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Roma
“La vera colpa di Raggi e dell'M5S? Non pensare al futuro”. L'atto di accusa

di Andrea Catarci *

C’era e c’è una città provata da problemi di lungo corso giunti al capolinea, incapace di darsi una strada per uscire dalle crisi e dai declini, propensa a cedere all’aggressività e ai rancori nelle relazioni sociali, preda di classi dirigenti politiche ed economiche dedite essenzialmente alla difesa corporativa, maltrattata da una Sindaca e una giunta M5s che mischiano lo sgoverno quotidiano con una buona dose di indifferenza per le sorti future.

Passando dalle categorie sociologiche a una sommaria fotografia dell’esistente la situazione diventa ancora più allarmante: i servizi sociali e l’assistenza sono in costante riduzione, fino all’indecenza di spacciare qualche centinaio di brandine da campeggio low cost per un piano di assistenza contro il freddo rivolto alle migliaia di persone senzacasa; le organizzazioni criminali - micro, piccole e grandi - si ampliano e si moltiplicano, contendendosi i mercati clandestini a cominciare da quelli della cocaina, dell’eroina e delle nuove droghe, nonché quello di marjuana e hascisc, con cui nondimeno fanno sostanziosi utili grazie alla miopia di una normativa ottusamente proibizionista e liberticida; la capacità attrattiva della Capitale è ai minimi storici e le imprese medie e grandi se ne vanno lasciando vuoti produttivi, disagi e disoccupazione, quelle controllate e partecipate sono in stato comatoso, le serrande di tante attività commerciali e artigianali si abbassano e restano chiuse, senza che né Roma Capitale né le istituzioni economiche procedano ad avviare programmi di sostegno all’imprenditoria e al lavoro degni di tal nome; il trasporto pubblico, già ampiamente inaffidabile in superficie, peggiora anche sottoterra per la chiusura in serie delle stazioni delle linee metro; le montagne di immondizia e gli odori insopportabili diventano un po’ ovunque le sgradevoli appendici dello splendido paesaggio urbano; l’incuria generalizzata del verde fa il paio con quella degli edifici scolastici e di una rete stradale ridotta a groviera.

L’atteggiamento del M5s capitolino, nel segno della continuità

Inizia l’ultimo anno del decennio e il M5s capitolino continua nel suo tran tran distruttivo e con tratti di autolesionismo. Le giunte municipali pentastellate lasciano i quartieri al loro destino, incapaci di porsi come riferimento delle comunità locali. Assorti nella realtà virtuale delle reti interne, contano la fuoriuscita di consiglieri che non condividono più la gestione delegata, subiscono la caduta di diverse giunte municipali e si dissolvono come neve al sole di fronte alle questioni scottanti, si tratti delle minacce di chiusura rivolte a realtà sociali e culturali, degli attentati incendiari di Centocelle o delle tensioni in alcune periferie intorno alle aggressioni ad alcune famiglie rom, provocate e capeggiate da gruppi di estrema destra con una impunità quasi completa a livello giudiziario. Ma a fare la parte del leone è come al solito la giunta Raggi, evidentemente insoddisfatta di aver già contribuito significativamente all’odierno tracollo. Nei primi giorni di gennaio è riuscita a lasciare senza pasti centinaia di bambini delle scuole comunali ed è stata costretta ad ammettere di aver sprecato, nel 2019, qualcosa come 700 milioni di euro in conto investimenti, quasi la metà del Pil romano, circa il 70% delle dotazioni complessive per opere: non essendo stati utilizzati andranno perduti.

La campagna elettorale anticipata delle destre, nel segno della continuità

Inizia l’ultimo anno del decennio e anche per le destre cittadine tutto si muove nel solco della continuità con il recente passato. Dopo la dissoluzione del governo gialloverde i suoi esponenti si sono improvvisamente accorti delle malefatte della Sindaca Raggi e hanno avviato un’opera di denuncia e presenza sul territorio, avviando una specie di campagna elettorale anticipata. La strategia di schieramento prevede già ruoli definiti: da una parte ci sono le destre estreme, intente a soffiare sui focolai di guerre tra poveri per guadagnare insediamenti sociali; dall’altra, come guida, ci sono quelle istituzionali a trazione leghista, pronte a raccogliere consensi sporchi in strada e in rete, in una Roma dilaniata da frantumazione, solitudini e conflitti orizzontali che ogni giorno di più somiglia a una polveriera. Parlano entrambe un linguaggio tanto semplice quanto menzognero: affermano di voler difendere gli italiani mentre in realtà avvelenano le relazioni e la convivenza civile per tutti con l’aggressione alle diversità e il razzismo spicciolo; si dichiarano a parole paladini di Roma mentre nella realtà agiscono per annientarla con la micidiale “autonomia differenziata” a vantaggio del nord; si vendono come gli unici che non hanno ricoperto incarichi di governo nella Capitale mentre ancora bruciano i cinque disastrosi anni della gestione Alemanno, con le macerie lasciate in eredità. Insomma, prospettano a Roma un domani dai tratti antidemocratici e con false soluzioni “forti”.

La “città emergente” del civismo e dei movimenti, nel segno della discontinuità

Inizia l’ultimo anno del decennio e in mezzo al grigiore metropolitano un elemento di discontinuità c’è, nell’ambito dello schieramento democratico e progressista. Viene da quella galassia frammentata e vivace che anima i quartieri, che sta spesso al centro della rete delle relazioni e che altrettanto spesso viene descritta come un misto di marginalità e idealismo dalla comunicazione mainstream, quando non viene esplicitamente criminalizzata: associazionismo, movimenti, organizzazioni e persone impegnate in lavori di cura, per il reddito e nelle lotte per l'abitare e la dignità, comitati civici, collettivi studenteschi e universitari, centri sociali, produzioni artistiche e culturali dal basso, precari e creativi del lavoro talvolta aggregati in coworking, fablab e laboratori esperienziali, palestre popolari e orti urbani che hanno restituito una funzione sociale a edifici e terreni abbandonati. La novità non consiste certo nell’importanza delle singole attività, indiscutibile, quanto nella loro tendenza all’aggregazione e a fare densità, in parte determinata dalla necessità di difendersi dall’ostilità della giunta Raggi e in parte frutto della volontà autonoma di esserci e di contribuire a un progetto di rilancio della città. In riunioni e assemblee stanno superando reciproche diffidenze, discutono e assumono le prime decisioni operative: avviare una campagna di comunicazione avente per oggetto la denuncia dello sfacelo di oggie le suggestioni/idee per uscirne; mobilitare in un’azione comune altri pezzi dei rispettivi microcosmi, in molti casi affetti da depressioni e spinte isolazioniste; dialogare fattivamente con le altre soggettività che già battagliano in diversi campi, dall’autogestione al femminismo, ai diritti civili e del lavoro; richiamare all’impegno le energie intellettuali di cui la città dispone, il “capitale umano” che opera nelle università e negli istituti scolastici -professori, ricercatori, studenti -, nei 100.000 studi professionali pieni di avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, agronomi, medici, nelle nuove imprese nate nonostante il clima di insicurezza, nelle centinaia di organizzazioni sindacali e di categoria attive sul terreno della rappresentanza degli interessi. All’incontro promosso nel quartiere San Giovanni a Spin Time – lo stesso luogo dove si sono riunite le Sardine romane, dove l’elemosiniere di Papa Francesco ha riallacciato la luce negata dalle istituzioni comunali, dove quotidianamente si mescolano lotta per la casa, socialità, cultura, elaborazioni sulla rigenerazione e la riqualificazione urbana - si sono autodefiniti “la città emergente”, alludendo alla volontà di uscire dal sottobosco e di straripare in superficie, passando dalle attività di scopo e dalla resistenza nei propri presìdi - moderne catacombe - a un progetto condiviso e realizzabile di trasformazione, in cui far vivere una piattaforma sociale frutto delle istanze dei diversi territori e ambiti, nonché un ‘pensiero lungo’ che su tematiche di rilevanza strategica sappia utilizzare il meglio delle competenze disponibili e delle esperienze prodotte.

In esso alle priorità naturali del riutilizzo del patrimonio abbandonato a fini sociali e culturali, della casa, del reddito e del lavoro decente si devono aggiungere altre questioni altrettanto complesse e meno familiari: l’urbanistica e la programmazione dello sviluppo territoriale, la manutenzione urbana, la contesa con le mafie, l’allargamento della base produttiva, l’irrobustimento del sistema terziario, la riorganizzazione della componente industriale, il potenziamento del turismo, l’aumento dell’offerta di servizi e altro ancora.

In esso è urgente imparare a condividere in fretta le pratiche che hanno consentito a Centocelle di costruire risposte di massa agli attentati incendiari, al Tuscolano e a San Lorenzo di trasformare Lucha y Siesta e l’ex cinema Palazzo in vicende cittadine, nei Municipi Roma III e Roma VIII di leggere bisogni e aspettative popolari fino ad assumere responsabilità di governo locale: laddove i conflitti nascono da bisogni chiari e parlano all’esterno capita che incontrino il consenso della cittadinanza, radunando intorno all’idea originaria di rafforzamento delle comunità territoriali forze molto diverse tra loro.

In esso occorre incentivare costantemente la partecipazione e individuare la leadership più adeguata in forme trasparenti attraverso lo strumento delle primarie, con tutti coloro che vorranno starci, come fatto nei Municipi di Montesacro e Garbatella.Sia il civismo che i partiti hanno la possibilità di verificare la credibilità delle proprie impostazioni e delle proprie candidature, in un processo unitario e insieme mantenendo il massimo di autonomia politica, culturale e organizzativa nel rispetto della libertà di ognuno, affidando l’ultima parola algiudizio insindacabile della cittadinanza.Si tratta di una garanzia anche per le autocandidature come quella di Calenda e per le componenti partitiche, il Pd, LeU, Sinistra Italiana e il resto, chi più chi meno tutte ancora ripiegate nella dimensione interna e in posizioni di conservazione, con parti significative e singoli esponenti che invece cercano di mescolarsi al laboratorio inaugurato a Spin Time, ben sapendo che non sarà un nome selezionato da una segreteria o un’altra scorciatoia a contrastare i malesseri diffusi e le mire distruttive delle destre sovraniste e antiromane.

Inizia l’ultimo anno del decennio, tra continuità e discontinuità. Che prevalgano le seconde e il 2020 sia nel segno della città emergente, della svolta e della ripresa. La strada è aperta, il tempo di gettarsi alle spalle sospetti, inadeguatezze e timori è adesso,la posta in gioco è Roma. A chi ti umilia nel presente e a chi ti prepara un futuro con le tinte fosche della cattiveria sociale e del rancore, nun je da’ retta. Forza Roma, dipende da te…

* Andrea Catarci, Movimento Civico per Roma

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