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Roma
L'ultimo sacco di Roma: Atac a Fs e Ama ingoiata da Hera. E il Pd guarda

di Claudio Roma


Roma “sotto controllo” e i suoi ultimi tesori come Acea, Atac e Ama pronti per esser venduti al miglior offerente. Quando l’ex presidente del Consiglio dichiarò tempo fa che per lui la vera Capitale era Firenze, dunque non Roma come scritto in Costituzione, molti sottovalutarono queste parole.

 


Ma se si analizza bene quanto successo in questi anni, si può notare come ci sia stato un grande lavorio per mettere le mani “sui tesori” di Roma e spostare così l’asse del potere verso altri lidi e come il gruppo dirigente del Pd di Roma conti sempre meno nelle gerarchie del potere italiano.

Da sempre la forza politica che conquistava il Campidoglio metteva le mani su veri e propri “tesori” a cominciare da società come Acea, vero polmone finanziario della Capitale e centro di enorme potere, o con municipalizzate come Ama e Atac, da sempre centri di consenso per chi governava. Con l’arrivo di Marino, forse perché da subito si comporta come un vero e proprio “marziano”, cambia l’aria, anche perché a Palazzo Chigi arriva un leader politico che sa bene che a Roma si fanno e si disfano i governi e quindi è bene tenere i romani sotto controllo.
Il neo sindaco di Roma, forse per ingraziarsi il potere centrale, nomina come amministratore delegato di Acea Alberto Irace che viene da Publiacqua, società toscana che si occupa del ciclo integrato dell’acqua a Firenze, Prato, Pistoia e Arezzo. Da Publiacqua viene pure Erasmo De Angelis, ne è stato il presidente dal 2009 al 2013, che si insedia a Palazzo Chigi come capo della struttura di missione sull’edilizia scolastica e dopo una breve parentesi da direttore dell’Unità ritorna a Palazzo come responsabile della struttura di missione sul dissesto idrogeologico.
E questo avviene nonostante alcune polemiche sorte all’indomani del crollo a Firenze di un tratto del Lungarno Torrigiani a causa del cedimento di alcune tubature, la cui manutenzione è di competenza proprio di Publiacqua. I due si conoscono bene perché insieme hanno scritto e pubblicato alcuni saggi come “riparare l’Italia” e il “valore dell’acqua”. Una volta erano i romani che con il governo di Acea estendevano il loro potere verso la galassia toscana oggi succede esattamente il contrario.

Che per i romani non spirasse una buona aria lo ha dovuto capire anche Marino, rimasto a bocca asciutta nonostante avesse chiesto più volte aiuto finanziario al Governo.
Eppure nel 2014 il segnale che si andava in questa direzione era chiaro e i romani avrebbero dovuto capire che si cambiava verso. Alle Europee aveva deciso di scendere in campo Goffredo Bettini, da sempre la mente del Pd romano, che cercava di rientrare sulla scena nazionale. Eppure, nonostante il suo sostegno al nuovo corso, viene convinto a scendere in campo Enrico Gasbarra, al solo scopo di evitare che Bettini potesse spopolare. Divide et impera uno schema che funziona sempre.
Nel frattempo con la vittoria del Movimento 5 Stelle cambiano anche gli equilibri in Acea, perché, un po’ a sorpresa e senza che nessuno si sia chiesto il perché, il gruppo Caltagirone, una volta secondo socio con il 15,8%, decide di cedere circa il 10,8% del, suo pacchetto azionario ai francesi del gruppo Suez, che così diventano il secondo socio con il 23.3%. Caltagirone, cui resta ora un piccolo pacchetto del 5% di azioni, in cambio diventa il terzo azionista di Suez con una quota del 3,5%.

Per quanto riguarda invece l’Atac da tempo è nel mirino di ferrovie dello Stato che vorrebbe acquisirla. La municipalizzata dei trasporti della capitale soffre una grave crisi economica, con un debito consistente che arriva quasi a 1,5 miliardi, frutto non solo della cattiva e mala gestione degli ultimi anni ma soprattutto del fatto che il fondo trasporto di Roma è sottostimato da anni.
Certo all’Atac non ha fatto bene il continuo cambio di management in questi ultimi anni, né gli attacchi esterni, arrivati in continuazione anche da persone che hanno rivestite importanti cariche amministrative in Campidoglio, che hanno oggettivamente screditato l’immagine dell’azienda all’esterno, né le lotte intestine e furibondi scontri potere tra gruppi che hanno gestito per anni il trasporto locale a Roma.

L’operazione Ferrovie è in corso da tempo, già all’epoca di Marino, ma con l’arrivo dei Cinque Stelle al governo del Campidoglio ha subito un’accelerazione tanto che partiti storici come Pd ed ex Pdl, che hanno governato in passato il trasporto pubblico, hanno fatto approvare in Senato una mozione tesa a commissariare l’azienda capitolina. In  questo modo sarebbe più facile cederla a quelle Ferrovie dello Stato che, guarda caso, oggi sono amministrate da Renato Mazzoncini che è una veccia conoscenza dell’ex premier.
Infatti il manager di ferrovie proviene da Autoguidovie che nel 2012 costituì una joint venture con Busitalia SitaNord, controllata da Ferrovie, per partecipare e vincere la gara di  privatizzazione di Ataf, l’azienda di trasporto pubblico del Comune di Firenze. Il presidente di Ataf era all’epoca Filippo Bonaccorsi, oggi all’unità di missione per l’edilizia scolastica di Palazzo Chigi.

Stesso discorso vale per Ama perché da tempo si parla di una integrazione con Acea sulla gestione del ciclo dei rifiuti ma girano anche voci di interessamento di Hera, una multiutility oggi molto importante che dall’Emilia Romagna si è estesa nel Veneto, nel Friuli e nelle Marche. D’altra parte fu proprio Hera è una vecchia conoscenza di Ama per aver vinto nel alcune gare per il trasporto dei rifiuti fuori Roma.
Non è un caso che le società di servizio pubblico locale in mano agli enti locali sono le più appetibili sul mercato privato, terminate le privatizzazioni degli enti e aziende nazionali, tanto che una delle preoccupazioni prima del referendum era proprio quella che con la riforma costituzionale lo Stato, con la clausola di salvaguardia, potesse decidere di privatizzarle.

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