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Roma
Gemelli italiani prigionieri in Inghilterra: odissea per un passaporto negato
I gemellini italiani prigionieri in Inghilterra

Sei mesi di vita, cittadini italiani nati in Inghilterra da mamma e papà italianissimi ma per uno strano gioco del destino non possono venire in Italia perché in Uk non gli rilasciano il passaporto. Di fatto i due gemellini romani  Noah Axel e Sirine Agnese sono prigionieri.

La storia che la mamma Alessia racconta ad affaritaliani.it farebbe rabbrividire anche il il più solerte funzionario borbonico, solo che la loro “prigione burocratica” è a Macclesfield, paesino della civilissima Inghilterra, a pochi chilometri da Manchester. E nascere in Uk nel post Brexit può significare l'impossibilità di varcare i confini nazionali.

Alla burofollia inglese si aggiunge quella italiana

La storia dei gemellini Noah Axel e Sirine Agnese nati lo scorso agosto da genitori italiani (anzi, romani) trasferiti 5 anni fa in Inghilterra merita pazienza e massima attenzione, perché quando le autorità inglesi fanno il pasticcio si aggiunge il caos all'italiana che completa l'opera.

Racconta mamma Alessia: “Il primo passo, una volta registrata la loro nascita, fu quello di richiedere il passaporto inglese per i due bambini; inizialmente fu concesso a Sirine ma rifiutato a Noah; increduli, chiamammo l’ufficio passaporti per chiedere spiegazioni, dato che, avendo la stessa storia familiare, non capivamo il motivo di quella bocciatura. Ci fu spiegato telefonicamente che il passaporto concesso a Sirine in realtà era stato accettato per errore, e che all’appello mancavano svariati documenti; in sostanza quel passaporto doveva considerarsi nullo”.

Che fare? Niente, perché gli inglesi superano sé stessi

Ancora la signora Alessia: “Con nostra sorpresa il passaporto di Sirine ci fu spedito a casa ma, non essendo sicuri della sua validità, chiamammo di nuovo. Stavolta ci dissero che era stato un errore di “distrazione “nella lettura dei documenti e, data l’emissione di questo passaporto, ormai non si poteva fare nulla per annullarlo quindi potevamo tenerlo e volendo anche utilizzarlo. Una confusione totale. Decisi di chiamare nuovamente l’ufficio immigrazione chiedendo che documenti servissero per ottenere anche l’altro passaporto e, una volta conosciuto quale fosse il tassello mancante, seguimmo le istruzioni e presentammo il documento richiesto, quello che avrebbe dovuto consentire l’emissione del passaporto per Noah. Per inciso, ci fu spiegato che non era previsto alcun rimborso. Non abbiamo mai ricevuto risposta”.

Sos Consolato italiano

Basta rivolgersi al Consolato italiano per risolvere la storia di disordinata burocrazia? Neanche per sogno, perché è come passare dalla padella alla brace. E il racconto si tinge di follia: “Essendo cittadini italiani, ci informammo anche per ottenere il passaporto del nostro paese tramite consolato: ingenuamente pensammo che sarebbe stato più facile. Per ottenere i passaporti per i nostri figli, ci dissero che era necessaria l’iscrizione alla cosiddetta AIRE (l’anagrafe per gli italiani all’estero). Io la ottenni 5 anni fa ma il mio compagno Martino ne era sprovvisto, perciò a settembre fece l’iscrizione. Ebbene, quella sua richiesta non sarebbe mai stata esaminata dal consolato; dopo il danno, la beffa: la domanda sarebbe, sarebbe stata considerata scaduta il 27 dicembre, senza una motivazione, senza preavviso e ovviamente senza rimborso. Dovevamo ricominciare daccapo”.

Il Consolato italiano a Manchester osserva orari simili ad una Asl

Per due genitori che non si arrendono mai all'Inghilterra, la corsa a ostacoli prosegue sul suolo italiano a Manchester, dove il sogno del passaporto per i gemellini, si infrange sulle carte bollate. Prosegue così la ricostruzione certosina di mamma Alessia: “Tornando a settembre, mandai tutta la documentazione al consolato di Londra, credendo fosse l’unico ufficio consolare ancora aperto nel Regno Unito, visto che quello di Manchester era ancora chiuso a causa della pandemia del Coronavirus. Una volta realizzato l’errore (scoperto tramite ricerca su internet) ci recammo immediatamente al consolato di Manchester, che dista mezz’ora di treno da Macclesfield. Mi corre l’obbligo far notare che l’unico modo per chiedere informazioni al consolato è farlo di persona poiché le linee telefoniche sono aperte soltanto per 2 ore la settimana in tutto il Regno Unito. Una volta arrivati nella sede, entrammo per chiedere informazioni; il dipendente ci costrinse a tornare in strada, nonostante avesse visto che con noi c’erano due neonati di neanche due mesi di vita e con un clima decisamente spiacevole. La stessa persona uscì dal consolato e alle nostre domande rispose che il consolato di Manchester e quello di Londra non erano “comunicanti”, che ci avrebbero mandato indietro tutta la documentazione ma trattenuto i soldi (!); inoltre ci disse che l’attesa per un passaporto per un minore era di circa 6 mesi”.

Se gli impiegati dormono, bolli e richieste si pagano due volte

La tragicomica vicenda non finisce più, perché entra un gioco la “chat mamme all'estero” che arricchisce di particolari la vicenda: “Nell’attesa, parlammo con altri italiani chiedendo consigli, tempistiche ed esperienze riguardo i passaporti tramite consolato. Molte persone si lamentavano del fatto che dopo 3 mesi le foto mandate al consolato, scadevano, con quelle anche i bollettini pagati alle poste (di oltre £100 a persona) – continua la signora - praticamente il consolato, dopo mesi senza dare notizie o conferme sulla ricezione dei documenti, ricontattava le famiglie e richiedeva un secondo pagamento e altre foto, considerando scaduta la precedente istanza. In buona sostanza, le richieste scadevano perché non erano valutate: colpa di una burocrazia troppo lenta, ma pur di avere questi passaporti dopo 6 mesi, le famiglie avrebbero dovuto comunque pagare un’altra volta, e un’altra ancora. Spedimmo nuovamente i documenti richiesti a Londra, ma nel frattempo nel frattempo arrivò l’ennesima novità negativa: il passaporto inglese non poteva essere più richiesto, a causa di nuove legislazioni”.

“Venite in Italia ci pensiamo noi”

L'ultima spiaggia per la famiglia inglese è quella di prendere il telefono e rivolgersi direttamente al Commissariato di Polizia di Roma, Ufficio Passaporto, dove dopo tante nuvole i solerti funzionari escogitano la soluzione: La situazione è diventata paradossale, incredibile, sicuramente inaccettabile. Abbiamo ripreso la strada italiana: ci fu consigliato di contattare direttamente un Commissariato di Polizia a Roma e telefonicamente ci fu spiegato cosa avremmo dovuto fare. Si trattava dell’ennesimo vicolo cieco: ci fu detto che la cosa era fattibile, cioè che potevano essere emessi due passaporti per i gemelli, a patto che fossero presenti i due bambini. In poche parole, dovremmo raggiungere l’Italia insieme a Noah e Sirine, che però non possono uscire dall’Inghilterra! Tutta questa assurda vicenda ci ha impedito di poter trascorrere le festività in Italia, con i nostri familiari. Ora il mio compagno Martino ha mandato nuovamente la richiesta all’AIRE, ma ci è stato detto che nel migliore dei casi sarà accolta non prima di 6 mesi”.

La resa e l'appello

La lettera della signora Alessia si conclude con un appello dai toni drammatici: “Siamo prigionieri in Inghilterra e non possiamo tornare a casa nostra. Aiuto”.

Questo articolo è stato inviato ai vice ministri e sottosegretari: Edmondo Cirielli, Giorgio Sili e Maria Tripodi e al ministro Antonio Tajani e all'Unità di crisi della Farnesina all'indirizzo mail  unita.crisi@esteri.it







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