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Roma
La Roma di Pasolini: i luoghi amati e vissuti dal poeta si fanno protagonisti

di Patrizio J. Macci

 

La “stupenda e misera città” di Pier Paolo Pasolini, luoghi, personaggi, nomi, e libri dalla “A” di Accattone alla “V” di Valle Giulia in un volume di trecento pagine scritto da Dario Pontuale “La Roma di Pasolini – Dizionario Urbano” con introduzione di Simona Zecchi (Nova Delphi Edizioni).

 

La bibbia dei “luoghi” pasoliniani nella Capitale intesi non solo come luoghi fisici: borgate, piazze, locali, ristoranti, sale cinematografiche, locandine dei film, scorci della città ma anche come i personaggi incontrati dal poeta friulano dal gennaio 1950 (data del suo arrivo a Roma) fino alla sua tragica scomparsa nel novembre del 1975. Pasolini si innamorò di Roma immediatamente e, come noto, trasportò nei suoi romanzi e nei film da lui scritti e diretti la città e il suo dialetto. Dario Pontuale ha scandagliato la produzione artistica di Pasolini a trecentosessanta gradi, ordinando in una miniera di informazioni tutto quello che in qualche maniera sfiora la Capitale nei minimi dettagli soffermandosi su particolari inediti, poco conosciuti o sparsi in volumi difficilmente rintracciabili. Fanno capolino nelle pagine Alberto Moravia, Renato Guttuso, Totò, Ninetto Davoli, Pino Pelosi -l’omicida del Poeta- insieme a personaggi “minori” di una città cancellata dalla speculazione edilizia e da una espansione urbana senza controllo.

Pasolini era un esploratore della Capitale attento e acuto, si impolverava le scarpe per vedere con i propri occhi ambienti e personaggi che avrebbe poi trasportato nelle sue opere con una curiosità inarrestabile. Le sue pagine sono figlie della precisione di un occhio capace di cogliere ogni singola sfumatura del sottoproletariato urbano, prima ancora di vedere i suoi film è possibile ricostruire le immagini di una Roma che non c’è più dalle sue descrizioni. Come racconta la Zecchi nel felice scritto iniziale, quando Pasolini in Ragazzi di vita arriva al capitolo dell’ospedale Forlanini si informa in maniera quasi ossessiva. È lui stesso a confessarlo ai suoi lettori su Vie Nuove “quando sono giunto al capitolo dell’ospedale ho dovuto documentarmi, perché in tutta la mia vita non avevo visto un ospedale se non per qualche visita. Ho parlato con due ex ricoverati - che sarebbero poi diventati due personaggi del romanzo -, ho parlato con uno dei medici (fratello di un uomo politico comunista mio amico), e ho parlato, infine, con alcuni malati anonimi. Cinque o sei giorni di lavoro”. Il lettore può trasformarsi in un viandante che, libro alla mano, ripercorre i passi del Poeta dalla prima abitazione nel quartiere Rebibbia fino al luogo dove è andato incontro al suo tragico destino con al proprio fianco tutti i personaggi dei suoi romanzi, dei film, delle chiacchierate notturne nelle osterie durante le serate estive, dei pranzi da Cesaretto sui cui tavoli venivano sbozzate le sceneggiature. Basta chiudere gli occhi per immaginare quello che non c’è più ma ora fissato in maniera imperitura sulle pagine di un film in formato cartaceo.

 

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