa. Salvini non vuole Parisi, perché di fatto i suoi sostengono comunque Pirozzi. E Renzi non vuole Zingaretti vincente e prossimo leader di tutto il centrosinistra. Per tutti gli scommettitori, sarà davvero una sfida all’ultimo voto. Sono tutti intorno alla stessa percentuale chi poco più e chi poco meno, ma solo uno vincerà lo scudetto della Pisana.

Zingaretti gioca in casa, ma la sua stessa di casa e’ quella che più traballa. E’ vero che attorno a lui hanno fatto cartello tutte le sinistre, da Liberi e Uguali fino alla Bonino, ma sono proprio le mura portanti del Pd a rischio di crollo. Il partito democratico infatti e’ in caduta libera. E’ al ‘si salvi chi può’. E Zingaretti lo sa bene, come sa bene l’importanza della sua lista civica e del suo certificato consenso personale. Ma potrebbero non bastare. E poi Renzi sa bene che se Nicola dovesse vincere, a fronte del disastro nazionale, Zingaretti sarebbe in pectore il leader nazionale su cui ricostruire una sinistra unita. In sostanza se invece perdesse pure il presidente uscente targato Pd, scatta il ‘mal comune, mezzo gaudio’.

Non dorme sonni tranquilli neanche la Lombardi, pero’, che corre su una strada non in discesa, come potrebbe sembrare. Sa bene che oltre un tot, il Cinque Stelle non va proprio. Ha perso il monopolio del voto di protesta. La Raggi poi dovrebbe trascinarla, come a suo tempo fece l’allora sindaco di Roma Walter Veltroni per la vittoria di Marrazzo, ma dopo quasi due anni asfittici al governo della capitale, Virginia e’ una ruota un po’ sgonfia, anzi potrebbe voler proprio remare contro. L’operazione ambo a 5 stelle e’ riuscita alle recenti elezioni municipali di Ostia, dove infatti la prima cittadina si e’ fatta vedere poco, ma solo perché uno su tre e’ andato a votare. E il 4 marzo non sarà cosi’. Ci prova la Lombardi, eccome se ci prova, ma il M5S si sa, ha due anime, che Di Maio cerca di sintetizzare in modo democristiano. La prima dichiaratamente di sinistra, con i Di Battista e i Fico, che tengono in vita la stessa Raggi, almeno fino alle elezioni. La seconda no, con la Taverna, la stessa Lombardi e quello che sarebbe dovuto essere il vero candidato sindaco al posto della Raggi, ossia Marcello De Vito, attuale presidente dell’assemblea Capitolina.

La Lombardi più di ricordare che la sua famiglia votava Almirante, che nel Lazio servono più turisti che immigrati, più che di parlare anche di un fascismo buono, non poteva fare. E’ stato di fatto un vero e proprio appello agli elettori di destra: “meglio io di Zingaretti. Votate me, tanto tra Pirozzi e Parisi questo centrodestra e’ perdente”. Ma non può andare oltre, giacche’ rischierebbe seriamente di perdere il consenso di quella base militante grillina tendenzialmente di sinistra, antiberlusconiana. Che magari, anche per questa strisciante guerra di potere interna, potrebbe poi optare all’ultimo per il vecchio ‘compagno’ Zingaretti. Un conto e’ infatti poter dire sui rifiuti che la colpa sia della regione Lazio, altro e’ governare anche quest’ultima e non avere quindi piu’ alibi. E questi conti i partiti se li fanno bene. In sostanza il vero ostacolo della Lombardi potrebbe essere la Raggi, sia come ruota un po’ sgonfia - cadono municipi come fiocchi di neve -, ma soprattutto come nemica in casa.

Tra i due litiganti il terzo goderà? Parisi infatti e’ in gran recupero. Più per l’avanzata nazionale del centrodestra e per le spine nei fianchi dei suoi avversari. Ma anche lui ha un problema, un grosso problema. Salvini ha infatti sostenuto Pirozzi fino a ieri e i suoi starebbero continuando a farlo. La candidatura del sindaco di Amatrice era più che gradita al leader ex padano. Non perché spianava la strada a Zingaretti, ma soprattutto perché ha spaccato il centrodestra tradizionale a Roma e nel Lazio. La candidatura Pirozzi infatti ha contribuito ad aprire spazi per la sua Lega, in una partita che fino ieri vedeva solo Fdi e FI, contendersi il primato nel Lazio e a Roma. E se sta in questa coalizione la Lega Lazio non sfonda, vedi sempre Ostia dove non ha portato a casa nessun eletto. La compagna di Salvini era non a caso madrina fissa alle presentazioni della candidatura di Pirozzi, insieme a quegli amici di Zingaretti che l’hanno di fatto pianificata. Poi il leader leghista ha dovuto mollarlo ufficialmente, nel nome di una pax nazionale - leggi spartizione dei collegi - con gli alleati.

Ma i suoi delegati laziali, in primis l’ex alemanniana e ex alfaniana Barbara Saltamartini - il cui ex marito, ancora consigliere regionale ma non ricandidato, e’ non a caso a capo della commissione speciale consiliare sul terremoto - sono rimasti legati mani e piedi al buon Pirozzi. Qualcuno mormora che alcuni salviniani, quasi alla luce del sole, stiano da tempo predicando il voto disgiunto, danneggiando forse irrimediabilmente e comunque Parisi nella sua rincorsa del tempo perduto. Altri, come il neoleghista Storace, sostengono direttamente candidati nella lista dello scarpone. Forse anche per questo il buon Pirozzi, che magari “tutto questo non lo sa”, ha preferito andarsene a chiudere la sua campagna elettorale ad Amatrice, lontano dai giochi di palazzo di cui e’ magari pure stato vittima. Consapevole o meno.

 

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