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Roma
Furti d'identità per prosciugare i conti in banca. La maxi truffa: 18 arresti

Furti d'identità, grazie alla complicità di funzionari postali e bancari truffavano ignare vittime su tutto il territorio nazionale prosciugandone tutti i conti in banca. Carabinieri arrestano 18 persone tra il Lazio e la Campania.

 

I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma E.U.R. a conclusione di una complessa e articolata attività d’indagine, nella provincia di Roma e Napoli, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza che dispone misure cautelari, emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 19 indagati (10 arrestati che andranno in carcere, 8 arrestati che andranno ai domiciliari e 1 persona destinataria della misura dell’obbligo di dimora), ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere, operante tra il Lazio e la Campania, finalizzata all’indebito utilizzo di carte di credito/pagamento e alla frode informatica, tramite accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, nonché sostituzione di persona, truffa, ricettazione e riciclaggio, con la complicità di funzionari postali e bancari, capaci di fornire i nominativi delle vittime e i loro dati sensibili per prosciugarne i risparmi. Tra gli arrestati, infatti, oltre coloro i quali avevano ruoli organizzativi ed apicali, ci sono un vice direttore di un ufficio postale, un impiegato di banca che avevano il ruolo di assicurare all’associazione informazioni privilegiate e un avvocato del Foro di Roma con collegamenti internazionali.

Contestualmente, nelle province di Roma, Napoli e Caserta, sono scattate le perquisizioni nei confronti di ulteriori 9 indagati. Il provvedimento cautelare giunge al termine di una attività d’indagine diretta dai magistrati del pool della Procura di Roma, impegnati nel contrasto ai reati societari e fallimentari.

Il sistema congegnato dal gruppo criminale è fondato su quel fenomeno delittuoso definito “furto d’identità” che si articola in diverse fasi: l’ottenimento illecito delle informazioni personali delle vittime; la predisposizione di falsi documenti di identità; l’utilizzo di tali dati per commettere altri reati, che nel caso di specie sono consistiti in truffe ai danni di privati o di istituti bancari e postali; reiterate indebite utilizzazioni, a fini di profitto, di carte di credito illecitamente rilasciate grazie ai dati acquisiti da parte di falsi titolari previa sostituzione di persona.

Le fruttuose, costanti e puntuali indagini svolte dai Carabinieri della Compagnia Eur sono consistite in una lunga e articolata attività di natura tecnica, confermata dagli esiti di sopralluoghi, arresti, perquisizioni e sequestri, e dagli accertamenti eseguiti delle funzioni di controllo interno di un importante circuito di carte di credito, di diversi istituti di credito ed uffici postali, nonché dalla proficua collaborazione del personale del Secret Service dell’Ambasciata U.S.A. a Roma. I fatti accertati hanno portato alla contestazione e di oltre duecentoquaranta condotte criminose per reati commessi in danno di più di 60 vittime tra privati cittadini e istituti finanziari per un volume d’affari stimabile in circa 3 milioni di euro.

L’indagine è partita a seguito dell’arresto, eseguito dai Carabinieri d’iniziativa, nel mese di maggio del 2016, di due persone di origini campane trovate in possesso di più di 30 carte plastificate in bianco con banda magnetica, nonché 25 carte d’identità falsificate e numerosissimi fogli dattiloscritti con i dati completi di carte di credito già emesse. I due, nel corso della “settimana lavorativa” dimoravano presso strutture alberghiere della Capitale e viaggiavano a bordo di una potente auto.

Gli accertamenti sul materiale rinvenuto hanno consentito di svelare un il complesso meccanismo truffaldino attraverso il quale il sodalizio giungeva all’emissione fraudolenta di carte di credito ad insaputa dei titolari, ponendo le vittime in condizione di vulnerabilità protratta nel tempo, con conseguenze che incidono gravemente sulla sfera della riservatezza individuale.

Complici del sistema, come detto, anche un vice direttore di un ufficio postale ed un dipendente di un istituto di credito i quali, utilizzando indebitamente le proprie credenziali d’accesso, estrapolavano agevolmente i dati dei correntisi che venivano messi a disposizione del gruppo criminale. Accanto alla procedura anzi evidenziata, l’associazione perfezionava il proprio operato criminale riuscendo finanche a ottenere il rimborso di buoni postali mediante attestazione di false identità, nonché ad architettare truffe con sceneggiature da film. L’organizzazione sfruttava per le truffe anche le piattaforme di “Crowdfunding” riuscendo ad ottenere donazioni per fantomatici progetti che venivano dirottate sui conti degli indagati.

Furti d'identità, indagato si spacciava per Principe Said

Truffe da film e, una in particolare, assimilabile a una celebre pellicola di Totò, in cui uno dei complici doveva mettere in scena la "fase cinematografica" della truffa, spacciandosi per il Principe Said e convincere un imprenditore tedesco a versare 280 mila euro su un conto corrente. Al vertice dell’organizzazione c’era Roberto Piacentini, 56 anni, che poteva carpire dati bancari sensibili per compiere le truffe grazie a un suo complice, Domenico Cannavicci, dipendente di Deutsche Bank. C’era poi un cittadino albanese, Nedad Nikolic, che doveva servire a mettere in scena la “fase cinematografica” della truffa, spacciandosi per un principe arabo, il "Principe Said". 

I tre, in auto si mettono d’accordo sui dettagli del piano escogitato, come si legge in un’intercettazione del 28 settembre 2016. Piacentini, in auto, istruisce il dipendente bancario suo complice su come presentare Nikolic all’imprenditore tedesco scelto come loro vittima, Stefan Zubcic. "Dici ‘Principe Said, buongiorno’…ossequi de qua e de la’, una volta che tutto quanto, prendi il foglio dell’Iban in mano fai la telefonata". E Cannavicci lo rassicura di aver capito tutto: "Dopo, prima faccio riempi’ i dati, ci penso io non te sta a preoccupa’". Piacentini rivela inoltre a un complice che Nikolic aveva intenzione di impossessarsi di 30 chili d’oro che l’imprenditore tedesco teneva depositata in una cassetta di sicurezza in Svizzera. Nella vicenda sono coinvolti anche un vice direttore di un ufficio postale e un avvocato del Foro di Roma con collegamenti internazionali.

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